“Non passa lo straniero”: il 4 novembre del Salvini-Avenger

Cosa c'è dietro le mosse di Salvini. Il suo tentativo di appropriarsi dell'icona di Oriana Fallaci. Le elezioni Europee dietro l'angolo e la sfida per non farsi stritolare da Fratelli d'Italia

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

La Festa delle Forze Armate come contenitore largolarghissimo per buttarci dentro altra roba in apprendistato di sacralità leghista. Roba “alta” come la difesa dell’Occidente, la paradossale fatwa all’integralismo e il cassandrismo cupo sui migranti liberati dai giudici. E roba terragna, come una manica di punti da rosicchiare agli alleati nei sondaggi con una politica che più salviniana non si può.

Politica aggressiva, caciarona, populista in purezza e di pancia bassa. Signore e signori ecco il 4 Novembre che Matteo Salvini sta confezionando per un Carroccio che forse mai come in questi giorni è in predicato di “strappo” per le Elezioni Europee 2024. Lì dove ognuno del centrodestra guarderà al suo monolocale senza preoccuparsi troppo del condominio.

Perciò tra mistica alla Vittorio Veneto e il Piave mormorò che è pure fume nordico per antonomasia il Capitano si gioca la sua personalissima briscola de “non passa lo straniero”. Po’, ampolle e pratone di Pontida non bastano più ed hanno bisogno di eventi-ascari. Solo che lui quella mistica la capovolge, e al posto di crucchi con elmi puntuti ed austro-ungarici maledetti sempre, lui ci metterà quelli che stanno al di là di Lampedusa.

Gli orrori della guerra e la narrazione “giusta”

Foto: courtesy Gaza Tv News

Lo farà facendosi dare una mano dagli orrori che arrivano da Gaza ed Israele e dalla narrazione inquietante che dietro ad ogni migrante potrebbe celarsi un terrorista pronto a fare macelli. Il pericolo c’è e come, e negare questa eventualità sarebbe da scemi, ma il punto è un altro. Il punto è quello di volume e contesto per trasformare uno scenario possibile su cui agire in un’Apocalisse certa per cui comiziare.

Ed intestarsene la preoccupazione nel nome di questo benedetto popolo di boccaloni social che di leader spicci ha sempre fame.

Come sa monetizzare il pericolo Salvini non c’è nessuno al mondo, e quello del tema migranti è un pericolo che del dna politico del leghista ha sempre fatto parte. Solo che ora Salvini non è più al Viminale ma ama far capire che è come si ci fosse ancora, sui migranti il Governo ha messo giù un Decreto debole in punto di Diritto ed alle Europee la Lega deve prendere voti sennò è finita e si resta under 9%.

Dove punta davvero la Lega da “contrappello”

Matteo Salvini

Perciò come al solito la politica si intesta le previsioni non per cautela sulla loro profilazione ma per utilità e manovre di surf facile su un pubblico mediamente facilone. Sarà roba forte, tanto forte che l’uscita di Salvini non è che sia piaciuta tantissimo ai suoi alleati del governo Meloni. Uscita che prevede anche come sia stata fatta “abile arruolata postuma” una delle figure più iconiche del giornalismo italiano: Oriana Fallaci, il cui nipote ha fatto sapere però di non aver gradito affatto.

La reporter e scrittrice fiorentina fu quella che si strappò il velo dalla faccia e di fronte alla faccia di uno come Khomeyni, l’ayatollah iraniano più rappresentativo del peggio dell’Islam sciita. Fallaci è poi totem di prontissima beva per la più parte degli italiani. Lo è grazie alle sue posizioni, esternate in decine di libri, contro la quiescenza verso i musulmani integralisti e grazie al fatto che la sua ruvidezza è perfettamente sovrapponibile ai bisogni di pancia di un Paese basico.

Oriana abile arruolata per la “guerra”

Paese che mediamente non va oltre la lettura degli ingredienti del bagnoschiuma in seduta di wc, ma che si picca di avere dei “numi tutelari alti”. Insomma, Salvini, che su certe cose piaccia o meno è mago alla Getulio Vargas, ha trovato un nuovo magnete per attirare cose e far fare massa critica a quelle che gli servono subito. Una figura forte per ricordare che l’Islam è per gran parte un “nemico”, una festa simbolica di valore patriottico ma scollegata dagli “equivoci” di quell’altra guerra successiva.

E un’occasione perfetta per fare di Milano una specie di “avamposto morale” dell’Occidente che sa badare ai suoi confini e a chi ci sta dentro. Dopo l’astensione dell’Italia dalla risoluzione Onu pro tregua quell’evento può innescare il peggio di quel che dovrebbe frenare. La Fallaci è figura archetipa anche nello specifico della mistica leghista.

Quando Durigon ed altri proposero una legge

Claudio Durigon

Basti pensare che proprio un 4 novembre, ma del 2020, Claudio Durigon, Andrea Crippa, Riccardo Molinari e Luca Toccalini come primo firmatario presentarono alla Camera un Ddl ordinario assieme ad altri parlamentari. Era su “Introduzione dell’insegnamento dei testi di Oriana Fallaci nell’attività didattica delle scuole di ogni ordine e grado“. Il sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nato a Latina ma di origini venete è la crasi perfetta tra quel che il Carso rappresenta nella nostra mistica e quel che il Mare Nostrum incarna nell’epica dell’Italia che fa barriera alle orde foreste.

Se tu fossi stato con me ti avrei chiesto scusa“, scriveva la Fallaci che in una certa mistica è considerata più come “arcitaliana” che come scrittrice o reporter di guerra in gambissima. E pare esattamente questo il claim degli alleati di governo del destra centro in ordine all’iniziativa salviniana.

Vediamo come. Il leader leghista dice: “Visto quello che sta accadendo in Terra Santa, visto quello che sta avvenendo a Bruxelles, visti gli arresti di Milano, la Lega convocherà per sabato 4 novembre, in centro a Milano, una manifestazione nazionale”. Sarà “a difesa dei valori e delle libertà occidentali, dei diritti, della sicurezza”. Poi la briscola pubblicistica, elargita a Il Tempo: “Tra tante manifestazioni che inneggiano alla Palestina libera, all’Islam, ad Hamas abbiamo pensato al 4 novembre, giornata non scelta a caso, così come non è stata scelta a caso Milano“. E giù di card social dove sotto il simbolo del Carroccio campeggia la Fallaci.

La frecciata alla giudice originaria di Cassino

Iolanda Apostolico e Giorgia Meloni

L’antitesi, la nemesi, “l’altro” sono parte integrante di ogni azione di Salvini, dove lui punta per converso a fare vedere chi sono “buoni”. Perciò “se qualcuno “inneggia alla jihad, alla guerra santa o agli sgozzamenti, come prevede già il codice penale, lo prendi per i capelli e lo porti in carcere. Bisogna fermare qualsiasi nuovo permesso di costruzione di moschee, di centri culturali camuffati, e di avere una ricognizione di chi finanzia alcuni luoghi e di chi conduce le preghiere“.

Poteva mancare la frecciata alle decisioni della giudice di Catania ma originaria di Cassino Iolanda Apostolico? “Dio non voglia che uno solo di questi immigrati ‘evaporati’ si armi di cattive intenzioni. Se qualcuno di questi commetterà violenza ai danni di un cittadino, chi pagherà? Controlli a tappeto nelle moschee, regolari o abusive, nessuna tolleranza per chi sostiene o inneggia alla violenza“. Dio non voglia neanche che qualche matto radicalizzato decida di prendere quella di Salvini come una sfida.

Questo lo story-telling del capo del Carroccio che, per inciso, è anche vicepremier. Ecco invece le perplessità degli alleati. La vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Augusta Montaruli invita ad “evitare situazioni rischio”. Le ha fatto eco il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè di Forza Italia, non proprio una “colomba”.

Montaruli e Mulè: “Attenzione a fomentare”

Giorgio Mulé (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Che dice: “Non si tratta di un errore, ma è solo una questione di opportunità. La preoccupazione è che andare in piazza in questo momento, inconsapevolmente, possa attirare elementi esagitati, fomentare chi non crede nei nostri valori e provocare forti contestazioni”.

Insomma, ce la vedono tutti, l’esca che Salvini ha gettato per determinare esattamente quello che vuole scongiurare, e la cosa è stata detta con forza. La possibilità cioè che proprio quello che Salvini vuole sottolineare già in chiave esagerata possa innescare esagerazioni peggiori.

Ma Salvini la butta sull’epica della sottrazione a qualsiasi forma di ricatto e tira dritto per la sua strada. Strada che non conduce a Tel Aviv, a Washington o a Gaza, ma che porta dritti lui e i suoi a Bruxelles. Dove bisogna arrivarci sì in barba ai socialdemocratici, ma anche a soprattutto alla faccia del Ppe. Perché in politica dopare la corsa non è peccato.