Politico, parla come mangi

Dalla resocontazione al parecchiamente. Tutto corretto, lo certifica addirittura Zagrebelsky. Ma per farsi capire dal popolo...

Andrea Apruzzese

Inter sidera versor

Premessa: la prima è di uso tecnico attuale, anche se non quotidiana; e la seconda è addirittura citata da Gustavo Zagrebelsky in un suo scritto insieme alle altre parole con il suffisso in -mente, usate dagli antichi “con moderazione“. Però fa strano, ascoltarle, soprattutto in aula consiliare.

Accade a Latina, dove ieri (nel Consiglio comunale dove tra l’altro è stato approvato un emendamento che cancella l’emolumento per i membri del Cda dell’Azienda per i beni comuni, che gestisce raccolta e conferimento dei rifiuti) è tornata la “resocontazione” che una consigliera comunale di Lbc usa peraltro quasi da sempre in aula.

Dalla resocontazione al parecchiamente

Resocontazione è un termine che, seppure non quotidiano, esiste, ad esempio, proprio nel linguaggio d’aula: la resocontazione parlamentare, per dire, o resocontazione del dibattito d’aula, è sostanzialmente la trascrizione, e quindi la pubblicazione scritta, del dibattito politico. E il termine, presente in dizionario, è riportato anche dalla Treccani, come sinonimo, appunto, di “rendiconto“.

Nonostante gli sguardi allibiti di alcuni, quindi, c’è poco da aggiungere. Ma nel corso del question time che ha preceduto il Consiglio comunale, in cui a un assessore ha relazionato sull’annosa vicenda della convenzione di realizzazione e gestione della piscina comunale, finita in decine di contenziosi tra amministrazione e società sportiva, gli è scappato un “parecchiamente“, in merito all’attenzione dedicata a questo tema.

E i giornalisti sono saltati sulle sedie: Cetto la qualunque? Si e no. Sicuramente è un termine usato da Cetto ma in realtà, “parecchiamente” è esistito, anche se caduto in disuso. Basta una rapida ricerca su Google per ottenere come risultato un vocabolario degli Accademici della Crusca risalente al ‘700 e trovare il termine.

La lingua del tempo presente

Gustavo Zagrebelsky (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Gustavo Zagrebelsky, sommo giurista, nonché giudice della Corte Costituzionale, ne parla nel suo pamphlet “Sulla lingua del tempo presente“, per approfondire il fatto che Cetto La Qualunque, alias Antonio Albanese, con i suoi “qualunquemente” e “parecchiamenteha dato nuova vita a parole antiche.

Nel paragrafo “Gli avverbi di Cetto La Qualunque“, il sommo giurista osserva che «gli antichi usavano queste parole in -mente con lodevole moderazione. Dei contemporanei non si può dire altrettanto. Anche senza arrivare agli eccessi dell’onorevole Cetto La Qualunque, che per questo suffisso ha una passione paragonabile solo per “lu pilu”, altre star, politiche o mediatiche sembrano non poter fare a meno di puntellare affermazioni, risposte, precisazioni e conferme con queste cinque parole magiche: assolutamente, chiaramente, francamente, praticamente, sinceramente».

Parole, perché la lingua, italiana soprattutto, pensando a Dante, Boccaccio, Petrarca, Leopardi (e non me ne vogliano Moravia, Calvino, Manzoni e gli altri sommi scrittori), è importante, anche in politica. Il politico è esempio, innanzitutto, dato che rappresenta il popolo, le sue parole sono quelle del popolo e al popolo sono rivolte. E se ai giornalisti viene sempre insegnato “scrivete bene e in italiano rigorosamente corretto, ma scrivete come mangiate, dovete farvi capire, non siete saggisti e non state scrivendo per docenti universitari“, il suggerimento potrebbe valere anche per i politici.

Non di ieri, ma di oggi e di domani.