Regione Lazio: chi elegge il capo dello Stato. E Tajani lancia il Cav

I tre Grandi Elettori del Lazio per le elezioni del Presidente della Repubblica saranno Zingaretti, Vincenzi e Ghera. Intanto Tajani varca il Rubicone con il progetto di portare Berlusconi al Quirinale. E lo ha fatto a modo suo: tranquillizzando Meloni e Salvini. Facendo capire che se cade il Governo Draghi ci sono soltanto le urne

Tre grandi elettori del Lazio per un Presidente della Repubblica: Saranno il presidente della Regione Nicola Zingaretti, il presidente d’Aula Marco Vincenzi ed il consigliere di Fratelli d’Italia Fabrizio Ghera i delegati del Lazio chiamati ad eleggere il Capo dello Stato il 24 gennaio. A desiderlo è stato il Consiglio Regionale del Lazio che oggi ha votato i tre delegati.

Sono stati 45 i votanti, 81 i voti validi, nessuna scheda bianca così come nessuna scheda nulla.  Il governatore Nicola Zingaretti ha ottenuto 29 voti, il presidente Marco Vincenzi ha riportato 31 voti, a Fabrizio Ghera sono andati 11 voti.

Tajani sul Rubicone

Silvio Berlusconi e Antonio Tajani Foto © Sara Minelli / Imagoeconomica

Intorno al Quirinale proseguono le grandi manovre. Come anticipato da Alessioporcu.it quando Silvio Berlusconi ha deciso di varcare definitivamente il Rubicone per cercare la scalata al colle più alto, è stato Antonio Tajani a indicare la strada. Il fedelissimo della prima ora. (Leggi qui Perché Tajani continua a comandare in Forza Italia).

Intervistato su Corriere.it dal vicedirettore Venanzio Postiglione, ha detto Tajani: «Non esiste una candidatura di bandiera per Silvio Berlusconi. Noi gli abbiamo chiesto di candidarsi e mi auguro che sciolga positivamente la riserva nel prossimo vertice di centrodestra». Ancora: «Se non dovesse passare la candidatura di Berlusconi? Il piano B prevede che ci sia un candidato di nome Silvio ma con cognome che inizia con la lettera B. Più passerà il tempo e più sarà attrattiva la candidatura di Berlusconi alla presidenza della Repubblica. Sono convinto che i numeri ci saranno, nessuno parte con una base di partenza ampia come quella di Berlusconi. I nostri parlamentari stanno parlando con tutti i loro colleghi e con i delegati regionali. E troviamo spazi di consenso inaspettati fino a qualche mese fa. Diciamo che siamo moderatamente ottimisti».

Come dire: il pressing sul Gruppo Misto è senza tregua, gli spazi ci sono. Per Tajani Mario Draghi sarebbe uno straordinario presidente della Repubblica, ma in questo momento viene prima l’interesse nazionale. E «Draghi deve continuare a governare il Paese perché, senza di lui, verrebbe meno il governo di unità nazionale». Se Draghi non fosse più al Governo, «probabilmente si andrebbe a elezioni anticipate», perché «non ci sarebbe nessuno in grado di tenere insieme tutte queste forze politiche, e non mi pare sia questo il momento giusto per farlo». Il messaggio ai naviganti è evidente: con Draghi al Colle si va a casa un anno prima.

Garanzie agli alleati

Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Antonio Tajani Foto © Imagoeconomica / Paolo Cerroni

Ma Tajani ha voluto tranquillizzare anche gli alleati della Lega e di Fratelli d’Italia sugli assetti del centrodestra. Spiegando: «Grande stima per Matteo Salvini e Giorgia Meloni, hanno grande esperienza e sono leader leali e corretti. Per noi non ci sono veti nei confronti di questi leader, li consideriamo alleati naturali e amici. Da parte nostra nessun ostacolo alla loro candidatura a premier in caso di vittoria del centrodestra alle elezioni politiche. Ben venga lo spostamento di Renzi verso il centro, ma non c’è bisogno di un altro centro, c’è già ed è Forza Italia».

Ma il cuore e l’anima del ragionamento di Antonio Tajani è il seguente: se Draghi resta a Palazzo Chigi si va a votare nel 2023, altrimenti il governo destinato a cadere. Cioè, ragionando per paradossi, il garante di questa coalizione eterogenea è lui: “Non è un tecnico, è Mario Draghi. Nessuno è in grado di tenere con la sua personalità un governo così etereogeneo. Se Draghi lasciasse Palazzo Chigi, ci troveremmo di fronte alle elezioni, con un segnale negativo ai mercati: faremmo un danno al nostro Paese”.

Questa è la battaglia politica più importante di Silvio Berlusconi, perché attiene ad una sfera diversa che implica anche sentimenti di riscatto e  prospettive di unità nazionale. Naturalmente non c’è garanzia di elezione al Quirinale. Andrà conquistata e le votazioni per il Capo dello Stato hanno spesso riservato novità imprevedibili. Ma in ogni caso sarà una battaglia politica epica. E Antonio Tajani è ancora lì, al fianco di Silvio Berlusconi.