MARINA MINGARELLI per IL MESSAGGERO ED. FROSINONE
Dopo sedici anni di processi, il caso «Annunziata» arriva al capolinea. L’altra sera il giudice del tribunale di Frosinone ha assolto dal reato di bancarotta fraudolenta Luigi Annunziata (ex presidente della Camera di Commercio di Frosinone) suo fratello Pasquale (ex presidente del Sora Calcio) e i tre figli di Luigi: Giorgio, Antonio e Luca; tutti finiti alla sbarra dopo il fallimento della «Cartiera di Cassino SpA» avvenuto nel 2001, una delle tante società gestite dalla famiglia dei noti imprenditori residenti a Ceccano.
La cartiera, che produceva per lo più tovaglioli, fazzoletti e carta igienica aveva avuto un tracollo dovuto soprattutto alle aziende che presentavano gli stessi prodotti a prezzi concorrenziali. Fino a quando hanno potuto gli Annunziata avevano fatto fronte ai debiti che si erano accumulati nel tempo.
Ma poi la situazione era precipitata ed avevano dovuto, loro malgrado, dichiarare fallimento. La fabbrica, secondo le stime della procura, avrebbe chiuso con un disavanzo pari a 40 milioni di euro. A seguito delle indagini, i magistrati inquirenti ravvisarono il reato di bancarotta fraudolenta. Secondo l’accusa la famiglia Annunziata quando aveva capito di non poter più risollevare le sorti della fabbrica aveva distratto alcuni beni, a cominciare dai macchinari utilizzati all’interno dello stabilimento.
Accusa per la quale gli indagati sono finiti sotto processo. L’altra sera al termine delle arringhe dei legali, i giudici hanno accolto in pieno le tesi difensive e si sono pronunciati per l’assoluzione con la formula «perché il fatto non costituisce reato». Nel collegio difensivo gli avvocati Vittorio Perlini, Giampaola Ministrini, Giarrico Ranaldi, Marco Pizzutelli e Massimo Fichera.
Con la conclusione di questo processo si chiude una pagina storica della città di Ceccano. Una città dove uscirono i primi pezzi di sapone «Scala» usati dalle nonne per il bucato a mano.
Purtroppo ben presto quel sapone venne sopraffatto dal detersivo liquido e il mercato cominciò a vacillare. Una vera e propria stangata per l’impero degli Annunziata che chiuse lo stabilimento con 365 miliardi (delle vecchie lire) di debiti. Già ai primi segnali di crisi, l’azienda fabraterna, quella che molti chiamavano il «colosso del sapone» cercò di risollevarsi con un drastico ridimensionamento. A cominciare dai dipendenti: soltanto 441 rispetto ai mille di un tempo. Ma per questo fallimento, ossia per il crac del Saponificio, la famiglia Annunziata è stata condannata nel gennaio del 2009.
Anche la Cartiera di Cassino rientrava tra le attività messe in liquidazione volontaria. Inutile dire che alcuni creditori avevano preferito passare subito all’incasso rivolgendosi al tribunale che aveva incaricato il curatore fallimentare di mettere i sigilli allo stabilimento. Ma adesso le accuse riguardanti la bancarotta fraudolenta sono decadute (all’epoca dei fatti gli imputati vennero accusati di aver distratto i beni dell’ azienda) e dopo quindici anni di lotta a suon di carte bollate la famiglia Annunziata può tirare un sospiro di sollievo.