CORRADO TRENTO per CIOCIARIA EDITORIALE OGGI
Non hanno nulla in comune, nella migliore delle ipotesi si evitano, nella peggiore si attaccano dandosi dell’irresponsabile politico. La finta unità del congresso provinciale si è sciolta come neve al sole e sono riemerse le solite lacerazioni.
Il Partito Democratico provinciale si è scoperto diviso e fragile. Indipendentemente dall’ esito dei ballottaggi di Cassino, Alatri e Sora. Perché ai ballottaggi non ci si doveva arrivare.
A Cassino nulla si è fatto per cercare di ricomporre la frattura ai nastri di partenza tra Giuseppe Golini Petrarcone e Francesco Mosillo. I leader sono rimasti arroccati sulle rispettive posizioni, perché ognuno ha voluto contarsi in vista delle successive candidature. Senza capire che sui territori il partito non può essere guidato con la logica dei commissariamenti. Come successo a Ceccano.
Ma il punto vero è un altro: da anni il Pd non affronta alcuna questione, aggira l’ostacolo anzichè saltarlo. I nodi sono aumentati in progressione geometrica. Nessuno li scioglie. L’ assessore regionale Mauro Buschini e il presidente dell’ Asi Francesco De Angelis a quale area del partito fanno riferimento? Non è un particolare di poco conto in un momento nel quale a parole sono tutti renziani, ma nei fatti c’ è chi è più renziano degli altri. Non è un particolare di poco conto in un partito nel quale le correnti continuano comunque a dominare. E il valore aggiunto di un ruolo come quello di assessore regionale dovrebbe fare la differenza sul territorio. Più di qualcuno poteva aspettarsi una vittoria al primo turno di Giuseppe Morini ad Alatri.
Il segretario provinciale Simone Costanzo, sebbene eletto da una parte, dovrebbe assumere iniziative in nome di tutto il partito. A Cassino per esempio. Ma ci sono anche altre cose. La stagione infinita degli accordi trasversali alla Provincia, ma pure all’ Asi e al Cosilam, non soltanto ha disorientato gli elettori, ma ha anche ampliato la frattura interna tra le correnti. Così come i trasversalismi esibiti a suon di selfie e di “post” a Frosinone, in chiave anti- Schietroma e anti-Ottaviani, non sono passati inosservati. Finendo con il lasciare il segno in un partito che fino a pochi anni fa faceva politica sul territorio, nelle sezioni, con gli iscritti. Non sui divani, non nei bar,non sulle terrazze.
Ci sono momenti, soprattutto in politica, nei quali la forma è sostanza. Non mancano malumori interni per l’ approssimativa gestione della Saf, una realtà strategica nel panorama provinciale, che si appresta ad approvare il bilancio tra molte incognite sul suo futuro. Ci sono malumori anche perché in diverse realtà gli ultimi arrivati hanno tranquillamente sorpassato chi nel partito ha attaccato i manifesti da quando aveva i pantaloni corti.
Ma pure l’area del senatore Francesco Scalia, del deputato Nazzareno Pilozzi, del presidente della Provincia Antonio Pompeo e del presidente del partito Domenico Alfieri non può limitarsi ad attaccare la segreteria. Anche loro dovrebbero mettersi in gioco e cercare di avviare un dialogo che non c’ è mai stato da quando Ds e Margherita sono diventati… Partito Democratico.
Eppure altrove le cose vanno in modo diverso. Anche a pochi chilometri di distanza dalla provincia di Frosinone. Il peso politico del presidente del consiglio regionale Daniele Leodori sta crescendo in maniera esponenziale. A Zagarolo, un anno fa, il sindaco Lorenzo Piazzai non ha avuto bisogno del secondo turno per essere eletto. Alle comunali di Roma Michela Di Biase è stata la prima degli eletti della lista del Pd, con 5.186 preferenze. E Antongiulio Pelonzi il quarto, con 3.599 voti. Parliamo di esponenti politici che fanno riferimento all’area politica di Daniele Leodori e Bruno Astorre. A dimostrazione che avere un ruolo istituzionale o esecutivo importante dovrebbe rappresentare un valore aggiunto.
Ma va detto pure che a Roma, in una situazione difficilissima per tanti motivi, il Pd ha comunque retto arrivando al ballottaggio con Roberto Giachetti. Lottando, serrando le fila, facendo squadra. In Ciociaria invece vige la logica del “ fin che la barca va, lasciala andare” . Ma il problema è che la barca del Pd è incagliata negli scogli da anni. E nessuno prova a tirarla fuori dalle secche. Così rischia di affondare, soprattutto senza il 40% di Renzi a coprire tutti i limiti.
IL PUNTO di Corrado Trento
In realtà non è una novità: due candidature del Pd alla presidenza della Provincia, due sostanzialmente anche al Comune di Frosinone (Domenico Marzi ha comunque una storia politica caratterizzata dalla militanza nel Pci-Pds-Ds-Pd). Spaccature a Veroli, Isola Liri, Anagni, Ferentino. Dappertutto.
A Cassino, Alatri e Sora non è questione di chi vince i ballottaggi, ai quali il Pd si presenta da favorito e a sostegno dei sindaci uscenti. Il punto è che il crollo del centrodestra nazionale targato Silvio Berlusconi ha consentito finora a Matteo Renzi il lusso di poter fare, contemporaneamente, da maggioranza e da opposizione. Facendo passare in secondo piano i malumori della minoranza interna e il fatto che mai prima un leader del principale partito della sinistra era stato costretto a fare i conti… con il partito.
A livello locale è successa la stessa cosa. Con la conseguenza che i big vedono le elezioni comunali e provinciali (ma pure quelle degli enti intermedi) come una sorta di “primarie permanenti”. Per misurare il proprio peso, perfino per motivare le truppe. In vista delle regionali e delle politiche.
Francesco Scalia e Francesco De Angelis hanno semplicemente smesso di attaccarsi pubblicamente, ma la realtà è che restano alternativi all’interno dello stesso partito. Come Mauro Buschini e Antonio Pompeo, come Nazzareno Pilozzi e Sara Battisti, come Simone Costanzo e Domenico Alfieri.
Poi c’è il nodo della politica delle alleanze. L’interlocutore privilegiato è diventato il Nuovo Centrodestra – Area Popolare del coordinatore regionale Alfredo Pallone. In una logica di uniformità con l’intesa a livello nazionale. Ma intanto è stata messa in secondo piano l’alleanza storica con il Partito Socialista di Gianfranco Schietroma e con tutto l’arcipelago della sinistra politica.
In provincia di Frosinone il Movimento Cinque Stelle non ha, almeno fino a questo momento, la forza e le percentuali di Roma o di altre parti d’Italia. Pure questo è un ulteriore lusso politico che i Democrat possono permettersi. Per quanto ancora però?
Il vento sta cambiando e il referendum autunnale sarà una sorta di prova del fuoco. Matteo Renzi non può perdere e ha messo in conto di effettuare cambiamenti all’interno del partito. Il Pd provinciale non riesce ad effettuare uno scatto unitario vero. E questo alla fine potrebbe pesare