Israele Iran prove di Terza Guerra Mondiale

L'attacco dell'Iran ad Israele. Le reazioni. Il vero obiettivo di Teheran, diverso da quello balistico. Il timore di escalation. E perché la cosa ci tocca da vicino

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

L’Iran ha attaccato Israele. Centinaia di droni e razzi sono stati lanciati in direzione delle principali città israeliane. Teheran ha lanciato 185 droni, 36 missili da crociera e 110 missili terra-terra facendoli partire anche dall’Iraq e dallo Yemen: così riferisce all’alba il New York Times citando fonti governative di Gerusalemme. Poco consolano le due notizie a corollario. La prima: il Pentagono fa sapere che la US Navy ha intercettato più di 70 droni e tre missili da crociera, mentre altri droni sono stati abbattuti dai caccia della Usaf. La seconda: l’attacco è concluso e potrebbe fermarsi qui.

Non bastava il sanguinoso conflitto ucraino a turbare i sonni del mondo, né il sanguinoso conflitto israelo palestinese. Oggi il combattimento dopo la mossa iraniana rischia di deflagrare espandendosi in un conflitto mondiale che coinvolge blocchi contrapposti costretti volenti o nolenti a schierarsi.

L’attacco atteso

L’attacco all’ambasciata iraniana in Siria (Foto: ADN Kronos)

Un attacco iraniano contro Israele era atteso da giorni ed era anche stato annunciato dal regime iraniano. L’Iran aveva minacciato una ritorsione contro Israele per l’omicidio nell’ambasciata iraniana in Siria di Mohammad Reza Zahedi, un importante generale delle Guardie rivoluzionarie. E per l’uccisione nella Striscia di Gaza di tre figli adulti di Ismail Haniyeh, il capo politico di Hamas, gruppo alleato dell’Iran.

L’attacco aereo ha provocato un aumento del livello di emergenza in tutta la regione. La Giordania, Israele, l’Iraq e il Libano hanno chiuso i rispettivi spazi aerei: significa che nessun mezzo può sorvolare questi Paesi. Tel Aviv ha riaperto questa mattina alle 7.30 (ora locale) lo spazio aereo israeliano. Molti voli in partenza dall’aeroporto Ben Gurion tuttavia sono stati cancellati. La Giordania, in particolare, ha annunciato che abbatterà tutti i droni che cercheranno di entrare nel suo spazio aereo.

Anche Hezbollah, gruppo armato libanese alleato dell’Iran, ha detto di aver lanciato razzi contro Israele più o meno in concomitanza con l’attacco iraniano. Ed è così che dalla tarda serata di sabato fino alla prime ore di domenica, centinaia di luci abbaglianti hanno solcato i cieli mediorientali. Le immagini sono rimbalzate sui telefonini di mezzo mondo tramite tutti i social. Le scie dei razzi in arrivo si incrociavano con le mille luci dei sistemi di difesa israeliani. Per una notte il cielo è stato illuminato a giorno.

Il rischio di escalation

L’esultanza in Iran per l’attacco ad Israele (Foto: Abedin Taherkenareh / EPA / ANSA)

Nei vari post i filo palestinesi inneggiavano alla distruzione dell’odiato nemico sionista. Mente quelli filo israeliani pregavano perché la difesa tenesse. Un po’ lo stesso clima dell’attacco di Hamas di ottobre. Dove folle festanti di palestinesi e di varie città arabe scesero in piazza gioendo per la distruzione di massa. Stesse scene di stasera dove la folla si è riunita festante a Teheran.

Però ricordiamo tutti come andò a finire, la reazione israeliana fu durissima e dura tuttora e molto più distruttiva di quella palestinese. Gaza è praticamente rasa al suolo e non accenna a fermarsi l’opera di distruzione. Tutti ricordano il video di un sostenitore di Hamah che urlava festante alla attacco mosso a Israele e poi la stessa persona in lacrime sotto gli attacchi e le perdite subite per la rappresaglia israeliana.

Nella notte c’è stata una telefonata tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu ed il presidente statunitense Joe Biden. L’inquilino della Casa Bianca ha definito le intercettazioni di missili e droni «una vittoria» ed ha spiegato che gli Usa non parteciperanno ad una azione offensiva contro l’Iran. Il timore infatti è che anche stavolta non si farà attendere una ulteriore azione israeliana. Anche se in  punta di diritto andare a bombardare i consolati stranieri in un paese confinante è un unicum che mai si era visto finora godendo le sedi diplomatiche di una pressoché unanimemente riconosciuta immunità.

L’attacco è finito, forse

Benjamin Netanyahu

La mossa iraniana sembra non aver sortito gli effetti sperati, sul piano bellico. I sistemi di difesa israeliani hanno intercettato praticamente il 99% degli ordigni lanciati. Dimostrando l’enorme potenziale anche difensivo dello stato ebraico. “Siamo pronti, ci difenderemo e faremo del male a chi ci attaccherà” aveva dichiarato subito Netanyahu presiedendo il gabinetto di guerra. Sempre proteso all’attacco. E possiamo scommettere che ha già in mente ritorsioni durissime.

Il vero colpo andato a centro però è quello politico. Teheran ha ricordato a tutti il suo potenziale distruttivo ed è ora la ‘protettrice’ del popolo palestinese. Che forse è il vero traguardo che intendeva raggiungere. Come lascia intendere la dichiarazione “Se Israele attacca gli interessi, gli asset, le personalità o i cittadini dell’Iran in futuro, attaccheremo il regime sionista di nuovo dal territorio iraniano“. Lo ha detto in un messaggio il comandante dei Guardiani della Rivoluzione, Hossein Salami. Il peso specifico del messaggio non sta nella minaccia ma nel ‘se‘ che la precede. Potrebbe essere finita qui, per ora.

Ma nella speranza che non avvengano altri atti efferati è bene fare un paio di ragionamenti che indirettamente ci riguardano.

Gli aspetti che ci riguardano

Foto © Eric Haynes

Il primo è questo. Israele non può non sapere che attaccare un consolato in un altro Stato è un atto che non lascia altre vie d’uscita che il conflitto. E allora perché un’azione così sfacciatamente violenta. Molti giurano che è una forma di condizionamento nei confronti dei principali alleati. In primis degli Stati Uniti.

Difatti Biden e l’amministrazione americana già alle prese con la guerra ucraina che non sembra andare benissimo non gradiscono un ulteriore conflitto in corso a pochissime settimane dalle elezioni presidenziali in cui si giocano grandi fette del destino del mondo. L’azione israeliana però scatena una reazione di Paesi come l’Iran e molti altri dell’area mediorientale: il che costringe di fatto gli Usa a schierarsi ancora più pesantemente a fianco di Israele e prendere una posizione netta. Infatti Biden incalzato in conferenza stampa prima cerca di sviare poi torna sul pulpito e pronuncia parole inequivocabili. Siamo e saremo a fianco e difesa di Israele. Esattamente quello che Netanyahu voleva.

Non è un caso infatti che a difesa del territorio israeliano stanotte sono stati schierati caccia sia usa che britannici che hanno abbattuto numerosi missili aiutando di molto a contenere i danni.

La scacchiera in movimento

Guido Crosetto (Foto: Leonardo Puccini © Imagoeconomica)

Lo scacchiere si muove velocemente. La Turchia ha già fatto sapere che non concederà il proprio spazio aereo per attacchi all’Iran o altri Paesi. E se la situazione in Medio Oriente fibrilla in Europa e da noi di certo non regna la tranquillità. Immediate le reazioni di Crosetto e Tajani ministri di Difesa ed Esteri tutte improntate alla cautela e alla speranza di una de-escalation.

Mi auguro che il governo israeliano adotti la prudenza e non ci sia un suo contrattacco. Ora dobbiamo lavorare per evitare di infiammare il Medio Oriente” dice questa mattina il ministro degli Esteri Antonio Tajani ai microfoni di Rtl 102.5. “Noi cerchiamo sempre una de-escalation, ieri ho parlato quasi un’ora con ministro Esteri dell’Iran, ho chiesto prudenza per evitare un allargamento del conflitto, mi ha fatto capire che l’attacco ci sarebbe stato comunque stato. Il ruolo dell’Italia, che guida il G7, è quello di invitare tutti alla prudenza per evitare l’esplosione di una crisi che nessuno vuole che ci sia“. Il ministro ha poi aggiunto di avere chiesto al suo collega iraniano di non attaccare i luoghi dove sono di stanza, in particolar in Libano, più di mille militari italiani ottenendo pare rassicurazione.

Uno scenario abbastanza singolare a parte la telefonata di più di un ora ad un Paese che sta per compiere un atto di guerra, si vede che il ministro iraniano non fosse molto impegnato per sentire un ora il nostro rappresentante. Ma la circostanza di dire bombardate ma non i nostri soldati mi raccomando è abbastanza innovativa direi nei rapporti diplomatici. Tajani è apparso poi evidentemente stanco ed assonnato in una diretta social di Porro probabilmente buttato giù dal letto dai funzionari della Farnesina che lo hanno indotto a tornare al ministero per seguire gli attacchi. Ma comunque encomiabile perché impegnato in diretta immagino tutta la notte.

Il rischio di sovrapposizione

Volodymyr Zelensky (Foto © President of Ukraine P.O.)

Ma non è solo l’Italia che freme. Tutta l’Europa esattamente come gli Usa teme un nuovo importante conflitto che si sovrapponga a quello già complicato in Ucraina. Anche qui senza dimenticare che si vota a giugno per il rinnovo del parlamento Europeo. E tutte queste tensioni potrebbero anche in questo caso danneggiare l’immagine del governo in carica che cerca una riconferma.

Le notizie dall’Ucraina al di la dei proclami di vittoria gialloblu pressoché identici da mesi non sono delle migliori. La Russia sembra pronta ad avanzare ulteriormente. Le munizioni e gli equipaggiamenti scarseggiano e Zelensky o i suoi ministri non perdono l’occasione per ricordarlo battendo cassa all’Europa e agli Usa perché in evidente difficoltà. Per la prima volta lo ha ammesso lo stesso Zelensky dichiarando che se non arrivano nuove armi e risorse il conflitto andrà verso la sconfitta. Il ministro degli Esteri ha addirittura detto che i russi hanno spazzato via le loro difese e senza iniezione di nuove forze l’esito sarà negativo.

Dichiarazioni pesanti visto che finora l’ipotesi della sconfitta era stata esorcizzata in continuazione. Ed i più maliziosi, tra questi anche io, pensano che come l’attacco di Netanyahu non sia stato casuale anche l’entrata pesante nel conflitto dell’Iran sia una mossa secondaria per favorire indirettamente la Russia che visto che gli alleati dell’Ucraina moltiplicano i loro impegni in Medio Oriente avranno meno risorse per il Paese ex Urss.

La conferenza in Svizzera

Una teoria tutt’altro che peregrina  che se da un lato fa parte di normali strategie belliche dall’altro fa correre sul filo del rischio di un conflitto mondiale ognuno degli avvenimenti che abbiamo descritto. Cosicché a forza di strategie e attacchi si rischia effettivamente un allargamento esagerato del conflitto. Un rischio concreto e molto vicino. È per questo che il lavoro diplomatico andrebbe intensificato e le dichiarazioni bellicose limitate. Ma se l’esempio è la conferenza di pace pomposamente annunciata per metà giugno in Svizzera non andiamo benissimo.

Tajani annunciandola l’ha sintetizzata così: a giugno conferenza di pace in Svizzera ma la Russia non è invitata. Al ché io e penso in molti ci siamo chiesti ma se non inviti la Russia la pace con chi la fai? Ma anche qui il tempismo tradisce un certo nervosismo perché metà giugno vuol dire vicinissimo alle elezioni Europee e la conferenza sembra più un tentativo di calmare le acque nel periodo elettorale che un vero sforzo di pace.

Immaginate lo svolgersi delle elezioni Europee con un conflitto mediorientale allargato a dismisura e con la Russia che avanza in ucraina? Non sarebbe la migliore vetrina per la fine mandato europeo: lo capirebbe pure un poppante.

La disumanizzazione del conflitto

Franco Fiorito (Foto: Valerio De Rose © Imagoeconomica)

Dunque non ci resta che attendere gli sviluppi di questa pericolosissima escalation che viviamo in queste ore pregando che la reazione israeliana non ci sia e che non ci siano ulteriori attacchi iraniani. Anche se come sempre si dimenticano le vittime di questi conflitti quasi sempre giovani e giovanissimi con numeri altissimi.

Ha fatto specie in particolare il video di alcuni politici israeliani che in un talk citando Biden dicevano che costui avrebbe chiesto a Netanyahu di non uccidere più di trentamila persone. E questi rappresentanti israeliani che ridendo dicevano: “trentamila al giorno vuole intendere forse Biden”. Con una macabra ironia che stona con ogni forma di umanità.

Ed è questa disumanizzazione la nota caratteristica dei conflitti attuali. La dichiarazione delle migliaia di morti come se fossero solo numeri e non importanti vite umane. Ridotti come i numeri di un qualsiasi videogioco.

Ma anche se le immagini di stanotte dei cieli israeliani solcati di mille luci di razzi droni e contro difese sembravano a vedere quasi irreali quasi un moderno videogioco purtroppo non lo sono e qualcuno prima o poi dovrà rendersene conto. Al più presto.