Il tempo degli alibi è finito. Ora che ci sono le candidature è il tempo delle azioni concrete. Nell'agenda, nei cinque anni appena trascorsi, non ce ne sono state a favore del territorio. Che ora è in bilico. Molti degli eletti nemmeno sapevano quali fossero le emergenze del Lazio. Oggi è opportuno ricordarlo
Il tempo degli alibi è finito. Con la definizione dei candidati a Camera e Senato (e, con buona approssimazione, anche con la definizione di una parte del prossimo Parlamento) arriva il momento di passare alle cose concrete.
A prescindere dagli orientamenti e dagli equilibri che lo terranno in piedi, il prossimo Governo si troverà a dover affrontare una serie di percorsi obbligati. Sbagliare strada non è concesso. Significherebbe consegnare quel poco che resta del Paese a confinanti con l’acquolina in bocca e la speranza di concludere qualche affare a prezzi da saldi.
La cartina di Tornasole
Il Lazio è la Cartina di Tornasole, cioè quella stisciolina di carta che assume un colore diverso a seconda che venga a contatto con un ambiente acido, basico o neutro. Perché il Lazio è una regione nella quale l’economia del Mare convive con quella generata dai monti; nella quale c’è un eccellente polo industriale metalmeccanico specializzato nell’Automotive e nell’Aerospaziale ed entrambi di valenza nazionale (Stellantis con Alfa Romeo e Maserati, Leonardo con Agusta e tutti i loro indotti talmente specializzati da non lavorare in monfornitura ma al contrario in maggioranza per altri brand).
Al suo interno si trova un polo del Chimico Farmaceutico di valenza mondiale, un polo logistico sempre più vasto, un polo del freddo (gelati e alimentari) di spessore continentale. A Cassino sta arrivando Fincantieri con la sua gigafactory e ci arriva perché c’è un polo di ricerca universitario apprezzato e riconosciuto nel mondo.
Al nord della regione c’è il polo ceramistico tradizionale di Civita Castellana, al sud c’è quello della ceramica green di Anagni e Roccasecca. Nel Pontino al confine con i castelli c’è il principale polo ortofrutticolo con un Mercato dai numeri europei.
Non occorre altro. Il Lazio è una specie di concentrato delle specificità del Paese nel quale sono presenti quasi tutte. Guardare al Lazio significa avere un abstract dei problemi e delle eccellenze nazionali.
Senza energia
L’industria del Lazio è impegnata da due anni in una delle battaglie che segneranno il suo destino. Prima la pandemia ha costretto a ridisegnare tutta la supply chain cioè la catena di approvvigionamento. Poi la guerra in Ucraina e la speculazione mondiale sulle tariffe del gas hanno imposto un nuovo riassetto.
Ma mentre la logistica e la fornitura la puoi riorganizzare, sulle tariffe del gas puoi discutere poco. Il metano o lo hai o non lo hai. E se non lo hai o lo compri o te lo fabbrichi. Questo è il primo tema da segnare in un’agenda che al momento è desolatamente vuota. Con accenni di incapacità, toni di insipienza, presunzione da gloria passata che sono stati trasversali a tuti i Partiti. Il Pd non ha una posizione: nel Lazio di Zingaretti è stata votata una legge che ha detto no ai nuovi termovalorizzatori per fabbricarci la corrente elettrica dai rifiuti, nella Roma di Gualtieri (che è sempre Lazio) hanno preteso di diventare una Capitale europea e si sono fatti fare una legge speciale dello Stato per avere il termovalorizzatore.
Il Movimento 5 Stelle ha detto No ma governa con il Pd che dice si. La Lega dice si (Brescia e Milano hanno zero rifiuti in discarica e la Tari più bassa in Italia grazie a quegli impianti) ma quando Salvini va a fare il comizio per le Comunali con Nicola Ottaviani a Frosinone dice No. Calenda e Renzi dicono si, Fratelli d’Italia non pervenuta.
Così un comparto industriale non può andare avanti. O c’è un piano energetico preciso per il Lazio ed il Paese o quel poco che resta della nostra capacità produttiva tra poco non ci sarà più. Perché a questi prezzi non si riesce più a produrre. E perché Usa e Russia hanno gas a volontà, la Turchia idem, la Cina sta generando energia finanche dalle onde del mare ed installando torri altissime capaci di filtrare l’aria in intere città.
L’inflazione è alle spalle
Il costo dell’energia ha innescato l’inflazione. Cioè i prezzi di tutte le cose salgono ma il mio stipendio resta uguale. E quindi vale di meno. Gli slogan elettorali assicurano che i futuri parlamentari sono consapevoli della situazione. Balle.
Sono balle nel preciso momento in cui parlano di inflazione. L’inflazione è quasi alle spalle. Stiamo andando in recessione. Che è tutta altra cosa.
Perché il prezzo dell’energia ha già fatto effetto sui prodotti, spingendo i prezzi fino a dove il consumatore può arrivare. Quando non compra più, cioè dopo le vacanze, c’è un effetto domino al contrario. Un effetto che arriva dentro le aziende: non vendendo più, fermano la produzione.
Gli esperti dicono che tra un mese o due saremo in recessione. Ora siamo lì. Non se ne sono accorti. Nessuno dei parlamentari eletti sul territorio del Lazio Sud ha mai organizzato un incontro per preparare il terreno. E solo per carità di Patria è meglio tacere le affermazioni e le posizioni assunte da alcuni dei rappresentanti territoriali del Movimento 5 Stelle. Che per fortuna dei lavoratori, dei loro posti di lavoro, dell’economia e dello sviluppo, non vedremo più in Parlamento.
Nessuno ha chiaro in mente che con l’inflazione gli stipendi non bastano, con la recessione non ci sono proprio più i posti di lavoro… Altro che stipendi: solo cassa integrazione per chi riesce ad averla.
Colpevoli assenze
La politica di questo territorio ha commesso colpevoli assenze. Perché chi sta sulla linea del fronte l’allarme lo aveva lanciato. E con ampio anticipo sui tempi. Ma nessuno ha risposto, quasi nessuno ha partecipato ai loro incontri, meno di nessuno s’è informato sui contenuti di quelle riunioni. Vale per il Partito Democratico tanto quanto vale per Fratelli d’Italia e tutto ciò che sta nel mezzo tra i due.
A dicembre del 2021 c’è stato uno di questi incontri. Voluto da Unindustria. In quei giorni il presidente della territoriale di Cassino Francesco Borgomeo annunciava che avrebbe fermato la produzione. Ha denunciato, da solo, la folle speculazione sull’energia: non c’era ancora la guerra ma i secondi sei mesi di quell’anno si erano mangiati i ricavi accumulati da gennaio a giugno. L’associazione degli industriali ha evidenziato come la crescita esponenziale della curva avrebbe portato prima l’inflazione e poi la recessione. È inevitabile se non si interviene sul fattore cardine dell’aumento dei costi.
A pensar male si fa peccato ma…
La politica per sua fortuna va a votare il 25 settembre, prima che esplode la bomba sociale ed economica. Chiunque esca vincitore dalle urne, qualunque governo esca da quei risultati, avrà davanti a sè dei passaggi obbligati.
Ma prima di decidere come affrontarli ed in che modo farli percorrere al Paese, occorre che ci sia un’agenda sulla quale scrivere le cose da fare con assoluta urgenza. Esattamente quell’agenda che in questi ultimi cinque anni i rappresentanti del territorio non hanno avuto.