Top e Flop, i protagonisti di giovedì 11 aprile 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 11 aprile 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 11 aprile 2024.

TOP

SARA BATTISTI

Sara Battisti

La morale è delle donne e degli uomini, non dei partiti, quindi non esistono partiti amorali, ma solo persone che portano sprazzi di amoralità nelle loro vite ed in quelle degli altri, inclusa la vita pubblica. Ma questo tipo di premessa non basta, e non è bastata a Sara Battisti. La consigliera regionale dem proprio non ci è riuscita, a vedere le bighe dei “nuovi manettari” sfrecciare veloci e tronfie proprio dove lei ha le sue radici politiche e sull’albero di cui lei è ramo. Non ci riesce perché quello che vede Battisti sono mitraglieri avversi che sparano nel mucchio per fare contrappunto di purezza.

E con essi cecchini interni che puntano alla testa di quel che di questo Pd a loro non garba. E non va bene. Battisti lo ha scritto in un lungo post da incorniciare. “Diciamocelo con franchezza: quanto sta avvenendo in queste ore nel nostro Partito è un insulto alla comunità di iscritti, militanti, amministratori, elettori. (Persone) che in questi anni, nonostante le tante difficoltà attraversate, hanno continuato a sostenerlo. Il Partito Democratico che in tante e tanti abbiamo contribuito a costruire, ha uno statuto e un Codice Etico. E basterebbe attenersi alle regole che ci siamo dati anziché farsi confezionare da altri le “liste di proscrizione” su chi può o no essere candidato nelle competizioni elettorali“.

Il decalogo morale che già c’è
Foto: Leonardo Puccini / Imagoeconomica

Il senso è chiaro: ove servisse un decalogo morale esso esiste e la maggioranza di chi ha a cuore il Nazareno quel decalogo se lo porta tatuato nell’anima. “Ma soprattutto mai e poi mai bisognerebbe consentire la denigrazione della comunità che ognuno di noi a vario titolo rappresenta. Una mela marcia che può esistere – come esiste in tutti i partiti di tutto l’arco costituzionale – non può rendere marcio un intero tessuto di uomini e donne. Che ogni giorno lavorano onestamente e con spirito di servizio nel territorio. Tradotto: troppa storia in quel simbolo, troppa per affogarne ogni briciola nell’opportunismo di oggi truccato da “verve alla Savonarola”.

Come il fazzoletto rosso che Peppone, “che era capace di gesti enormi” prestò al liberale arrivato a fare il comizio in paese, nella Brescello romanzata me più vera di quella vera di Giovannino Guareschi. “Quanto accaduto a Bari e Torino richiede giustamente l’attenzione del partito. Che fa bene ad attivare tutti gli strumenti previsti affinché chi ha adottato comportamenti che violano le nostre regole, venga estromesso dalla nostra comunità. Ma non posso accettare dichiarazioni di membri di altri partiti o, ancora peggio, di dirigenti del partito stesso. Che si arrogano il diritto di attribuire patenti di moralità o di marchiare il PD con il bollino di un partito di gente disonesta”. Battisti ha una storia, e come moltissimi non accetta che quella storia vada al macero sull’onda del becerume saccente di questi giorni.

Famiglia operaia e fierezza di averla
Sara Battisti

“Care e cari dirigenti del PD: mia madre e mio padre sono due operai in pensione, mio fratello è un operaio e mia sorella una precaria della scuola. Vengo da una famiglia che si è guadagnata con il sudore quel che ha. E forse è stato proprio questo a spingermi ad iscrivermi, più di venticinque anni fa, ad un partito politico di sinistra”. Mani che aprono porte ed alzano serrande, mani come quelle di Sara, mani pulite prima ancora che qualcuno mettesse in spunta di faldone che di Mani Pulite ci fosse bisogno.

“Ho alle spalle una militanza vera fatta di una comunità di tante e tanti che, come me in Provincia di Frosinone, ogni giorno hanno aperto e chiuso i Circoli. Nella granitica convinzione che dal radicamento territoriale passasse la capacità di un partito di essere il punto di contatto tra le istanze dei cittadini e le istituzioni.

E ancora: “Da lì una generazione si è formata e si è fatta classe dirigente nel partito e alla guida delle nostre comunità. Ai salotti, alle luci della ribalta e alle veline avvelenate, abbiamo sempre preferito la nostra gente. Umile, lavoratrice e impegnata a costruire un futuro per i propri figli in un territorio difficile. Le mie settimane, i miei mesi, i miei anni sono stati esclusivamente questo: contatto umano, un elemento per me irrinunciabile”.

Il “silenzio di molti”
Berlinguer tra gli operai (Foto: Archivio Mimmo e Dario Carnevale)

Qualcuno lo urli, cosa significa essere oggi del Pd, lo urli, ché i più sono gente onesta e con idee a cui ha sacrificato vita ed affetti. “Sconvolge il silenzio di molti su questa triste vicenda. Che non fa altro che indebolire una forza politica che dovrebbe avere il solo obiettivo di costruire l’alternativa a questa destra pericolosa politicamente e culturalmente”.

“Mi sarei aspettata più attenzione e più coraggio. Nel difendere la straordinarietà di territori nei quali migliaia e migliaia di donne e uomini per bene migliorano la vita delle proprie comunità. Invece, per una vergognosa e stucchevole guerra interna che già ha fatto tanto male al partito in questi anni, si è assecondata la narrazione di una responsabilità collettiva. E di una comunità compromessa e ‘sporca’”.

La solita guerra tra bande dei dem, la solita Notte dei Lunghi Coltelli che non ha mai un’alba e che pesca in ogni minuto in più di buio per dire che la luce è solo quella di una singola lanterna. Sara Battisti non ci sta. “Io a questo ‘gioco’ non ci sto perché conosco la mia comunità e la difendo con orgoglio! Le prossime ore non le passerò ad assecondare questa discussione sterile ma a costruire consenso intorno al simbolo del Partito Democratico. Cosa che evidentemente in queste ore per molti non è una priorità”.

Perché l’etica è delle donne e degli uomini, non dei partiti, ma se poi i partiti hanno gente come Sara, allora scarrocciare dall’etica è più che mai un singolo fatto. Non un sistema. Un fatto da condannare e sanare, ma non da usare.

Sara che dice no.

FLOP

MARCELLO GEMMATO

Marcello Gemmato (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Lui fa il suo “mestiere” e, trattandosi di mestiere istituzionale di massimo rango in un’Italia polarizzata come non mai, deve conciliare. Un po’ come quegli automobilisti che beccano una multa e che con il vigile devono essere consci dell’errore e disposti a pagare ma incazzati dentro. Il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato sta messo un po’ così ultimamente.

Il tema è quello della Salute, cioè di una mission che lui ha per dicastero, l’Italia ha come target e che gli italiani hanno come croce. Malgrado il Covid e perfino dopo il Covid. La situazione disastrosa del settore la conosciamo tutti, così come pure è noto l’impegno di spesa del tutto insufficiente dell’Esecutivo in carica sullo stesso.

Gemmato però deve conciliare, perciò ha sciorinato una cosa che sta a metà tra mezza ammissione e prova provata del fatto che Palazzo Chigi sul pezzo ci sta e come. Lo ha fatto partendo da un problema “atavico”, aggettivo questo che da sempre serve a tutti i governi per spiegare che no, loro non c’entrano e sono solo ereditieri miserrimi di sfasci altrui. “La carenza di medici è un problema complesso e diffuso che ci vede impegnati fin dai primi mesi di governo”.

Piemonte, Biella ed elezioni

Il tema era la sanità Piemontese e nello specifico la disastrosa situazione dell’ospedale di Biella, il tutto con il profumo di Regionali ed Europee che aleggia sempre più forte nell’aria sotto le Alpi. “È evidente che anche l’ospedale di Biella non è immune da questa sfida, che ha ripercussioni significative sulla qualità e sull’accesso alle cure sanitarie. Tuttavia, per affrontare la carenza di personale medico e del comparto, ridurre l’abuso delle esternalizzazioni, i cosiddetti ‘medici a gettone’”.

Come fare dunque, e qual è la soluzione? Ovvia. E scontata. “Incentivare i professionisti sanitari a svolgere lavoro in più su base volontaria e, di conseguenza, abbattere le liste di attesa”. Ecco perché “questo esecutivo ha previsto l’aumento della tariffa oraria per medici e infermieri. Rispettivamente fino a 100 e a 60 euro, per le prestazioni aggiuntive. Sulla scia di quanto già fatto con il Decreto Bollette nel marzo 2023 in favore del personale impegnato nei reparti di emergenza-urgenza”.

Bilanci e bilanciamenti

Senza dimenticare la “valorizzazione del personale, verso cui in legge di bilancio 2024 abbiamo stanziato 2,4 miliardi di euro. Per il rinnovo contrattuale del personale del Servizio sanitario nazionale, rivedendo al rialzo un accordo collettivo fermo da anni. Ed a testimonianza dell’attenzione al capitale umano, il vero motore e propulsore della nostra sanità”.

Nino Cartabellotta

Sì, ma allora perché siamo ancora messi così su una cosa che è il vero e solo termometro del grado di civiltà di un Paese? L’ha messa bene Nino Cartabellotta, l’uomo di vertice della Fondazione Gimbe. “Nel 2022 36,8 miliardi la spesa sanitaria delle famiglie. 16,7% delle famiglie hanno limitato la spesa sanitaria. 4,2% delle famiglie non ha soldi per la salute in alcuni periodi. Servizio Sanitario Nazionale indietro tutta. Impoverimento delle famiglie avanti tutta”.

Sì, Gemmato sta messo un po’ così: tra quel che sarà e quel che già è. Purtroppo.

Che fa, concilia?

RICCARDO MASTRANGELI

Riccardo Mastrangeli (Foto © Stefano Strani)

La Regione Lazio non ha revocato alcun finanziamento al Comune di Frosinone“: giurano che sia così dall’Ufficio Tecnico del Comune di Frosinone. Ed assicurano che no, non è vera la narrazione sul contributo regionale per l’impianto di basket ubicato tra corso Francia e il complesso Forum. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 10 aprile 2024).

Eppure, carta canta (e villan dorme tranquillo mentre scrive): sta scritto sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio. Per precisione:  pagina 711, in cui si riporta la Determinazione 27 marzo 2023 con cui Regione Lazio revoca i fondi concessi al Comune di Frosinone 4 anni fa per un totale di 50mila euro e si chiede la restituzione dell’acconto di 10mila euro già liquidato.

Cosa va scrivendo la Regione Lazio su quello che è la sua Gazzetta ufficiale? Il Comune ricostruisce che “il finanziamento in questione è stato assegnato nel 2020 e prevedeva una compartecipazione del Comune. Negli anni, i costi dell’opera sono lievitati. A mutare radicalmente la pianificazione e il quadro economico del progetto sono intervenuti la pandemia e i rincari esorbitanti dei materiali. Gli uffici comunali hanno quindi condotto un accurato studio per valutare costi e benefici dell’opera. Ed è emerso che i costi della realizzazione dell’opera erano di fatto raddoppiati, andando così ad alterare significativamente anche la quota di compartecipazione assegnata all’Ente”.

In sintesi: non conveniva più e saggiamente è stato detto ‘no grazie, passo‘. Una versione ineccepibile. Che però fa una piccola grinza. Alla Regione nessuno dal Comune di Frosinone lo aveva detto che il finanziamento non gli interessava più. E così da Roma scrivono una prima volta nel giugno 2020 chiedendo il cronoprogramma dei lavori, riscrivono ad aprile 2021 per sapere a che punto sta il cantiere, scrivono ancora nel febbraio e nel maggio 2022 sollecitando una risposta da Frosinone. Stanchi di aspettare, scrivono un’ultima volta a dicembre 2022 informando d’avere avviato l’iter per revocare il finanziamento e riavere indietro l’anticipo versato.

La versione che fornisce Frosinone è “Lo scorso anno il Comune di Frosinone ha condiviso con la Regione  Lazio l’esigenza di non usufruire più del finanziamento,  per i motivi sopra esposti“. Non si saranno capiti?

Toppa peggiore del buco.