Top e Flop, i protagonisti di martedì 24 ottobre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 24 ottobre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 24 ottobre 2023.

TOP

NINO CARTABELLOTTA – ELLY SCHLEIN

Non si sono venuti incontro a vicenda e per fini tattici. Non è questa la narrazione anche se Mauro Mazza sostiene che se Elly Schlein fa un appello in Sicilia sul tema migranti poi la magistratura “risponde” con Iolanda Apostolico. La Segretaria Dem e l’uomo di punta della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta sono semplicemente in sintonia su un tema.

La prima lo affronta politicamente, cioè puntando dritta alla giugulare delle (presunte) inadeguatezze del governo. Il secondo invece rileva cose grazie alla spaventosa capacità di sintesi statistica dell’organismo non pubblico che presiede. E pare che il risultato in tema di zoppie grosse della Sanità italiana sia stato lo stesso. La Schelin lo ha detto in purezza, Cartabellotta ha lasciato che a parlare per lui fossero i numeri, che hanno sempresempre la coda.

“Giorgia Meloni anziché ravvedersi sui tagli previsti per la Sanità continua a prendere in giro le persone, comprese quelle che l’hanno eletta”. Ha spiegato ancora la leader del Nazareno: “Dire che la Sanità è una priorità ma che l’impegno non si misura sui soldi messi a disposizione è la beffa dopo il danno. Noi pretendiamo che questo governo investa i fondi necessari”.

E in effetti quello che disciplina la manovra economica del governo Meloni sembra essere a tutti gli effetti un punto a sfavore per la Sanità. Schlein ci ha “pucciato” un po’, ovvio, ma il sugo resta. E con essa la diffida “a governare a colpi di propaganda senza tutelare il Servizio Sanitario Nazionale”. E Nino Cartabellotta ha dato i numeri per cui l’assistenza sanitaria sta regredendo, altro che caso Giambruno…

Combo spontanea. E utile.

TAHIR MOUNASSIR

Cattolici e musulmani vengono tutti dalla stessa radice: Abramo. Il resto è materia per teologi, sociologi, esperti in geopolitica. Chi ha un po’ di memoria ed onestà intellettuale ricorda gli anni non troppo lontani in cui nelle chiese ciociare c’era una rigorosa separazione dei banchi: da un lato gli uomini e dall’altro le donne. E nulla contava che fossero coniugati nel sacro vincolo del matrimonio. Allo stesso modo, le signore dovevano andare in giro con il capo coperto da un foulard e non lasciare in vista i capelli. Poi venne la minigonna, gli anni Sessanta, la rivoluzione sessuale.

E sia detto con chiarezza: venne ad ogni latitudine. Anche in Persia, in Turchia, in Libano. Una visione integrale e più rigorosa delle cose arrivò più tardi riportando indietro gli orologi della Storia, con la riabilitazione degli ayatollah che conveniva ai francesi in virtù dei pozzi petroliferi sui quali la Elf potette esercitare una prelazione che fino a quel momento era stata solo delle sette sorelle a stelle e strisce.

A riportare in avanti le lancette ci ha pensato Tahir Mounassir, nome arabo per un ragazzo italianissimo. Che guida una comunità a Pontecorvo. Per la prima volta ha aperto la sede di preghiera alle donne: fino a poco tempo fa non avevano un posto. Quell’apertura non è un ponte verso l’occidente: è un’autostrada verso un mondo al quale l’occidente deve moltissimo in termini di cultura, scienza, matematica. Ma che ad un certo punto è stato confinato e per convenienza ridotto a trovare nell’integralismo le sue radici per non scomparire.

Tahir Mounassir ha messo la cultura al centro. Nella sua associazione si tengono lezioni di arabo perché l’analfabetismo è terreno nel quale proliferano i seminatotri di odio; si insegna l’italiano, perché l’emarginazione è terreno nel quale si sviluppa il rancore.

Figli di Abramo.

FLOP

MICAELA GELERA

Micaela Gelera (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Si era insediata a giugno come Commissario straordinario dell’Inps, nelle intenzioni per un avvicendamento “caldeggiato” con cui il governo Meloni voleva cavarsi il dente di Pasquale Tridico. Micaela Gelera ha di fatto delle responsabilità limitate in quel che sta accadendo in Veneto, ma di fatto è la donna al comando dell’ente da cui la fonte dei guai proviene.

Che poi vi sia un’altra font “a monte” poco cale, in etica ed in politica vale più che in giurisprudenza il principio della “Bassanini”. Ma cosa sta accadendo? Che moltissimi pensionati veneti che hanno versato contributi per tutta la loro vita lavorativa se la stanno vedendo brutta. E pare se la vedranno non bella anche nel 2024.

Con la spada di Damocle infatti dei tagli alla rivalutazione per gli assegni previdenziali considerati più alti confermati anche per il prossimo anno sarà ecatombe. Lo sarà perché 260mila anziani veneti (uno ogni cinque, in pratica) saranno penalizzati “con una perdita media superiore ai 400 euro nell’arco dell’anno che, sommati alle decurtazioni del 2023, diventano 800 euro”.

Ecco, a contare i morsi dell’inflazione quegli 800 euro sono un vero canto funebre per quasi mezzo milione di cittadini. Massimo Cestaro, segretario Spi Cgil del Veneto, l’aveva messa meglio e giù molto dura. “Questo governo considera nababbi pensionati che hanno lavorato 40 anni come operai, insegnanti, infermieri, tecnici, versando sempre i contributi. Tutte persone che stanno pagando a caro prezzo l’inflazione scoppiata nel 2022.

“E che anche quest’anno rischiano di non ricevere la rivalutazione che gli spetta”. E magari la dottoressa Gelera qualcosa in più poteva farla, date le sue prerogative di vertice ed emergenziali. Quelle che in teoria certi guai dovrebbero prevenirli. E scongiurarli.

Il buon senso in pensione.

SANDRO SCHIETROMA

Che un commissario di Fratelli d’Italia senta la necessità di mettersi in mostra davanti a foto e busto che ritraggono Benito Mussolini c’è nulla di strano. Non c’è stranezza perché le radici culturali di quella formazione politica vengono dal fascismo. Sempre meno, è vero: ma nonostante il lavoro e l’impegno di Giorgia Meloni per rendere FdI una formazione di destra europea depurandola dalla nostalgie fasciste, la convinzione di molti è ancora nella coreografia di marce e olii di ricino. Dimenticando la fine in cui ridussero l’Italia.

Meno normale è che busto e foto, in compagnia dell’immagine del criminale di guerra Rodolfo Graziani stiano in bella mostra nella casa di un ex consigliere comunale eletto dal Partito Democratico. (Leggi qui: Commissario Fdi saluta il Duce in casa dell’ex consigliere Pd).

Premesso che ognuno sulla mensola di casa sua può metterci il pantheon che più gli garba e l’ispira, esistono limiti concettuali invalicabili. In casa di chi è stato rappresentante delle istituzioni eletto nel Partito erede delle due forze che più di qualunque altra lottarono contro il nazifascismo, dando vita ad una Repubblica basata sull’antifascismo, non c’è spazio per nostalgie.

Nemmeno se su quella mensola ci stessero con lo stesso presupposto che portò Montanelli ad avere sulla scrivania la foto di Stalin. Ai visitatori stupiti diceva: “È l’uomo che ha ucciso più comunisti di chiunque altro”.

Il problema non è l’ex consigliere comunale Pd di Ferentino Sandro Schietroma: a casa sua può tenerci pure il busto di Landru se non lo infastidisce. Il problema è chi lo ha candidato nel Pd. Chi ha consentito che un soggetto con una storia ed una formazione chiaramente in antitesi con quella del Pd venisse issato nelle istituzioni attraverso una comunità che dell’antifascismo ha fatto la sua bandiera.

Un tempo, per avere la tessera del Pci occorreva essere presentati da due iscritti e sostenere un esame. E pure nella Dc in principio controllavano chi fosse l’iscrivendo. Schietroma non è un insospettabile nostalgico e le sue convinzioni sono note. E proprio per questo chi lo ha candidato, un minimo d’esame di coscienza lo doveva fare. Altrimenti non ci si stupisca della fuga dal Pd: il suo cinismo non è al passo con le sue radici morali. A meno che busti e foto non passino dal cassetto alla mensola a seconda dei governi in carica a Palazzo Chigi e via della Pisana

Antitesi inconciliabile.