Top e Flop, i protagonisti di venerdì 12 aprile 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 12 aprile 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 12 aprile 2024.

TOP

ETTORE ROSATO

“In medio stat virtus”, anche da soli, anzi a volte proprio perché si è scelta la solitudine come antidoto alle chiassate pop. In politica quello là è un valore relativo, perché se da un lato certifica l’ortodossia delle scelte ed in un certo senso la loro integrità, dall’altro paga poco. Ed in un registro di rappresentanza collegiale come quello delle Europee, in cui ognuno tra i grandi va per sé ma tutti devono aggregarsi se piccoli, Azione fa curriculum.

Per andar bene in termini di consenso a giugno? Difficile. Per uscire dal voto di giugno con una patente ribadita di forza propositiva e non tatticheggiante? Ovvio, e per certi versi lodevole.

“Con la nostra lista”

Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica

Lo ha spiegato bene Ettore Rosato, come si muoverà il Partito che fa capo a Carlo Calenda per il cimento d’urna. Con un tweet che è somma del suo pensiero. “Alle elezioni europee noi andiamo con la nostra lista. In queste elezioni i Partiti si misurano la forza delle loro proposte politiche. Le liste di scopo non funzionano, servono progetti politici credibili e comprensibili per gli elettori.

Non sono affatto escluse partnership, sia chiaro, ma senza che questo faccia cadere il Partito nella pronta beva di una convenienza ad ogni costo. “Noi facciamo questo. Lo facciamo con dei partner che decidono, dal giorno dopo le elezioni Europee, di costruire con noi un percorso per un Partito più grande, più competitivo.

Un percorso “che ha la finalità di spezzare questo bipolarismo dove le campagne elettorali sono costellate di promesse irrealizzabili. E fatte da forze che hanno nel populismo la loro capacità di attrazione del consenso”.

E se il vero “nemico” da sconfiggere ed allontanare da Bruxelles è il populismo e la sua capacità di ammal(i)are i massimi sistemi allora la via tracciata da Rosato pare decisamente quella giusta. Che la si sposi in urna o meno.

Machiavelli è una sola.

ADRIANO LAMPAZZI

Adriano Lampazzi

Esistono tanti modi per catalogare i politici. Uno dei più concreti li suddivide tra chi ha la forza e la capacità per guidare la comunità che lo elegge e chi invece preferisce farsi guidare dai suoi elettori. Non è una differenza da poco.

Chi sta nel primo elenco deve avere una capacità di visione dell’intero campo per poter prendere la decisione più ponderata. E deve avere delle idee sulle quali poi poter decidere, guidando i suoi concittadini. Soprattutto deve saper ascoltare avendo l’autoprevolezza ed il garbo per saper dire anche No dove proprio non si può o non si deve. Quelli del secondo elenco hanno la vita molto più facile: non hanno la necessità di sapere, di capire, di guidare, ascoltare e dover dire anche qualche No. A loro basta dire di si a tutti e fare come gli dice la gente. Che poi il Comune vada a zampe all’aria non è affare loro: c’è sempre qualcuno a cui dare la colpa.

Il sindaco di Giuliano di Roma, Adriano Lampazzi appartiene con certezza al primo elenco. Soprattutto in un periodo nel quale all’interno del suo Partito si sta fingendo di muovere guerra a capibastone e cacicchi. Nella realtà si sta solo rimuovendo un gruppo dirigente tentando di rimpiazzarlo con un altro, coprendo la cosa con un velo di coerenza del tutto evanescente.

Piergianni Fiorletta, sindaco di Ferentino

Il Partito Democratico in questo periodo è quanto di più lontano dalla formazione ulivista delle sue origini. È del tutto incapace di leggere e comprendere la società che si candida a governare. Un’incapacità di lettura che la sua base ormai ha acquisito con malcelata rassegnazione. Comportandosi di conseguenza. I fatti sono eloquenti: a Ferentino è stato eletto a stragrande maggioranza un sindaco Dem sostenuto da una coalizione con ampi pezzi del centrodestra; a Sora ha governato un sindaco eletto da una piattaforma civica in cui hanno convissuto serenamente sinistra e destra; nella stessa città oggi governa un sindaco sostenuto dal Pd nonostante lui sia stato per un intera consiliatura il capogruppo della Lega. A Pontecorvo pezzi del Pd stanno con il sindaco di centrodestra mentre ad Aquino è del Partito Comunista il principale collaboratore del sindaco dei Fratelli d’Italia.

A voler allargare l’orizzonte si vedrebbe poi che il patto grazie al quale oggi i 91 Comuni della provincia di Frosinone non hanno emergenze per i rifiuti mette insieme Pd e centrodestra nella governance della Saf, esattamente come il dialogo che ha condotto alla attuale governance del Consorzio Industriale del Lazio. Proprio come ha fatto per due mandati il presidente Pd della Provincia Antonio Pompeo che ha governato chiamando al suo fianco come presidente del Consiglio in due consiliature Danilo Magliocchetti (Forza Italia), in una Luca Zaccari (Lega), in una Daniele Maura (FdI).

Nel Partito Democratico sempre meno ideologizzato, sempre più senza un’identità, tragicamente avviato a declassarsi da Partito a Movimento, la cosa non è stata compresa ed è stata vista con dieci anni di ritardo. Ora vorrebbero provare a dire che così non va.

Adriano Lampazzi in quel Partito ci ha messo la semenza, il terreno buono ed il concime. Sin dai primi giorni. Ma è uno di quelli che sta nel primo elenco. E non ha paura di avere idee, visione politica, argomenti per sostenerla. Per questo, nelle ore scorse ha annunciato la sua candidatura per il terzo mandato da sindaco. E siccome il risultato è ampiamente previsto ha aperto la sua civica ad una visione che è la stessa avuta da Pompeo e dalle coalizioni che hanno stravinto a Ferentino, Veroli, Sora.

E lo ha fatto senza timori né ideologici né reverenziali. Perché sono i sindaci a portare i voti ai Partiti e non il contrario.

Il coraggio della politica.

FLOP

GIANCARLO GIORGETTI

Giancarlo Giorgetti

In politica il “si sapeva” non vale, nel senso che gli scenari al ribasso saranno pure ormai roba da analisi anticipate, ma sono comunque roba bigia. Bigia per chi di quegli scenari è responsabile, diretto o indiretto. Ed in una ipotetica scala valoriale di responsabilità indiretta ma forte Giancarlo Giorgetti sta ai piani alti.

Ci sta perché il ministro dell’Economia è, di fatto ed assieme a quello dell’Interno, il membro di governo dal ruolo più cruciale. Perciò quando le cose vanno di magro non può nascondersi, o può farlo peggio e molto peno dei suoi colleghi. Lo scenario è quello che ci ha consegnato la settimana in chiusura, con una terza legge di Bilancio del governo Meloni difficile.

Più lacrime che risate

Per il 2025 non saranno lacrime e sangue, ma neanche risate e sciampagna, insomma. Repubblica un po’ ci puccia ma tutto sommato dice le cose come stanno. “Già solo per confermare le misure che scadono quest’anno, tra bonus e una tantum, si viaggia verso 23 miliardi.

Tutto questo “senza considerare le spese indifferibili, quelle militari e il sostegno delle missioni all’estero”. E lui, Giorgetti, come l’ha messa? Soft fatalista. “Ci sono degli impegni che intendiamo mantenere come quello della decontribuzione, che scade nel 2024 e vogliamo assolutamente replicare nel 2025. È un impegno che vogliamo mantenere”.

Il merito mesto

Gli “impegni” sono roba strana: servono o a spostare timing ed attenzione dai guai del presente o a fare propaganda di rincalzo. Nel merito infatti la situazione è ben altra e presuppone ammissioni. A denti stretti: “Le nostre previsioni per la crescita economica sono viste al ribasso rispetto alla Nadef. Le previsioni di tipo macroeconomico sono complicate da fare in un quadro di carattere internazionale e geopolitico complicato”.

Brutale ma efficace il “solito” Claudio Cerasa: “Raramente si è visto un def che proietta, negli anni futuri, un debito che sale invece che scendere. Così è: debito al 137,8% quest’anno (parte dal 137,3% del 2023), per poi aumentare al 138,9% nel 2025 e al 139,8% nel 2026″.

Il Def “tiene conto delle nuove regole europee di cui mancano ancora le disposizioni attuative”. La scadenza è prevista per il 20 settembre e in mezzo ci saranno le Europee ed un paio di Regionali clou. E Giorgetti lo sa, lo sa benissimo, e un po’ mastica amaro.

Mogio, ma si sapeva.