La seconda serata di Calcio e Terra. Ricchissima macedonia. Dai ricordi di Orsi a Riva che unì la Sardegna. Dal calcio business ai talenti senza regole ricordati da Incocciati. E poi...
Tutto è bene quel che finisce. Domenica di sole immacolato in Piazza Santa Maria Salome a Veroli, tant’è che alle 19.20, quando la seconda serata di “Calcio e Terra” prende il via, sedie, scalinate e selciato sono ancora roventi.
Passione e sacrificio
Il calcio è passione e sacrificio. Questa volta si è scelto un clima più confidenziale. Palco alle spalle e le sedie che sorreggeranno il peso di ospiti e interlocutori calate sul selciato, quello bollente di prima, e rivolte al pubblico che è ancora poco, ma arriverà.
Qualcuno legge il volantino giallo per memorizzare l’ordine cronologico di apparizione, ma poi torna a ventarsi e aspetta. Si preannuncia subito una ricca macedonia, forse condita con troppo limone e poco zucchero. Tutti ingredienti di ottima qualità, ma serviti tanto velocemente in un’estenuante e lunga maratona di argomenti, volti e nomi che si è finito per perderne sapori e colori.
Eppure qualcuno, con ammirevole stakanovismo e senso di abnegazione è rimasto incollato alla sedia dal primo all’ultimo minuto, quando l’arbitro ha deciso che poteva bastare così, senza recupero. Era intorno alla mezzanotte. Il calcio è passione e sacrificio.
È tutto un business
Proviamo a mettere ordine, almeno in quello delle argomentazioni: il ruolo del portiere, il calcio come identità culturale, business, Gigi Riva “Rombodituono”, business, business, genio calcistico, business, fuoriclasse, rapporti geopolitici e giochi di potere, business, la partita perfetta, Var, tangentopoli, business, calciopoli e business, mondiali e business, business e stadi, Maradona “Pibedeoro”, business.
Indubbiamente una manifestazione di gran classe, di grande interesse, ma per lo più dedicata ai puristi del calcio, anzi alla sua economia. Di nicchia sicuramente.
Per primo fu Fernando Orsi, portiere d’altri tempi della Lazio, che insieme a suo figlio Gabriele e alla giornalista Susanna Marcellini racconta di sè, parla dei suoi tempi di uomini e non di supereroi, in cui l’applicazione, la serietà e la grande preparazione tecnica e atletica non precludevano lo spazio alla leggerezza nell’interpretare un mestiere che era anche, e forse soprattutto, un magnifico gioco.
Rombodituono
Buon argomento che leviga gli spigoli di un pallone dalle troppe angolature. il pubblico è attento, a tratti emozionato, ma già scalpita il secondo ospite, lo scrittore sardo Flavio Soriga. Affascinante, spigliato simpatico. Non male. Anche questa volta ci è andata bene. Si inoltra subito nella descrizione di un popolo, quello sardo e di un Gigi Riva fotografato con un delicato romanticismo.
Qualche aneddoto, il Cagliari come squadra che regala un‘identità ad una regione intera. Qualche stoccata a chi il calcio non lo segue definendolo snob insopportabile ed il microfono inizia a fischiare. Deve essere lo stesso microfono di ieri. (leggi qui Le ragioni misteriose del calcio di Maurizio Stirpe). Il pubblico segue con distaccato interesse, ma si sa, noi ciociari non siamo mai stati un pubblico da grandi applausi. Forse quella piazza, tanto austera era troppo ampia per contenere tutto quel vuoto. Un ambiente più ristretto avrebbe probabilmente ottenuto più calore e partecipazione.
Genio e fuoriclasse
Scende il buio, si accende il grande faro. Neanche il tempo di alzarsi in piedi e rinfrescare le stigmate da postura che fa capoccella sul palco Corrado del Bò. Il calcio è passione e sacrificio. Il clima si fa più austero e serio. Del Bò sfodera un linguaggio affascinante da professorone accademico, ed infatti lo è.
Inizia con la differenza che corre tra il genio calcistico ed il fuoriclasse. Il genio lo identifica con Messi, il fuoriclasse con Ronaldo. Punti di vista.
Del Bò riesce a prenderle sul serio alcune delle più comuni discussioni da bar e portarle con naturalezza su un piano filosofico: esiste davvero la partita perfetta? Quanto può incidere una Nazionale sugli equilibri politici nazionali? E quanto incidono i singoli episodi sul risultato finale di una partita di calcio? E gli errori arbitrali? La vittoria è sempre meritata? Alla fine tutti concordi che errare è umano, perseverare è da arbitri. Saluti, apprezzamenti, applausi. E anche questa è andata.
Sport economy
Ma il meglio è sempre dietro l’angolo. E’ giunto il momento di parlare un po’ di sport economy. Dopo tre ore fitte un argomento leggero e alla portata di tutti ci voleva. Chi meglio di Marco Bellinazzo?
Tutte le nefandezze che hanno attraversato e rovinato l’Italia negli ultimi decenni e che hanno inevitabilmente contaminato il calcio. Tutti i miliardi piovuti sul campionato italiano dalle pay tv che non sono stati mai impiegati in investimenti a lungo termine e nella costruzione di strutture sportive e vivai di nuovi talenti.
Insomma una diagnosi che farebbe vergognare chiunque di sventolare il tricolore, ma alla fine Bellinazzo ci mette la pezza: guarire è possibile.
Per chiudere battutina arguta sul “genio” di Lotito, ma il pubblico non recepisce. Sarà l’ora tarda e la stanchezza. Forse.
Il monologo di Santacaterina
A riportare il clima a temperature più confortevoli sale sul palco Andrea Santacaterina. Breve monologo simpaticissimo, un po’ di ossigeno per tutti. Dura poco purtroppo e di nuovo full immersion sui grandi temi. Il calcio è passione e sacrificio.
Salgono sul palco i campioni del Frosinone. Dovevano essere in quattro, ma due di loro hanno tirato il pacco. Beppe Incocciati e Alessandro Frara possono bastarci. Il primo è di Fiuggi, ha giocato nel Milan che lo pescò dalle giovanili del Palestrina e lo portò a San Siro dove rimase sei anni in prima squadra, nella sua carriera anche il Napoli di Maradona e la Nazionale. Momento religioso.
I ricordi di Beppe
E già, Incocciati prende parola e prima di raccontare i suoi esordi e gradevoli aneddoti sul Pibe de oro, confessa che i suoi successi sono opera di Dio ed esorta i giovani a non allontanarsi dalla preghiera. Siamo così abituati a veder baciare rosari che anche questa ci scivola addosso.
Gli ultimi sprazzi di vitalità di un pubblico che aveva ormai preso la forma delle sedie, si accendono quando il discorso scivola sul presidente Maurizio Stirpe “Un faro, un tifoso legato a squadra e territorio e grande rappresentante della terra ciociara”. Entusiasmo, applausi.
L’arbitro fischia il novantesimo. E’ finita. Ridateci il pallone fatto di pezze e le partite giocate nel cortile tra sassi e fango. Il calcio è passione e sacrificio, una magia a volte catenacciara altre più “olandese”.
Però catenaccio e rimessa gheparda, a noi che abbiamo apprezzato Liedholm ma osannato Trapattoni, non ci pare neanche tanto malaccio. Per il modulo, appuntamento a sabato 29 giugno e qualcuno porti un pallone.