Top e Flop, i protagonisti di martedì 30 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 30 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 30 gennaio 2024.

TOP

ANNA RITA COSSO

Anna Rita Cosso

Mettere a nudo una triste realtà proprio nel momento in cui quella debolezza incide più sul Paese è merito amaro, ma merito resta. E da questo punto di vista l’associazione che presiede Anna Rita Cosso ha fatto il suo dovere. Lo ha fatto egregiamente e su un tema che da noi egregio non lo è, malgrado tutte le promesse spaccone che ci indusse a fare il Covid: la sanità. La presidente di CittadinanzAttiva, quella che punta ad avere cittadini “di sana e robusta Costituzione”, guida un team che ha messo a nudo il problema.

AdnKronos lo ha spiegato meglio: “Liste di attesa ‘incubo’ dei cittadini che si rivolgono al Servizio sanitario nazionale: due anni per una mammografia di screening, tre mesi per un intervento per tumore all’utero che andava effettuato entro un mese. E ancora: “Due mesi per una visita specialistica ginecologica urgente da fissare entro 72 ore, sempre due mesi per una visita di controllo cardiologica da effettuare entro 10 giorni.

Insomma, vecchio problema e nuova croce da portare, una croce che si è tradotta nel consueto balletto politico per cui chi governa dice di averci messo rimedio e risorse. Mentre chi si oppone sostiene che si è fatto pocopochissimo. In questo caso le colpe sono doppie. Perché è vero che chi oggi guida il paese sulla sanità non ha messo quel che servirebbe.

Tuttavia è parimenti vero che chiunque abbia governato in Italia non è mai riuscito a togliere la nostra sanità da quella zona grigia. Da quel blob fra terzomondismo pratico ed eccellenze singole e che non fanno massa. E in tema di sanità è proprio la media statistica a fare la differenza.

Le voci raccolte da Cittadinanzattiva nel 2023 “disegnano un quadro sconfortante. Sui tempi di attesa per prime visite specialistiche con codice di priorità, che dovrebbero essere garantite entro 10 giorni, le segnalazioni dei cittadini all’associazione denunciano attese anche 60 giorni. Questo “per la prima visita cardiologica, endocrinologica, oncologica e pneumologica”.

E senza codice di priorità si arriva “ad aspettare 360 giorni per una visita endocrinologica e 300 per una cardiologica. Una visita specialistica ginecologica urgente (da effettuare entro 72 ore) è stata fissata dopo 60 giorni dalla richiesta”.

Praticamente quasi tutte le Regioni non hanno recuperato le prestazioni in ritardo a causa della pandemia. Poche hanno utilizzato il fondo di 500 milioni stanziati nel 2022 per il recupero delle liste d’attesa. E’ rimasto inutilizzato circa il 33%, per un totale di 165 milioni. E’ uno sconcio vero.

L’elenco è lungo e doloroso, e l’associazione guidata da Cosso lo ha redatto come andava fatto: senza fronzoli, e con tutta la mestizia di una situazione a mollo in una eterna palude.

Attiva per la cittadinanza.

CLAUDIO SPATARO

Claudio Spataro ai tempi dell’Isolaliri

I sogni non hanno età. Non sbiadiscono ma anzi si colorano sempre di più. Assumono tono e consistenza a mano a mano che chi c’era ed ha visto lo tramanda a chi non c’era e non ha potuto assistere a quelle gesta. Isola del Liri sportiva non ha dimenticato le imprese di Claudio Spataro, il bomber che indossò la maglietta a strisce bianche e rosse nella stagione 1992-1993 realizzando 16 reti nelle 24 partite giocate prima che un infortunio lo fermasse per dieci giornate. L’anno successivo venne utilizzato ma centrò comunque la media di una rete ogni due gare. Poi il trasferimento a Marsala per vincere il campionato ed approdare in C2.

Ora vive e lavora a Vicenza. È stato invitato ad Isola del Liri per la sfida di domenica scorsa contro la capolista. Lui è andato, portando la famiglia e macinando 800 chilometri. Al di là dell’aspetto sportivo c’è un immenso segnale dietro a questa storia. Il segnale è che lo sport non è fatto solo di denaro, i ragazzi con gli scarpini ai piedi non pensano solo ai soldi: c’è cuore, c’è passione, c’è attaccamento ad una terra che accoglie. Un po’ come fu Cagliari per l’infinito Gigi Riva.

Isola del Liri ha avuto il suo bomber da sogno. Che ora mette in rete il goal più importante: quello con cui dire ai ragazzi che si ragiona con la testa e con il cuore. Mentre il portafogli è solo un accessorio.

Il goal più bello.

FLOP

CARLO CALENDA

Carlo Calenda (Foto: Andrea Panegrossi / Imagoeconomica)

Ad ognuno di noi prima o poi capita di fare-dire una cosa non del tutto a fuoco con la realtà. Capita a tutti, e tra quei tutti ovviamente ci sta anche Carlo Calenda. Cioè un politico quadrato ed in gamba che ha appena incassato l’adesione (annunciata) ad Azione di Elena Bonetti ed Ettore Rosato. Politico che a volte si lascia andare a considerazioni social che non sono proprio il top di gamma, a conoscere il contesto.

E il guaio è proprio quello per cui Calenda è esperto, quindi il contesto lo conosce benissimo. Ed è pratico, quindi dovrebbe sapere a menadito che la politica internazionale, dopo eventi clou tipo due guerre in tre anni, non è più fatta di blocchi di adesione “a prescindere”.

Spieghiamola meglio con un esempio: Giorgia Meloni è leader di un partito conservatore che prima di essere leader del paese non ha certo dato manifestazioni di vicinanza ad uno come Joe Biden, che è democratico Usa. Cioè in molte cose antitetico alle destre europee. Poi Meloni è salita a Palazzo Chigi con la guerra in Ucraina in corso ed è diventata la giannizzera numero uno di Biden, della Nato e dell’atlantismo oltranzista. Si chiamano circostanze mutate e se ben amministrate non sono mai peccato mortale, solo target di retorica.

La stoccata a “Giuseppi”

Il fatto quindi che Calenda abbia twittato cose su Giuseppe Conte in quell’ottica di polarizzazione non è stato molto saggio. “Conte non vuole esprimersi sulla vicinanza a Trump o a Biden. Questo signore è stato il Presidente del Consiglio di un governo sostenuto da PD, 5S e IV e definito grande punto di riferimento dei progressisti. Poi uno si chiede perché i progressisti sono in crisi”.

Non è così, e se la crisi dei progressisti c’è (e c’è e come) non dipende dal fatto che essi non sanno chi scegliere tra un 80enne che ha preso molte cantonate ed un tycoon mattoide ed ursino. Un bulldozer che però, anche al netto di molte sue impresentabili uscite, in politica estera di cantonate ne ha prese molte di meno.

Conte non è solo quello di “Giuseppi” e non può essere solo quello che riconosce a prescindere la casella più prog in cui sta Biden. E’ (anche) il leader di un partito che sull’invio di armi a Kiev ha detto, piaccia o meno, la sua e lo ha fatto con forza. Armi del cui invio l’America di Biden è stata parte attiva ed irremovibile. Quindi ha ripiegato sul solo interesse nazionale ed ha glissato.

Non poteva fare altrimenti. Perciò che Calenda lo abbia pizzicato su un tema così controverso e sfaccettato è apparso decisamente pleonastico. Leggasi inutile.

Tra lui e lei…

VITTORIO SGARBI

Foto: Marco Ponzianelli © Imagoeconomica

«est modus in rebus sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum»: Orazio non aveva dubbi, per lui “esiste una misura nelle cose; esistono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto”. Lo scrisse nelle sue Satire. Che il sindaco di Arpino Vittorio Sgarbi conoscerà sicuramente. Ma che ha deciso di disapplicare.

Come dimostra l’imbarazzante uscita fatte nelle ore scorse contro il giornalista di Report Manuele Bonaccorsi. Al quale ha augurato ogni genere di male fisico, insultandolo e minacciando anche di abbassarsi i pantaloni per mostrare la dotazione di cui la natura l’ha fornito. Il giornalista lo aveva raggiunto per un’altra storia di quadri finita al centro delle indagini; stavolta si ipotizza l’illecita esportazione.

Al di là di torti e ragioni. Al di là di quella che Sgarbi ritene sia una “reiterata opera di diffamazione” nei suoi confronti, basata su “ipotesi menzognere relative al valore del dipinto“. È il modo a fare l’uomo ed il suo tratto. E che Vittorio Sgarbi non fosse uomo di fioretto era ben noto: predilige la scimitarra. Ma il suo impegno a viso aperto nella scorsa tornata elettorale andava riconosciuto e compensato.

Ciò che non era dovuto ma è stata frutto di scelta, è la candidatura e l’elezione a sindaco di Arpino. Città che con questi modus ha ben poco da spartire. Un sindaco così estemporaneo non lo ha avuto nei secoli della sua storia.

E forse sarebbe il momento che qualcuno, in Aula, gliene chiedesse conto. Non per la sostanza dei sospetti: quella la misureranno le indagini. Ma per il modus con cui li affronta. Quello è un vero rebus.

Fuori dai limiti.