Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 7 febbraio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 7 febbraio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 7 febbraio 2024.

TOP

MICHELE DE PASCALE

Michele De Pascale (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Lui è il presidente dell’Upi e sindaco di Ravenna, quindi una delle persone tecnicamente più qualificate del panorama dei governi territoriali. A dire cosa? A fare un’analisi sullo stato dell’arte di quella terra di mezzo che sta tra la Delrio e i fondi che mancano per resettare la medesima.

Stiamo parlando delle Province, che però ed in barba ad una loro certa nomea “soft” malgrado la nuova conformazione amministrativa starebbero facendo mirabilia. Almeno è quello che, dati alla mano, mette sul piatto della discussone l’uomo di punta della loro unione, Michele De Pascale. “Nei primi otto mesi del 2023 le province hanno gestito bandi di gara per un valore di 7,4 miliardi, rispetto ai 3,9 registrati nel biennio 2018/2019”.

Che significa? Che i fondi a disposizione quelle amministrazioni li stanno gestendo egregiamente, e che sul Pnrr la parola “volano” per le Province è perfetta. “Un vero boom degli investimenti che dimostra che le Province stanno avendo un ruolo chiave nella sfida del Paese ad attuare il Pnrr e che hanno saputo rispondere positivamente al nuovo codice degli appalti”.

E se lo dice l’Anac…

I dati che cita De Pascale, che ha anche scritto ad Amadeus con San Remo in esordio pregandolo di far diventare Romagna Mia un inno al riscatto romagnolo dopo l’alluvione, sono mutuati da uno studio. E’ stato realizzato dall’Unione delle Province sulla base di documenti analitici dell’ANAC.

Cioè dell’ente che deve vigilare proprio sulla possibilità che quella velocità non implichi storture in punto di Diritto. “Siamo molto orgogliosi di questi risultati perché evidenziano l’efficienza e il senso di responsabilità delle province che hanno un ruolo chiave nello sviluppo e la coesione dei territori”.

Bene, ed è per questo motivo che De Pascale ritiene che le Province siano pronte. A cosa? Ad un salto di qualità in senso decisionale e strutturale. “Bisogna restituire maggiore centralità alle province, puntando su questa istituzione per tutte le funzioni che riguardano lo sviluppo territoriale e restituendo ai cittadini il diritto di scegliere direttamente i propri rappresentanti.

La spunta è sotto al legiferato di riferimento, cioè a quel “Dl Elezioni attualmente incardinato al senato”, che per De Pascale “è l’occasione per dare il giusto ruolo alle province”.

Questo “a partire dall’elezione diretta dei presidente all’istituzione delle giunte, dall’attribuzione delle funzioni di pianificazione strategica all’allineamento della durata dei mandati di presidenza a Consigli”.

Il senso è che se vanno veloci e non brigano dare loro più snellezza è un dovere, oltre che un’opportunità

Diamoci una regolata.

ARTURO BUONGIOVANNI jr

Arturo Buongiovanni

Parlata fluente, cultura vasta e non di superficie, accompagnate ad una evidente capacità di visione strategica ed abilità relazionale: se abbia i numeri per essere un buon sindaco è presto per saperlo ma che abbia le doti perfette per essere il candidato del centrodestra alle prossime elezioni comunali di Cassino è un’evidenza.

L’avvocato Arturo Buongiovanni jr (per distinguerlo dall’omonimo che si occupava di camorristi negli anni Novanta) è un asso nella manica. Giocato al momento giusto. Ed affinché non appaia retribuita partigianeria andiamo a sostanziare.

È l’esatto opposto del sindaco uscente Enzo Salera. Scegliere lui significa non scendere sul terreno preparato in questi cinque anni dall’amministrazione di centrosinistra che ha governato Cassino. Ma sfidarla su un fronte differente. Non quello tecnico, non quello dei cantieri, non quello dei conti e dei bilanci. Ogni manuale di strategia insegna che chi sceglie il terreno ha già metà del vantaggio; in questo caso, non accettare il terreno indicato dall’avversario rimette in equilibrio una partita data già con il risultato definito prima del fischio d’inizio.

Arturo Buongiovanni jr parla in maniera affabile, Enzo Salera ringhia; l’avvocato viene dal mondo cattolico e guida il Movimento per la Vita, il sindaco al suo confronto è un laico ortodosso. Lo sfidante parla di prospettiva, lo sfidato parla con i numeri. Buongiovanni è inclusivo: nella sua prima uscita ha spalancato le porte innanzitutto a quelli che sono più perplessi di fronte al suo nome e cioè Fratelli d’Italia e civici delle Primarie; Salera ha esasperato in questi anni il confronto con la sua presidente d’Aula Barbara Di Rollo e non ha fatto concessioni a Luca fardelli che comunque dalla sua area politica proviene.

Chi sia il migliore dovranno dirlo a giugno gli elettori di Cassino. Ma che Arturo Buongiovanni jr sia l’esatto opposto di Enzo Salera è un’evidenza. E questo lo rende il candidati migliore.

Il coniglio bianco nel cilindro del mago Mario.

DOMENICO POLSELLI

I veri lupi di mare si riconoscono nella tempesta: a navigare con la bonaccia sono bravi tutti quanti. È il caso di Domenico Polselli, presidente della Banca Popolare del Frusinate nonché imprenditore di lungo corso. Di fronte alla tempesta giudiziaria che ha colpito il massimo vertice del suo istituto di credito non ha esitato un secondo. Ha riunito il board ed ha preso posizione. Confermando senza se e senza ma la fiducia nel direttore generale ed amministratore delegato Rinaldo Scaccia. (Leggi qui: Prestiti facili, Scaccia ai domiciliari. Bpf “Piena fiducia in lui”).

Come tutti quelli che ricoprono una posizione di vertice, Scaccia già altre volte era finito sotto la lente d’ingrandimento della magistratura. Doveroso. Ogni volta ne è uscito più pulito di come ce lo avevano infilato: prosciolto senza dover arrivare a processi. Non è per questo che il presidente Polselli ha ribadito la totale fiducia nel suo uomo al comando.

Lo ha fatto senza avere letto le carte. Sulla fiducia. Come si fa tra uomini. Lasciando alla magistratura ogni considerazione che riterrà opportuna sul piano penale. Avrebbe potuto dimissionarlo, rinnegarlo, sostituirlo. Non lo ha fatto e gli ha ribadito il totale appoggio. Allontanando eventuali avvoltoi che dovessero avvicinarsi: non ci sono carcasse da beccare intorno alla Bpf. Polselli lo ha messo in chiaro ricordando i numeri del suo istituto: ha ricordato che la questione impatta per meno del 5% “dell’intero ammontare dei crediti erogati dalla Banca”. Assicurato che dietro a quei prestiti ci sono “garanzie reali ipotecarie per un importo pari al 200% del credito erogato”. Evidenziato che Bpf usufruisce di un patrimonio pari ad 111 milioni di euro “con un Cet 1 pari al 18,19%”.

Il capitano nella tempesta.

FLOP

GIOVANNI RUSSO

Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria è di fatto il punto di raccordo tra ciò che si legifera in materia di carceri e ciò che nelle carceri poi effettivamente avviene. Ed è per questo motivo che in questa sede sono chiamate “carceri” e non istituti di detenzione. Perché i dati ci dicono che quelli sono posti sovraffollati, indatti a finalità di recupero in società e fucine di brutture che mortificano la dignità dell’essere umano.

La premessa ci sta: il problema è antico, atavico ed irrisolto da anni ed annorum, come diceva Guareschi, ma questo non emenda chi oggi del Dap regge le sorti in vertice. Da un anno e qualche settimana Giovanni Russo è a capo di una struttura che ha evidenziato ancora una volta tutte le sue pecche. Lenta e goffa in burocrazia e inerte in metodo.

La premier Giorgia Meloni ha precisato proprio in queste ore che serve costruire più carceri o allargare quelle attive, e non certo limitare le detenzioni. E’ una linea, ma il dato è che le carceri e metodi sono indegni del rating italiano come nona economia del mondo, guida del G7 e paese occidentale di punta. Passi lo sconcio della presentazione del libro di Giuliano Amato prevista a San Vittore e fatta slittare a poche ore dall’evento stesso.

Magi solleva il tema “politico”

Passi l’inadeguatezza della risposta, ma il problema è un altro e concerne il concetto stesso di detenzione. Lo ha messo bene a fuoco Riccardo Magi di + Europa, anche se su un tema “di bandiera”. “Il sistema della detenzione in Italia è al collasso, sia per quanto riguarda gli istituti penitenziari che per i Cpr. E la premier Meloni ci dice invece che la soluzione è aumentare la capienza delle carceri e costruire nuovi centri per migranti”.

Poi l’affondo: “Nulla di più sbagliato. Noi siamo fermamente convinti, per esempio, che i Centri di permanenza e rimpatrio per migranti vadano chiusi e che, inoltre, chi ha meno di un anno di pena da scontare dovrebbe andare in un luogo diverso dal carcere”. Cioè, per Magi, “un luogo in cui poter essere avviato a un percorsi di formazione lavorativa, professionale”. Ecco, se il carcere fosse un istituto di detenzione, l’alterità invocata da Magi sarebbe inutile.

Il problema non è tanto la differenza di opinioni sul tema, quanto piuttosto il fatto che una linea appaia più giusta per evidente carenza della seconda. Ecco, alla base di quella carenza c’è di fatto, non foss’altro che per spunta istituzionale di responsabilità, il Dap.

Ed oggi il Dap lo guida Russo, e non da un mese. Quindi faccia qualcosa, subito e bene.

Prigioniero di un loop.