Top e Flop, i protagonisti di sabato 17 giugno 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 17 giugno 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 17 giugno 2023.

ROMANO PRODI

Romano Prodi (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

Questa è stata la settimana in cui la scomparsa di Silvio Berlusconi ha cannibalizzato, gioco forza e senza che la cosa abbia suscitato scalpore nelle menti senzienti, ogni altro avvenimento. E gioco forza ha messo in una sorta di “secondo piano” altri drammatici addii, come quello ad esempio dell’attore Francesco Nuti. Di lui e di Flavia Franzoni moglie dell’ex premier e fondatore dell’Ulivo Romano Prodi.

Al di là però del fisiologico gigantismo della dipartita del Cav e della “legittimità” del clamore mediatico che esso ha suscitato resta un dato. È quello per cui la morte della moglie di Prodi ha costituito un “contraltare” di pacatezza che ha segnato come forse non mai, nel momento del dolore, le differenze di approccio. L’ex premier ulivista ha messo a regime una discrezione che lo ha sempre connotato, anche in momenti decisamente meno devastanti ed intimi di questo.

Ed anche se molti media hanno riesumato le sue parole in ordine a come aveva conosciuto la professoressa Franzoni in realtà egli ha dato a quella morte, pur pubblica, una dimensione precisa che si è esaurita tutta nella cerchia dei cari ed in pochissime, toccanti dichiarazioni pubbliche. E l’effetto contrappunto, non cercato ma comunque ottenuto a prescindere, c’è stato tutto. E perfino in quelle tenere parole prese in prestito ex post dopo la morte dell’amata coniuge sono apparse la prova provata che per far parlare un leader sobrio per natura dei fatti suoi personali devi scavare nelle finestre del passato.

Lo devi fare perché il presente, specie quando è più privato che pubblico, è roba che appartiene solo a te come uomo. Perciò riequilibriamo i titoli click-bait e spieghiamo che Prodi, che ieri ha dato il suo addio terreno alla moglie a Bologna, la più parte di quelle cose non le ha dette in occasione della morte della moglie, ma altrove nel tempo e nello spazio. “Eravamo vicini di casa, ci siamo conosciuti a Reggio Emilia e io facevo la corte a Flavia. Lei era bella, io brutto, però dopo tre anni ce l’ho fatta e oggi siamo qui”.

Il trucco? La manutenzione. Il segreto è la manutenzione degli affetti, necessaria, perché nella vita ci sono sempre difficoltà e inconvenienti ma se c’è affetto si supera tutto“. Ecco, anche quella di tacere o parlare poco è stata manutenzione, e il professor Prodi l’ha fatta benissimo. L’ha fatta al suo dolore ed al legame con lei che, andando via, lo ha innescato. Lacerante ma discreto.

In silenzio, come dev’essere.

BENEDETTO LEONE

Benedetto Leone

Ha imbracciato la penna e tracciato il solco. Indicando la rotta sulla quale dovrà incamminarsi il centrodestra di Cassino per arrivare alle elezioni Comunali 2024. Benedetto Leone, già vicesindaco di Carlo Maria D’Alessandro nelle ore scorse ha invocato “Primarie vere, aperte, coinvolgenti e partecipate. Le primarie della città per individuare La candidata o il candidato migliore per vincere le prossime elezioni comunali. Chi meglio del cittadino è in grado di scegliere il profilo più giusto per guidare la coalizione del cambiamento della nostra città? Nessun altro. Diamo la parola ai cassinati, senza paura e sono sicuro che non ci deluderanno. Sceglieranno il migliore”.

Non è un’operazione banale, non è una rotta scontata. Al contrario. perché questa volta Benedetto Leone ha compiuto un gesto assolutamente di coraggio. Perché se nelle prossime ore nessuno dal centrodestra dovesse rispondere al suo appello, peggio ancora se dovessero rispondere in maniera negativa, Leone si sarà reso protagonista del più clamoroso autoaffondamento nella politica cassinate.

Al contrario però, se da oggi dovessero cominciare ad arrivare adesioni convinte, l’ex vicesindaco sarà il padre di un percorso capace di costruire un progetto unitario che nel repertorio del centrodestra Cassinate manca. Capace di far saltare allegramente tante aspirazioni già manifestate con una certa convinzione nei giorni scorsi. Chi reclamandole per diritto di militanza, chi per anzianità di caserma. In ogni caso, roba che sugli elettori ha la stessa presa di una minestrina messa sul tavolo appioppandogli un nome da novelle cousine: sempre minestrina resta.

Le primarie metterebbero tanti aspiranti di fronte all’oggettivo limite della propria aspirazione: i voti.

Non solo: metterebbero i Partiti di fronte alla necessità di aprirsi ad un confronto trasversale. Perché se alle primarie partecipassero candidati estranei alle scuderie ed alle bandiere e riportassero ottimi consensi al punto di vincere la consultazione? A quel punto che fine farebbe il veto pronunciato in diretta su Teleuniverso dalla sub coordinatrice provinciale di Forza Italia Rossella Chiusaroli?

È per questo che la rotta indicata da Benedetto leone è dannatamente rischiosa. Ma proprio per questo motivi è quella capace di aggregare un centrodestra temibile per il centrosinistra del sindaco uscente Enzo Salera.

Leone furbo come una volpe.

FLOP

PIETRO VOLANTE

Pietro Volante, sindaco di Atina

AAA Assessore Cercasi. Come se fosse un fattorino, un usciere, un impiegato… Ad Atina gli assessori non si cercano sulla base del rapporto di fiducia con l’amministrazione in carica ed il sindaco. Ma con un avviso pubblico. Metodo che venne sperimentato dai primi sindaci grillini oltre una decina di anni fa e poi subito accantonato considerati i risultati quantomeno improbabili.

Non riuscendo a completare la sua giunta per assenza di una figura femminile alla quale affidare un assessorato, il sindaco Pietro Volante ha emanato un bando pubblico nel quale venivano indicati i requisiti per poter esprimere la propria disponibilità a fare l’assessore. Quali? Esser maggiorenni con “un significativo legame con Atina“, aver “condiviso il percorso politico, il programma elettorale, gli obiettivi, le finalità dell’amministrazione in carica e possedere un’adeguata esperienza tecnica, amministrativa e professionale“.

La neo assessora avrebbe affiancato la squadra di governo già allestita: il vicesindaco Valter Fasoli, gli assessori Simone Nardone e Immacolata Fortucci Crolla.

Il bando è stato revocato ieri, su sollecitazione dell’opposizione. Che è caduta con tutte le scarpe nel tranello del neo sindaco: tutt’altro che sprovveduto, men che meno con manie grilline. Quel bando in realtà serviva al sindaco Pietro Volante per poter gabbare la norma ed avere la legittimazione a fare la giunta un po’ come gli pare.

Perché? Nei Comuni con più di 3mila abitanti “nessuno dei due sessi può essere rappresentato nella Giunta in misura inferiore al 40 per cento“. Nel bando viene specificato che le altre due candidate non elette al Consiglio hanno declinato l’offerta, delle elette una è in giunta (Fortucci Crolla) l’altra è stata designata presidente del Consiglio comunale (Sandra Dragonetti).

È chiaro che il bando sia uno specchietto per le allodole: dal momento che si pone come requisito di condividere le linee programmatiche presentate all’organo consiliare”. Ma il sindaco non ha ancora illustrato all’Aula le sue linee programmatiche: impossibile che un aspirante assessore sia nelle condizioni di valutarle.

Verrà riproposto. Ed una volta che nessuno avrà risposto o nessuna tra le aspiranti avrà i requisiti necessari, il sindaco nominerà chi vuole senza rispettare la norma di genere. Esibendo al prefetto il risultato del bando andato a vuoto.

Furbate da Prima repubblica.

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini (Foto: Alexandros Michailidis © Imagoeconomica)

La “vendetta” di Matteo Salvini non è arrivata a scalfire ciò che in questi giorni è stato definito il “margine di resistenza” dei vertici Rai alla colonizzazione coatta del governo Meloni. E attenzione: a ben vedere questo non è punto di demerito per l’esecutivo, semmai il contrario. Tuttavia ci sono prove provate per cui il vicepremier e leader leghista avrebbe fatto il diavolo a quattro per ottenere una testa in particolare.

Quale? Quella di Marco Damilano. Il giornalista invece è stato confermato in organico ed ha ancora un anno di contratto. Damilano, come spiega Ansa, “gode della fiducia di Corsini e l’ex direttore dell’Espresso resterà dunque alla guida de Il cavallo e la Torre in access prime time su Rai3”.

Cosa avrebbe potuto minare la posizione di Damilano e dare input ad una defenestrazione forzosa ancorché legittima? Il fatto che il giornalista è da giorni nel mirino della Lega per l’inchiesta sull’hotel Metropol ospitata dal settimanale L’Espresso quando Damilano ne teneva la barra. L’inchiesta era stata sgonfiata anche da un giudicato e le presunte e a questo punto narrate ma non provate paturnie della Lega nei confronti della Mosca di Putin non erano diventate oggetto di accertamento in punto di Diritto.

E Salvini aveva operato a lungo per avere la sua libbra di carne proprio nei giorni che consegnavano alla storia un uomo che un solo pessimo esempio vero ha dato su tema: quello dell’editto “bulgaro” su Biagi, Luttazzi e Santoro illo tempore. Che Damilano abbia gonfiato un’inchiesta non è stata cosa splendida, ma che Salvini sia perennemente a caccia del martirio di ritorno su episodi del suo periodo più truce e pubblicisticamente ossessivo non lo è altrettanto.

Con la differenza che oggi Salvini è un numero due a capo di un Governo che pare molto meno epuratore di quanto non suggerisca la vulgata avversaria. E come al solito non si è messo in scia ed ha voluto fare l’eccezione invece che la regola.

Il Ponte è anche una metafora Mattè.