Top e Flop, i protagonisti di sabato 30 dicembre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti del 2023. Per capire cosa ci attende nell’anno che è ormai alle porte.

I fatti, i personaggi ed i protagonisti del 2023. Per capire cosa ci attende nell’anno che è ormai alle porte.

VINCENZO FORMISANO

Il professor Vincenzo Formisano, alle sue spalle la foto di Donato (Foto © Roberto Vettese)

L’anno più difficile. Perché il 2023 è stato quello del post covid, dei numeri che devono tornare in ordine, delle cifre strepitose centrate negli anni precedenti e che devono essere comunque superate. Ma il mondo del Credito e quello della Finanza non possono essere scritti solo con i tratti di due colori: il nero per l’attivo ed il rosso per il passivo. Non possono sostituire il cuore con una calcolatrice. E nel 2023 nel ha dato ampia dimostrazione il professor Vincenzo Formisano, economista, docente di economia aziendale all’Università di Cassino, presidente della Banca Popolare del Cassinate, vice presidente nazionale di Assopopolari.

A febbraio il prof stupisce tutti quando decide riunire i principali stakeholder del territorio: per chiedergli di definire insieme una strategia più strutturata di Bpc sui temi della sostenibilità.  Che è come allungarsi sul lettino dell’analista per un’ultimo giro di verifica prima di lanciarsi in una scelta importante. Come dire: signori, io vedo così il mondo ed intendo agire di conseguenza, ma voi come lo vedete? Al tempo stesso c’è un altro messaggio: al mondo delle banche. Al quale Vincenzo Formisano ha detto che non sono solo i conti e gli algoritmi a determinare le scelte.

Un altro segnale lo manda il mese successivo. Lo fa nel pieno del dibattito sul futuro delle banche. I disfattisti prevedono la ‘desertificazione bancaria’ cioè via gli sportelli per trasferire tutto on line. Formisano ci vede invece un’opportunità. Ed annuncia un polo del fintech di dimensione nazionale. Nel quale formare e specializzare i giovani nei nuovi modelli di business, di processi, di prodotti nati dall’innovazione finanziaria. Anticipare i modelli per non farsi sorpassare.

Vincenzo Formisano

Non è un caso che a marzo la rivista specializzata Altroconsumo decida di assegnare la quinta stella a Bpc per la qualità dei suoi servizi: è il massimo che il giornale dei consumatori assegna. Nell’atlante delle banche, la Popolare del Cassinate risulta la prima Popolare e la terza Banca del Lazio: Formisano ribadisce la scelta di Bpc, essere ‘diversamente grande‘ e governata ‘da artigiani del credito‘. Ad aprile i numeri confermano gli obiettivi finanziari ma durante l’assemblea dei soci il prof fa proprio un documento di Bankitalia e lancia la sfida sottolineando che c’è un mondo oltre il denaro e quel mondo si sta esaurendo. Per questo chiede al sistema delle banche di lavorare per un mondo più sostenibile e un’economia più green, per una società in cui la tutela delle fragilità e le pari opportunità siano valori centrali.

Anche per visioni come questa, a luglio l’assemblea di Assopopolari conferma Vincenzo Formisano come vicepresidente. Alla testa di 54 banche, 3793 sportelli, 6,5 milioni di clienti, 213 miliardi di attivo. «Continuerò con forza a difendere i valori e i principi del credito popolare» assicura.

È lui in autunno a lanciare un monito al mondo politico: la componentistica dell’automotive sta lasciando la provincia di Frosinone e sta investendo in Nordafrica. Il tema viene inserito negli Stati Generali che si riuniranno a dicembre. Il governatore Francesco Rocca giura che ne terrà conto.

Il cuore al posto della calcolatrice.

FABIO DE ANGELIS

Fabio De Angelis

Stagioni. La politica è fatta di stagioni. C’è quella dell’antipolitica, nella quale chiunque osi nominare il sistema dei Partiti finisce linciato. C’è quella del reflusso, nella quale ci si rende conto che solo un sistema organizzato ha la capacità di affrontare in maniera ordinata le cose e quindi i Partiti sono indispensabili. E poi c’è la stagione della politica urlata: nella quale non conta quello che dici ma basta che lo dici urlando così la gente pensa che tu stia interpretando la loro rabbia. Poi ci si rende conto che nessuno ha sentito Mario Draghi ululare ma il suo Whatever it takes ha cambiato l’economia mondiale.

Un tempo si diceva che non esistono politici per tutte le stagioni. Altri tempi. Oggi invece è un continuo trasformarsi per seguire la pancia della gente ed adattarsi ai suoi umori. Un modo per restare sempre incollati al potere. Non ha seguito le mode Fabio De Angelis, diventato nel 2023 presidente della società pubblica Saf composta da tutti i Comuni ciociari in parti uguali per occuparsi dello smaltimento dei loro rifiuti.

Fabio De Angelis (Foto © Massimo Scaccia)

È rimasto coerente con se stesso, con il suo modo di vedere le cose e di interpretare la politica. Hanno chiamato lui alla presidenza non perché fosse alla moda ma perché era il più adatto ed il più competente per quel ruolo. È stato vicepresidente della Provincia con Antonello Iannarilli alla guida, presidente della società pubblica per l’Energia, dirigente nazionale di Alleanza Nazionale. Eppure sul territorio non si ricorda uno scontro, un assalto, un agguato al quale abbia partecipato. Perché Fabio De Angelis non è uomo da baionetta ma da diplomazia, non è uomo da mobilitazione delle truppe ma come Sun Tzu è consapevole che la migliore battaglia è quella che non viene combattuta. O perché il tuo avversario è consapevole che lo batterai o perchè tu sai che sei in inferiorità e non si fanno battaglie a perdere.

Serviva esattamente uno come lui per governare una realtà strategica per la Ciociaria. Nel bene e nel male in questi 25 anni è stata Saf ad impedire che diventassimo ostaggio dei signori delle ecomafie. Saf ha impedito che la Ciociaria vivesse di nuovo quello che negli anni successivi ha vissuto Napoli finché non si è dotata di termovalorizzatore e sta vivendo ancora oggi Roma perché non ne ha uno.

Ma per guidare una realtà simile non basta l’appartenenza politica. Occorre la competenza tecnica. E la capacità di relazione per dialogare con i 91 sindaci. Che sono, al tempo stesso clienti ma anche soci. Non è un caso che Fabio De Angelis sia il risultato di un dialogo che ha messo d’accordo senza molte difficoltà il centrodestra ed il centrosinistra. E non per una questione di moda: lui non le insegue, ha aspettato che servisse uno come lui.

Nel frattempo, al Congresso Provinciale di Fratelli d’Italia ha fatto sentire tutto il suo peso politico: senza incrociare le lame ma affinando la sintonia. Alle elezioni Provinciali ha scommesso sul rientro di Alessandro Cardinali: è stato il valore aggiunto per il Partito, il seggio in più che gli ha consentito di scavalcare la Lega. In silenzio. E senza andare agli scontri.

L’eminenza dei Fratelli.

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte

Il suo è stato un gennaio 2023 all’insegna di un brand difficilmente erodibile. Vale a dire quello del leader del movimento-partito che aveva tenuto a battesimo e messo a regime il Reddito di Cittadinanza. Ecco perché poi, per converso, Giuseppe Conte è diventato il baluardo vivente contro un governo che sul Rdc ha premuto il tasto reset.

Ma Conte è stato anche altro e, intelligentemente, si è giocato una briscola geopolitica unica. Cioè quella del no alle armi a Kiev ed all’appeasement totale dell’Italia alla Nato di Jens Stoltenberg. L’avvocato del popolo si è messo in agenda una doppia mission e per tutto il 2023 l’ha tampinata come una quaglia. Da un lato restare fedele ad un’impronta pop che è marchio di fabbrica del M5s. Dall’altro usare quella patente di “oppositore vero” per tenere in angolo e con l’allume sullo zigomo illividito il PD.

A fine marzo la neo segretaria dem Elly Schlein inizia il suo canto da sirena verso “Giuseppi” e lui sembra trovare nuovo input per riesumare un campo largo ultra pop, ma Conte è molto più che bipolare, è ambiguo. E siccome in politica certe forme di ambiguità non sono mai solo tutte difetto è partita una quadriglia. Quella con cui Conte ha “abbracciato” Schlein solo a corrente alternata. Dalle Regionali in Lazio alle amministrative di Foggia è stato tutto un gestire, un petting senza kamasutra in purezza.

Giuseppe Conte e Donatella Bianchi

La consegna del Lazio al centrodestra di Francesco Rocca è figlia di una sua strategia comprensibile solo se attuata per fare il gioco delle destre. Dopo cinque anni di Campo Largo con il Pd di Zingaretti ha mandato all’aria il tavolo che già stava mettendo a punto il programma elettorale, schierato una candidata presa in tv e sparita dai radar un minuto dopo i risultati. Con l’effetto di dimezzare la pattuglia pentastellata in Regione Lazio, perderne un altra metà nei mesi successivi per vederla transitare in Forza Italia. Il M5S oggi in Regione Lazio conta circa niente e tutto grazie alle scelte di Giuseppe Conte.

Nei mesi successivi è stato protagonista di un logorio costante di sodali in opposizione ed avversari al governo. Luglio e la sospensione del Rdc lo hanno portato al parossismo pubblicistico andato poi a crogiolo con le critiche alla Legge di Bilancio ed al caso Mes. In barba alla morte del “destriero Rcd” Conte è rimasto cavallerizzo quotatissimo nei sondaggi: doveva tracollare ed invece ha retto. Ed ha chiuso l’anno come quei condannati a morte che alla fine hanno visto morire il boia. Tanto che alle Europee 2024 la vera sorpresa relativa potrebbe essere proprio lui.

Tra i due litiganti…

LUIGI MACCARO

Luigi Maccaro

Essere assessore di Enzo Salera, uomo cerniera di Demos con Paolo Ciani e guida di Exodus al contempo non è stato affatto facile. Non lo è stato perché almeno una volta nel 2023 ognuno dei tre aspetti è entrato in potenziale collisione con l’altro. Partiamo dal più urticante e non in ordine di timing.

Luigi Maccaro è totem vivente di un modo di affrontare le dipendenze che, gioco forza, non può essere prono alla mistica della liberalizzazione. E da un lato il Pd di Elly Schlein punta su quella delle “light” dall’altro il blocco destrorso che fa capo a Giorgia Meloni ha forgiato legiferati stringenti in senso opposto.

Con chi è stato, con chi sta e con chi starà sempre Maccaro? Con ciò che serve a chi porta croci e con chi ha disegnato il cammino per liberarsi del fardello, cioè con don Antonio Mazzi. Perciò quest’anno quando il governo Meloni ha inasprito le pene per la detenzione lo ha cazziato denunciando un “soluzionismo” facile e da spot. E dalla sola idea di volere una società più lasca si è tenuto lontano come dalla peste nera.

Luigi Maccaro

A fine agosto hanno tentato di tirarlo per la giacca nel famigerato “strappo della Foresta”. Cioè l’incontro che ha bruciato la Dem Barbara Di Rollo, che a quel pranzo ha indicato Maccaro come ideale candidato alternativo al sindaco Enzo Salera. Ma siccome Maccaro è espertissimo in materia di polpette avvelenate: a quel pranzo non è andato con una scusa, subito ha preso le distanze da quelle affermazioni, con altrettanta rapidità ha ribadito la lealtà a questa formula di governo.

Da quel ginepraio l’assessore ne è uscito con la patente di nome appetibile ma non di uomo di dubbia fedeltà. Ed ha chiuso l’anno politico come voleva lui: con il sindaco ma non al punto tale da dimenticare di essere di Demos. Appartenenza che ha ribadito al voto ponderato delle Provinciali con cui ha chiuso un anno muscolare ma senza capriole. Anno saggio.

Saldo e multitasking.