Il vescovo Spreafico: «La nostra Terra dei Fuochi qui in Ciociaria»

di Ambrogio SPREAFICO
Vescovo di Frosinone

Le agromafie e le ecomafie sono crimini. Sono crimini contro il creato e contro l’uomo. Ho voluto fortemente, l’altro giorno, un momento di riflessione, perché sono convinto che questo territorio debba maturare una coscienza più vasta e chiara del disastro ambientale a cui siamo stati sottoposti. E non basta lamentarsi o protestare oppure offrire dati allarmanti senza iniziare processi, che per anni sono rimasti quasi fermi per indifferenza, incapacità di accordarsi e di creare sinergie al di là degli interessi di singoli o di gruppi. Come molti di voi sanno, già nel 2010 ebbi l’opportunità di convocare un tavolo di discussione e di studio sull’annoso problema della Valle del Sacco, che si concluse con una proposta che avrebbe dovuto trovare negli organi territoriali competenti una presa in carico fattiva, che invece non ha trovato.

Ringrazio Greenaccord nella persona del suo presidente, Alfonso Cauteruccio, e del suo Direttore scientifico Andrea Masullo, per l’aiuto che ci hanno dato nell’organizzazione di questa giornata. Ovviamente io faccio il vescovo, e quindi ho innanzitutto un compito pastorale, come si suol dire, in particolare verso i cattolici a me affidati. Ma sono convinto che un vescovo debba condividere con i suoi fedeli i problemi, le gioie e le sofferenze del territorio in cui vive, e non può chiudersi nelle sacrestie o negli episcopi pensando la Chiesa come una realtà fuori dal mondo, interessata unicamente ai suoi problemi interni. La Chiesa vive nel mondo. Papa Francesco lo testimonia ogni giorno.

La Laudato sì

L’enciclica Laudato si’ mi ha rafforzato nella mia convinzione e nell’interesse che fin dall’inizio del mio ministero in questa diocesi ho nutrito per questo territorio e le sue problematiche sociali e ambientali. Si violenta la terra così come si scartano i poveri, dice Francesco: “Fra i poveri più abbandonati e maltrattati c’è la nostra oppressa e devastata terra” (2).

Il grido della terra è lo stesso grido dei poveri: “Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (49). Per questo la cura dell’ambiente in cui viviamo fa parte integrante di quella preoccupazione costante che una diocesi dovrebbe avere per la sua gente allo stesso modo di quanto fa attraverso la Caritas per le persone povere e bisognose del suo territorio. La cura dell’ambiente è cioè parte dell’impegno caritativo dei cristiani e della nostra espressione di fede.

Mi sembra che la Laudato si’ lo mostri in maniera chiara quando parla di una “ecologia integrale” e della necessità di una “conversione ecologica” (217). Perciò ritengo che anche questo faccia parte dell’evangelizzazione, cioè di quella forma alta di annuncio del Vangelo nel mondo di oggi. Infatti, o il Vangelo cambia le coscienze e i cuori, cioè converte, oppure perde la sua efficacia. E non mi dite che non bisogna convertire forme di pensiero, abitudini, stili di vita anche nel modo di guardare l’ambiente materiale e umano che ci circonda.

Il Dio coltivatore

Ho studiato e insegnato per anni la Bibbia. Sono sempre rimasto colpito da come la Parola di Dio viva nella storia di Israele e dei popoli e come affronti spesso le ferite degli uomini e delle donne del suo tempo con passione e sapienza. La Parola di Dio stessa rappresenta l’incontro di Dio con la storia attraverso uomini e donne che se ne sono fatti carico. Ci sono pagine di grande sapienza che mettono strettamente in relazione l’uomo con il creato, anzi che lo intendono come parte integrante del creato, di cui è “custode e coltivatore”, e non tanto “dominatore”, come a volte ha sottolineato la teologia cristiana.

Non per nulla l’essere umano è l’ultimo degli esseri viventi secondo quel bellissimo inno alla creazione che apre la Bibbia (un inno più che un racconto proprio per la sua struttura letteraria!). Noi non viviamo senza ciò che ci circonda e che è necessario alla nostra esistenza. Il diluvio, che è presentato nel

libro della Genesi come la punizione di Dio, mostra in realtà come sia innanzitutto la conseguenza della violenza umana. Dice, infatti, il testo biblico che “la terra era piena di violenza” (Gn 6,13), per questo Dio è costretto a intervenire. Così il diluvio rappresenta una situazione insopportabile. L’ordine etico è stato sconvolto dalla violenza umana, e di conseguenza sarà sconvolto l’ordine cosmico. Nella concezione cosmologica biblica l’universo è costituito da tre parti: il cielo con il firmamento, che poggia con delle colonne sulla terra. Sopra il firmamento ci sono le acque superiori, da cui la pioggia quando la calotta celeste si apre e cade sulla terra.

Sotto la terra c’è l’abisso

Sotto la terra si estende l’abisso, mentre sulla terra ci sono le acque inferiori (dei mari e dei fiumi) che furono separate da quelle superiori e dalla terra asciutta. Nel diluvio le acque superiori si mescolano a quelle inferiori in un processo esattamente opposto alla creazione e all’ordine del creato.  Certo, il linguaggio è arcaico e corrisponde a una concezione cosmica per noi inaccettabile, ma il messaggio è chiaro e universale: la violenza umana si ripercuote sul cosmo, che ne subisce le conseguenze fino all’autodistruzione.

Ancora non ci si rende conto di questa unità profonda dell’universo. Si guarda il proprio particolare, ci si interessa del proprio benessere e chi se ne importa se la raccolta differenziata non viene fatta come si dovrebbe, se alcuni stupidi cittadini buttano l’immondizia ovunque o altri continuano a pensare che tanto non saranno loro a subire le conseguenze delle loro azioni irresponsabili. Ad alcuni poi fa comodo non rendersene conto, a partire da coloro che perseguono i loro interessi, ad esempio quelli sempre meno nascosti della criminalità organizzata, che grazie al lavoro paziente e determinato delle forse dell’ordine, sempre più viene a galla nella sua ampiezza.

Si deve riconoscere con amarezza che a volte la gestione della cosa pubblica non ha spesso dato inizio a processi virtuosi al di là di proclami o degli esigui risultati immediati o, peggio, è rimasta inoperosa davanti ai disastri provocati nel nostro territorio, come in altre parti del nostro paese. Oggi bisogna dire che tutto ciò è uno scandalo, viste le previsioni allarmanti che riguardano la situazione del pianeta terra, dove l’innalzamento della temperatura insieme al consumo delle risorse provocherà eventi distruttivi ben documentati insieme a guerre, povertà e declino.

La situazione è grave

Faccio solo due esempi per indicare la gravità della situazione in cui noi ci troviamo.

Il primo riguarda le conseguenze delle catastrofi naturali provocate dai cambiamenti climatici e dallo sfruttamento del suolo (inondazioni, cicloni, tsunami, desertificazione …). Le previsioni parlano di un potenziale numero di migranti ambientali, entro il 2050, che potrebbe variare da 50 milioni a 350 milioni. La stima più citata è quella fornita da Norman Myers – uno dei maggiori studiosi delle conseguenze dei disastri ambientali sulla popolazione – che prevede 200 milioni di potenziali migranti ambientali entro il 2050. Secondo il Desertification Report 2014 entro il 2020 ben 60 milioni di persone potrebbero spostarsi dalle aree desertificate dell’Africa Sub-Sahariana verso il Nord Africa e l’Europa.

Il fenomeno dei profughi climatico-ambientali è di rilevanza primaria e di intensità superiore a quello dei profughi da guerra. Secondo l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Iom) nel 2014 la probabilità di essere sfollati a causa di un disastro è salita del 60% rispetto a 40 anni fa. Secondo

l’Internal Displacement Monitoring Centre del Norwegian Refugee Council, dal 2008 al 2015 ci sono stati 202,4 milioni di persone delocalizzate o sfollate, il 15% per eventi geofisici come eruzioni vulcaniche e terremoti, e l’85% per eventi atmosferici. L’Atlante globale per la giustizia ambientale calcola inoltre che ci siano più di 1700 conflitti ambientali. Bisognerà abituarsi alle migrazioni, che ovviamente andrebbero governate e a cui si deve rispondere in maniera solidale, non certo come sta facendo ora l’Europa verso i profughi che sbarcano sulle nostre coste.

I Corridoi Umani

Il progetto dei Corridoi Umanitari, a cui ha dato vita la Comunità di Sant’Egidio assieme alle Chiese evangeliche italiane, e ora anche alla Conferenza Episcopale Italiana, sottoscritto dal nostro governo è un modello da perseguire. Già la Francia ha aderito e speriamo in breve anche la Spagna. Tuttavia le migrazioni non finiranno e non saranno i muri e fermarle.

Mi direte che cosa c’entrano i migranti con le agromafie e le ecomafie. Basta avere un occhio allo sfruttamento della manodopera straniera nel nostro paese: povera gente che pur di guadagnare qualche misero euro al giorno accetta la schiavitù del caporalato. Ma ne parlerà Marco Omizzolo. Oppure non bisogna dimenticare che là dove ci sono disastri ambientali interviene per prima cosa lo sfruttamento della criminalità, che è molto più veloce degli stati e delle organizzazioni. Nel mio viaggio in visita agli immigrati di questa terra negli USA e in Canada, un tale mi disse: certo i cicloni sono un disastro, ma per la mia azienda sono un  affare. Lui era, senza alcun dubbio, una persona onesta. Ma mettete in bocca la stessa frase agli affaristi della criminalità e vi rendete conto di quanto può avvenire senza che noi ce ne accorgiamo.

Non entro nel merito del traffico criminale dei rifiuti, soprattutto tossici o pericolosi, da quelli che vengono esportati in Africa, a quelli che vengono declassificati per essere gestiti con un costo minore e quindi favorendo guadagni illeciti.

La Ciociaria ferita

Mi chiedo ad esempio che fine fanno le 17 mila tonnellate di ceneri leggere, catalogate secondo le direttive europee come rifiuti pericolosi,  provenienti dal termovalorizzatore di Acerra e scaricate ogni anno nella provincia di Frosinone. E che dire delle 400 tonnellate di rifiuti che ogni giorno continuano ad arrivare da Roma e altre tonnellate da Avezzano per essere smaltite a Colfelice, quando se non ci fossero questi rifiuti la Ciociaria potrebbe tranquillamente smaltire tutti i rifiuti prodotti i questo territorio, evidentemente con spese sostenibili e un minor inquinamento?  Chi ci guadagna da tutto questo traffico? Non mi addentro nel problema dei rifiuti tossici interrati ad esempio a Ceprano accanto al fiume Sacco e nei problemi dell’inquinamento della Valle del Sacco. Niente da invidiare alla Terra dei Fuochi soprattutto per quanto non si è fatto negli anni!

Permettetemi di accennare solo al sito industriale della ex Olivieri a Ceprano di ben 40 mila metri quadrati, azienda chiusa nel 2008. Nel 2010 un’indagine delle Fiamme Gialle porta al sequestro dell’area per presunto inquinamento ambientale. I rilievi in profondità eseguiti negli ultimi mesi di quest’anno sotto lo strato di cemento hanno fatto scappare i tecnici per esalazioni pericolose. Chissà cosa ci sarà sotto quel cemento! E non si troverà qualche sorpresa nel sito della Europress o un po’ più in là accanto a un altro bel fiume, il Liri, dove si continuano a scaricare rifiuti tossici? E chi controllava la Marangoni di Anagni, oggi chiusa, il cui inceneritore lavorava il triplo di quanto permesso emanando fumi pericolosi e nocivi?

Siamo davanti a un mercato molto redditizio, che non ci consente di abbassare la guardia e che chiede una presa di coscienza collettiva più matura, perché i cittadini del nostro paese ne siano coscienti e si oppongano in maniera attenta e determinata uscendo dall’omertà e dando inizio o contribuendo alla nascita e alla crescita di buone pratiche.

La cittadinanza Ecologica

Papa Francesco nella Laudato si’ invita a “educare a una cittadinanza ecologica” (211). Come vescovo e cristiano chiedo a me stesso e ai tanti uomini e donne di buona volontà di questa terra di intraprendere questa strada, l’unica possibile per una svolta di coscienza, di pensiero e di impegno. In questa sala sono rappresentate realtà, come la Scuola Agraria dell’Istituto l’Angeloni e diverse associazioni, che portano avanti giuste battaglie per migliorare l’ambiente in cui siamo.

Io ho dato vita da poco a una “Commissione Diocesana per la cura del creato” e con la cooperativa sociale Diaconia a due rami di azienda che, oltre a dare lavoro a disoccupati, rispondono alle tante sofferenze di questo territorio. E’ urgente elaborare un pensiero e una visione per intraprendere processi che rispondano alle sfide locali e globali a cui ho accennato brevemente e di cui i nostri relatori ci parleranno.

Termino con una frase di Paolo VI, uomo di pensiero e di visione, che diceva nella Populorum Progressio, l’Enciclica sociale di cui celebriamo i 50 anni: “E se è vero che il mondo soffre per mancanza di pensiero, Noi convochiamo gli uomini di riflessione e di pensiero, cattolici, cristiani, quelli che onorano Dio, che sono assetati di assoluto, di giustizia e di verità: tutti gli uomini di buona volontà. Sull’esempio di Cristo, Noi osiamo pregarvi pressantemente: “Cercate e troverete”, aprite le vie che conducono, attraverso l’aiuto vicendevole, l’approfondimento del sapere, l’allargamento del cuore, a una vita più fraterna in una comunità umana veramente universale “ (Paolo VI, Populorum progressio, n. 85). Prendo queste parole come un invito a un impegno rinnovato per tutti noi, consapevole che solo in una nuova coscienza e in un lavoro sinergico potremo rispondere alle sfide globali del pianeta terra e quindi anche del nostro territorio.