Monsignor Pompili diventa ministro della Comunicazione dei vescovi italiani

Ad appena tre anni dall'ordinazione a Vescovo, il parroco di Vallepietra e della Concattedrale di Alatri diventa presidente di Commissione della Conferenza dei vescovi italiani. La nomina è arrivata durante l'Assemblea Generale della Cei

A passi lunghi verso la berretta da cardinale. Il vescovo di Rieti Domenico Pompili compie un altro salto. E diventa presidente della Commissione Cultura e Comunicazione Sociale della Conferenza Episcopale Italiana. Tradotto dal linguaggio curiale è un po’ il ministro della Comunicazione Sociale nel Governo dei vescovi italiani.

Ci arriva ad appena 53 anni. Lì ritrova un altro Presidente che conosce bene: Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone, che guida la strategica commissione per il Dialogo grazie alla quale la Chiesa di Roma sta costruendo sempre più ponti con l’Islam e le altre chiese. Ma Spreafico di anni ne ha 68.

Domenico Pompili è stato ordinato nel 1988 per la diocesi di Anagni – Alatri. Per 11 anni è stato parroco di Vallepietra. Poi è stato parroco della Concattedrale San Paolo Apostolo ad Alatri. L’allora vescovo Luigi Belloli ne intuì il talento e lo volle come sue segretario. Vide lontano. Tre anni fa Papa Francesco lo ha nominato vescovo di Rieti.

 

Il balzo successivo è avvenuto durante i quattro giorni di Assemblea Generale della Cei, aperta da una lunga riflessione tra il Papa ed i 233 Vescovi italiani. Ai lavori, nell’Aula del Sinodo della Città del Vaticano, hanno partecipato anche 39 Vescovi emeriti, il Nunzio Apostolico in Italia monsignor Emil Paul Tscherrig, 22 delegati di Conferenze Episcopali estere, 24 rappresentanti di religiosi, consacrati e della Consulta Nazionale per le Aggregazioni Laicali.

 

Non è stata un’assemblea di circostanza. La politica italiana è stata al centro di una parte del dibattito. Spunti di riflessione sono stati forniti dal Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve. Ha sollecitato il il confronto e l’approfondimento sulla situazione del Paese «nella volontà di rilanciare l’apporto della Dottrina sociale della Chiesa, quale strumento formativo per un autentico servizio al bene comune». Traduzione: i preti escano dal guscio e sollecitino i cattolici ad occuparsi della politica, non ne siano indifferenti, perché anche da lì passano le decisioni sulle quali si costruisce il Paese.

Al riguardo, i Vescovi hanno sottolineato che «la debolezza della partecipazione politica dei cattolici è espressione anche di una comunità cristiana poco consapevole della ricchezza della Dottrina sociale e, quindi, poco attiva nell’impegno pre-politico».

È stato in questi contesto che monsignor Domenico Pompili è stato eletto dall’assemblea Presidente della Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali. Che è la diretta espressione dell’azione pastorale della Chiesa italiana in questo settore (stampa, cinema, radio, tv, web).

L’attività dell’Ufficio può essere divisa in due blocchi fondamentali: i servizi e i rapporti all’interno del mondo ecclesiale e i servizi e i rapporti all’esterno.

Il primo blocco: la comunicazione ad intra. È quella riguardante la cura e la gestione delle dinamiche di comunicazione e di informazione interna tra la Segreteria Generale della CEI e gli Uffici. Ad esempio Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Fondazione Missio. E tra gli stessi Uffici e Servizi pastorali.

Ma il punto strategico è la comunicazione ad extra. È quella che riguarda i rapporti con la stampa “laica” e i contatti con i giornalisti di carta stampata, televisivi e radiofonici, oltre che con gli operatori dell’informazione dei settimanali e dei periodici.

 

Si tratta di un Ufficio delicato, in un campo sul quale il vescovo formatosi ad Anagni (dove insegna ancora oggi Teologia Morale) ha molta esperienza. Nel passato infatti ha ricoperto incarichi presso le emittenti della Cei Sat 2000 tv e Radio inBlu, è stato segretario della fondazione comunicazione e cultura ed è componente del consiglio di amministrazione del quotidiano L’Avvenire.

Un trampolino decisivo.

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