Una parola chiara sull’Albaneta, per favore: Fca è più urgente

L'imprenditore Miri congela la sua richiesta che riapre le polemiche sul restauro dell'Albaneta. nelle ore precedenti l'ambasciata di Polonia aveva protestato. Occorre una parola chiara e definitiva.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

L’imprenditore Daniele Miri ha annunciato domenica sera a Teleuniverso che ritira la sua richiesta di de classificare un ramo della strada che attraversa l’Albaneta: area che fino a cinquant’anni fa assicurava ,con le sue masserie, il sostentamento dei monaci e degli alunni nei collegi di Montecassino; in precedenza, per un breve ma sanguinoso periodo, quell’area è stata uno dei teatri dell’epopea della rinascita dell’Esercito Polacco.

Nel pomeriggio l’Ambasciata di Polonia a Roma, operativa nonostante il giorno festivo, aveva diffuso una nota con la quale rinnovava le sue proteste contro lo sfruttamento commerciale di un’area considerata sacra per la dignità del suo Popolo.

Lo aveva già fatto nei mesi scorsi. Ottenendo lo stesso risultato: stop momentaneo alle richieste private.

 

Daniele Miri ha ottenuto in affitto quell’area dall’abbazia di Montecassino. A capo della quale non c’è un noto palazzinaro. L’abate dom Donato Ogliari è un pio uomo di chiesa e non è uno sprovveduto: prima di firmare le carte ha visionato il loro contenuto. Nulla trovandovi di disdicevole.

 

L’Ambasciata di Polonia non è retta da integralisti dell’ambiente, Varsavia ha mandato a rappresentarla a Roma diplomatici di esperienza: prima di firmare per due volte una severa nota stampa hanno visionato le carte, ritenendo che vadano a ledere la memoria della migliore gioventù polacca che diede “l’anima a Dio, i corpi alla terra d’Italia, alla Polonia i cuori” come recita l’epigrafe sull’obelisco innalzato in loro onore a quota 593 da dove scesero per sgomberare l’abbazia dai paracadutisti tedeschi che l’avevano resa inespugnabile per mesi.

 

Un banale cancello, nei mesi scorsi ha determinato l’intervento della magistratura amministrativa, di associazioni ambientaliste e storiche dalla fama nazionale, finanche del prefetto di Frosinone che ormai è deputata a dirimere le follie burocratiche di un sistema che riesce ad intrappolarsi da solo. Lo stimato avvocato Sandro Salera, interessato da tutte le parti, ha rifiutato di patrocinare chiunque: altresì si è offerto per mediare ed aiutarle ad individuare una soluzione.

 

Una soluzione passava per la de classificazione di un ramo di strada. Andando a memoria: resta di uso pubblico quella sulla quale passano i turisti o gli appassionati che fanno running in quell’area; dovrebbe diventare privata quella che si dirama verso le masserie dismesse ed il vecchio rudere della chiesa che stava sotto Montecassino.

 

Quel rudere è il nucleo centrale del progetto. (leggi qui ‘L’abate fa l’avvocato, l’avvocato fa il paciere, e Daniele farà la birra‘). Ne prevede la messa in sicurezza ed il recupero conservativo, affidato già ad uno dei più famosi architetti nel campo: Giacomo Bianchi, studio a Roma, Toronto e Cassino. E’ il tecnico che ha disegnato il palazzo presidenziale dell’Arzebaijan.

 

Daniele Miri ora protesta contro il Comune. Gli rimprovera di non avere fatto chiarezza con la città prima di portare in discussione la de classificazione del ramo di strada.

 

Ciò che manca, in tutta questa storia, è la chiarezza. Soprattutto sulle troppe illazioni dette e non dette. Alcune delle quali hanno già prodotto i primi decreti penali di condanna per diffamazione, emessi dal Tribunale di Cassino.

 

Il sindaco di Cassino Carlo Maria D’Alessandro, prima di prestarsi alla politica dirigeva con riconosciuto merito l’Agenzia del Territorio. Non può negare d’avere esperienza in materia. L’avvocato Sandro Salera ha offerto la sua, se ve ne fosse necessità. Lo storico Emilio Pistilli ha già prodotto così tanta documentazione da produrvi il volume “Santa Maria dell’Albaneta, prepositura di Montecassino”.

 

Possibile allora che dobbiamo ancora oggi tenere aperto un dibattito politico che non fa fare bella figura né alla città, né ai suoi amministratori, né a chi vuole investire?

 

Se non si può realizzare il progetto perché illegale, o anche solo inopportuno, lo si dica una volta per tutte. Si dia una stretta di mano ed una pacca sulla spalla al signor Miri e gli si dica “Grazie, apprezziamo l’idea, ma non si può fare“. Se invece è realizzabile si invii tutta la documentazione alla Farnesina affinché il nostro Ministro degli Esteri possa replicare una volta per tutte e dire all’ambasciatore polacco “Eccellenza, apprezziamo lo spirito, ma secondo le leggi Italiane e secondo il nostro senso dell’opportunità, questo progetto non lede la memoria dei vostri eroi“.

 

Non si può restare in questo limbo. Non è più lecito perdere tempo su una cosa del genere. Soprattutto quando, a due passi, c’è lo stabilimento Fca – Alfa Romeo sul quale la Regione Lazio ha appena espresso tutta la sua preoccupazione: non per i 530 lavoratori rimasti a casa all’inizio del mese. Ma per l’intero comparto dell’Automotive italiano.