Caro amico ti scrivo. E tu scodinzoli (di R. Cacciami)

Solo chi ha un cane in casa può capire. Quanto siano impuniti e ingovernabili i nostri amici a quattro zampe. Credi che abbiano imparato. E invece tutti i posti sono buoni per farla. Tranne l'albero in giardino. Però...

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

No. Un cane in casa non è come avere un figlio da accudire. Tutto sommato, è peggio.

Senza troppi giri di parole, un pargolo che brucia le tappe impara a camminare entro il primo anno. In un tempo da considerare accettabile riesce a fare a meno del pannolino. E contestualmente acquista un nutrito vocabolario con il quale assumere un ruolo egemone in famiglia. Insomma, è un crescendo di fasi evolutive che a ritroso non va. Di solito.

 

Ben altro è quell’ondivago rapporto, completamente sbilanciato, tra un bipede intelligente dotato di cervello pensante. E un quattro zampe che di cazzimma ne ha più del pelo sul mantello.

Quando il primo crede di aver trasmesso alla perfezione dati certi sulla gestione dei bisogni primari. E’ quello il momento in cui a scuotere l’equilibrio arriva la sorpresa del giorno. Divano. Sedia. Sgabello. Tappetino del bagno. Muro a caso. Zerbino.

Tutto va bene per alzare la zampa. Tranne l’albero in giardino. Anzi. Se proprio vuole farti contento, quando è fuori ti benedice la ruota. Così penserai a lui entrando in auto.

 

Attenzione. Le gratificazioni non mancano. Ti aspetta dietro la porta quando rientri. E ti salta al collo in piedi, con il suo metro e cinquanta di lana morbida. Se non hai un buon baricentro sei già steso.

Al momento di uscire, viceversa, ti ignora tutto il tempo dei preparativi. Ricordandosi di te quando sei sull’uscio. Per lasciarti una buona dose di pelame sparso su tutto quello che indossi.

Alzi la mano il padrone che non ha sempre una spazzola sul cruscotto. Ottimo, vedo che siamo tutti nella stessa barca. In pieno naufragio.

 

Ed infatti, eccoci al momento della toilette. Bellissimo il cagnone mio quando torna tutto pulito e morbido. Non ha lo stesso aspetto la sfortunata vittima che ha dovuto subire per un’ora il suo lamento straziante. E stremata tenerlo fermo nella vasca mentre schizza ovunque tutto ciò in cui naviga.

La ritrovo al ritorno. Spettinata, scomposta, sudata. Mi paga per non tornare più. E mi accompagna fino allo sportello, per essere sicura che me lo porti via. Il più lontano possibile.

 

Bello, è bello. Regale, intelligente. Quando vuole, anche tenero e affettuoso. Ma ribelle e riottoso. Ed infatti, fugge appena può. Passando attraverso pertugi invisibili ad occhio umano.

 

Quando riporti Shadow a casa, dopo ricerche durate ore e allarmi territoriali lanciati con tutti i mezzi, corre a bere e poi va a cuccia. Come i bambini monelli, attende il momento giusto per farsi perdonare. Sa bene che capitolerai. Andando a caccia di quel calore che ti riscalda il cuore. Tanto. Forse troppo. Fino a farti dire che tu un amico vero, uno sicuro ce l’hai. Non parla. Ma sa quando hai bisogno di lui. E ti si sdraia accanto.

 

Husky forever.

 

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