La morte senza senso tra i vicoli in discesa di Esperia (di R. Cacciami)

Nel giorno dei funerali, ad Esperia, le immagini della tragedia si sovrappongono ai frammenti di un passato felice. Fino a pochi giorni fa. E che rendono ancora più senza senso la morte di un padre e dei suoi due figli.

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

La mamma. Il papà. Sono loro che si abbracciano forte quando vieni al mondo.

E sono gli stessi che ti prendono per mano il primo giorno di scuola affidandoti, timorosi, alla maestra.

Sentono forte il tuo cuore battere quando devono uscire per andare a lavoro e sanno che guarderai a lungo quella porta che si chiude alle loro spalle. Sperano che riusciranno a distrarti in pochi minuti con qualcosa che non ti faccia rimpiangere troppo la loro assenza. Vissuta come un tranello.

Ti insegnano ad andare in bicicletta. Prima con le rotelle, poi senza. E magari ti regaleranno anche un motorino.

Le tabelline, i verbi, storia e geografia, chimica e filosofia. Le uscite, gli acquisti, lo sport e le prime passioni. La musica e la danza. Fingono sempre di non capire, invece sanno tutto.

E ricordano come era bello, alla tua età. Essere spensierati e curiosi di esplorare il mondo. La prima vacanza da soli, il primo viaggio in aereo. Un volo che non si dimentica.

Le paure, l’ansia di una malattia. L’attesa di una risposta che arriva come un regalo.

Il diploma. La laurea. Il lavoro. E un amore che nasce tra ragazzi.

 

C’è tutto questo e ancora molto di più nel borgo di Esperia. Vicoli e case antiche, belli e perfetti per le foto ricordo di una visita di passaggio.

Qui, invece, su questa stradina in discesa è passata poco fa la morte. E ha spazzato via una famiglia intera, togliendo ossigeno anche alla madre. L’unica custode di tutti quei ricordi.

Di risate, lacrime di gioia, solletico e rincorse a perdifiato. Tanto lo sai che ti acchiappo… tesoro di mamma. Questo era ieri.

Purtroppo. Ora si parla a bassa voce, qui. La chiesa, le scale, il muretto. Il prete, l’insegnante, il sindaco, la gente del paese. È tutto così raccolto che puoi sentire anche il loro respiro.

 

E quell’imbarazzo… che arriva quando ti assale la paura. E’ successo qui. Accanto a noi. Tra noi. Li ha uccisi una persona che conoscevano bene. Troppo.

Dopo averli accompagnati dall’infanzia all’adolescenza e oltre, ha scelto il momento e il modo per togliere loro quella vita che tanti anni prima, ma mai abbastanza, gli aveva donato. E poi li ha seguiti.

È una discesa nell’orrore. E nell’incubo per ognuno di noi.

Tra qualche anno avrebbe dovuto magari accompagnarli in chiesa, sì. Con il fiore all’occhiello e lo sguardo fiero. Questo immagini che faccia un padre per i loro figli. Non essere nella bara accanto per il loro funerale.

Eppure, è accaduto. A Giovanni, Mariano e Isabella.

 

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