Il Comitato provinciale per la lana ai soldati (Storie nella Storia)

In accordo con il prof. Gaetano De Angelis-Curtis, pubblichiamo a puntate un capitolo dal suo libro 'La I Guerra Mondiale e l'Alta Terra di Lavoro'. L'intero volume è reperibile preso il Centro Documentazione e Studi Cassinate.

Gaetano De Angelis Curtis

Università di Cassino Laboratorio di Storia Regionale Dipartimento di Lettere e Filosofia

Nell’estate 1915 su iniziativa di Niccolò Piccinni, segretario dell’Ufficio scolastico facente funzione da provveditore agli Studi, si costituì il Comitato speciale per la fabbricazione degli indumenti di lana per i soldati composto dalle insegnanti dell’Ufficio scolastico provinciale e la cui presidenza onoraria fu affidata alla moglie del provveditore, signora Rosalia Amorosa Berengario, quella effettiva fu assunta all’ispettrice scolastica, signorina Giuseppina Gizzio, mentre cassiera e segretaria fu Teresa D’Elia.

Lo scopo era quello di provvedere al confezionamento degli indumenti al più presto in quanto in quel momento, come ebbe a dichiarare la presidentessa Gizzio, costituivano una «invocazione di previdenza» che non doveva trasformarsi poi in una «imprecazione di angosciosa».

Rivolse, dunque, un appello per un’opera di una «necessità imperiosissima» che nessuna madre, sposa, sorella o figlia poteva rimandare207. Fece leva anche sull’orgoglio femminile nell’apportare il «dovuto conforto» ai militari in guerra riconoscendo solo alle donne la capacità «di tanto umile e tanto sublime eroismo»208.

Naturalmente la lavorazione coinvolse fortemente la parte femminile della popolazione. Quando poi le scuole riaprirono, le maestre furono affiancate nell’attività da centinaia di bambine dagli otto ai dodici anni e dalle mamme. Il freddo, scriveva il periodico ‘Terra di Lavoro’, era un «nemico feroce, molto più che i soldati d’Asburgo» e la guerra non doveva «essere combattuta soltanto tra le nevi alpine» dall’Esercito, ma un altro esercito doveva «facilitare l’ardua impresa: quello che resta[va] in Patria»209.

Fu lanciata una sottoscrizione che nell’arco di pochi mesi raggiunse la «notevole somma di più di mille-ottocento lire» di cui ben cinquecento erano state raccolte tra gli operai del Polverificio di Fontana Liri i quali «con slancio meraviglioso» avevano offerto il loro «obolo» allo scopo di alleviare i «disagi e le penose sofferenze del freddo dei fratelli»212.

Il Comitato iniziò a operare il 26 agosto quando, con i fondi appena raccolti, fu possibile acquistare un quintale di lana, «a stento racimolato» presso alcuni negozi di Napoli e Caserta che non erano particolarmente forniti data la stagione estiva. Si confezionarono «calze, guanti, caschi, maglie» e già alla fine di settembre poterono essere consegnati i «primi duecento indumenti di lana» al Deposito di artiglieria di Caserta211.

Tuttavia non appena fu avviato il reperimento della lana si andò organizzando la «speculazione più indegna» e il prezzo della materia prima salì «assai oltre l’onesto». Per evitare che il denaro delle donazioni venisse «assorbito dall’ingordigia dei negozianti», la presidentessa Gizzio decise di rivolgersi direttamente alle «filande». Percorsa tutta la provincia, trovò un lanificio a Sant’Elia Fiumerapido, di proprietà dei fratelli Gabriele, che, malgrado gli «enormi impegni assunti col Governo» fornì la lana a prezzi non eccessivi, anche se variabili (8 lire al Kg. il costo nel mese di ottobre, L. 8,30 a novembre, L. 7,80 a metà gennaio)212.

Su sollecitazione del provveditore nuove donazioni giunsero al Comitato «dall’Abbadia di Montecassino al più modesto Asilo d’Infanzia»213.

Il 25 novembre fu così possibile consegnare la terza spedizione composta «di più centinaia di indumenti di lana». Nel corso del mese successivo, fino alle vacanze di Natale, «si ammonticchiarono nel deposito di Palazzo Vecchio … 1500 indumenti, un quintale di cioccolata, una cassa di scalda rancio». La presidentessa Gizzio chiese di poter raggiungere le «terre redente» per consegnare personalmente quel materiale ai soldati al fronte. Così, ottenuta l’autorizzazione, il 5 gennaio furono caricati su un vagone ferroviario venti balle e due casse mentre la signorina Gizzio raggiunse Udine la sera del sette. La merce fu sistemata su un camion che nei pressi di Romans fu fatto segno «al fuoco nemico» e, nonostante colpito da uno skrapnell, riuscì a proseguire. Dopo aver prodotto 1500 paia di calze, 600 di guanti, 800 caschi, 100 pettorine e 120 maglioni, nella primavera del 1916 il Comitato cessò la sua attività non per l’«impossibilità di raccogliere altro denaro», né per «assopita alacrità» ma perché le componenti dovevano attendere a un «nuovo, assai più tragico e tenero dovere» richiesto dalle autorità militari214.

Anche le Dame di conforto si occuparono del confezionamento di capi d’abbigliamento lavorati a maglia (sciarpe, guanti, ginocchiere, cappucci) da inviare ai militari al fronte, ma già nel pieno dell’estate del 1915 i Comitati operanti in quasi tutti i paesi si erano attivati, direttamente o indirettamente, per il confezionamento di indumenti di lana da inviare ai militari che fin dai primi settimane di guerra ne facevano richiesta. Ad esempio a Pontecorvo fu il «Comitato Pro Patria» che, fin dai primi momenti e in previsione del primo inverno trascorso dai soldati sulle Alpi, lanciò appelli «ai locali esercenti le industrie armentizie per la fornitura della lana occorrente per gli indumenti dei soldati». L’appello non rimase inascoltato e la «lana venne in tal modo offerta a prezzi di molto inferiori al mercato»215. Furono perciò acquistati «kg. 428,300 di lana grezza, prodotto locale, che a seguito della filatura riducevasi a kg. 356,300 per il costo complessivo di L. 2394,75. Di essa, kg. 155,75 servirono alla lavorazione di num. 670 paia di calze, cedute gratuitamente a num. 335 soldati in ragione di 2 paia per ciascuno».

Altri kg. 100,545 furono trasformati in 664 indumenti vari trasmessi al Comitato Provinciale di Caserta che rimborsò il «Pro Patria» di «lire 1005,45 per lana e alle lavoratrici corrispose in mercedi lire 448,50». Rimasero in deposito kg. 52,400 di lana per successive lavorazioni216. Contemporaneamente il «Pro Patria» finanziò con L. 120 il Comitato speciale per la fabbricazione 217. Negli anni successivi l’attività di confezionamento operata dal «Pro Patria» venne a essere «intensificata» soprattutto dopo Caporetto anche se il Comitato incontrò forti difficoltà nell’approvvigionamento della materia. Evidentemente l’aumento della richiesta di lana portò alla rarefazione del prodotto. Tale «insufficienza di lana sul mercato» fece lievitare enormemente i costi di acquisto per cui l’attività di confezionamento si rilevò molto «dispendiosa»218.

Ad Arce il locale Comitato civile impegnò la somma di L. 400 per l’acquisto della lana tramite Comando Corpo d’Armata219. A Casalvieri fu la Congrega di carità che, sollecitata dalla circolare inviata dal Provveditore gli Studi di Caserta, si riunì il 3 ottobre 1915 sotto la presidenza di Leonardo Antonio Fanelli e deliberò di concorrere all’acquisto della lana necessaria per riparare dal freddo i «fratelli combattenti per la grandezza d’Italia» versando la somma di L. 50 al Comitato provinciale220. A Cervaro il locale Comitato fin dall’estate del 1915 aveva provveduto a lanciare un «appello alle signore e signorine del paese, invitandole a voler spendere la loro opera nel confezionare sciarpe guanti e calze di lana per preservare dal freddo della guerra invernale i nostri valorosi soldati»221, poi impegnò L. 2.570,70 per l’acquisto della materia prima222. A Fondi l’acquisto della lana fu effettuato inizialmente dalla locale Società operaia. Sulla scia di tale iniziativa la Confraternita del SS. Sacramento deliberò, il 31 ottobre 1915, di contribuirvi offrendo la somma di L. 200223. A Gaeta «signore e signorine» si erano riunite nella sala del Consiglio comunale. A settembre era già pronta «una prima spedizione» e si prevedeva di organizzare una lotteria per reperire fondi per l’acquisto della lana224. A Sant’Ambrogio del Garigliano la lana era stata acquistata utilizzando le offerte raccolte dal locale Comitato pari a L. 442,05225 mentre il confezionamento era stato fatto gratuitamente da alcune donne e gli indumenti erano stati inviati ai militari originari del Comune impegnati al fronte226. A Isola Liri il Comitato versò la somma di L. 1.329,65 al Sottocomitato pro lana227. A Settefrati furono spese L. 220,75 per il confezionamento di calzettoni di lana inviati al Battaglione di M.T. del distretto di Frosinone228.

 

(segue)

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