D’Ambrosio: «Ora vi racconto io perché non andammo all’Assemblea sul simbolo Pd»

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E’ uno dei rivoluzionari del ‘Quattro Luglio’: quel giorno nascerà ufficialmente la componente Cassinate nel Partito Democratico. Una data scelta non a caso: è l’Indipendence Day negli Usa. Una data dal forte valore simbolico e che verrà ufficializzata nei prossimi giorni. L’avvocato Alessandro D’Ambrosio è stato il primo a compiere materialmente uno ‘strappo’ con le gerarchie del Pd di Frosinone: domenica scorsa ha annunciato le sue dimissioni dalla maggioranza che governa la Provincia, restituendo al presidente Antonio Pompeo la delega al Contenzioso, e passando all’opposizione. (leggi qui l’annuncio delle dimissioni)

Tutti dicono che lui, il consigliere regionale Marino Fardelli, l’ex sindaco Giuseppe Golini Petrarcone, approderanno a nulla. Però le telefonate sono decine e tutte domandano: «Ma cosa vi siete messi in testa, cosa volete fare?»

Qualche preoccupazione devono avere iniziato a crearla se anche il senatore Francesco Scalia, il deputato Nazzareno Pilozzi, il presidente del Partito Domenico Alfieri, su Ciociaria Oggi in queste ore hanno detto che comunque qualche responsabilità sulla sconfitta ce l’hanno anche i cassinati. Spostandosi di fatto – su questo punto – sulle posizioni dell’altra ala del Pd guidata da Francesco De Angelis.

Cosa contestano, tutti, ai Cassinati? Di non essere andati a votare nella famosa Assemblea degli iscritti al Circolo Pd di Cassino, quando sono stati chiamati a decidere chi doveva avere il simbolo tra il sindaco uscente Giuseppe Golini Petrarcone e l’imprenditore Francesco Mosillo.

«Ve lo racconto io perché non andammo: né i sostenitori di Petrarcone né i sostenitori di Mosillo. Era tutta una trappola politica» dice D’Ambrosio.

Come andarono i fatti?
«Nei giorni precedenti alla decisione su chi dei due candidati dovesse avere il simbolo, c’era stata la votazione con cui eleggere i delegati al Congresso Provinciale. La sezione si spaccò esattamente a metà: 120 voti andarono alla tesi di Domenico Alfieri (sostenuto da Scalia-Pilozzi) e 120 andarono alla testi del segretario uscente Simone Costanzo (Sostenuto da De Angelis – Buschini – Battisti)».

In pratica, la votazione per il congresso provinciale non fornì un’indicazione per le Comunali .
«Ad un mese dalla presentazione delle liste con i candidati a sindaco, il 54% del Circolo Pd di Cassino chiede al segretario provinciale Simone Costanzo che il simbolo venga assegnato a Petrarcone».

Il caso finisce all’esame della Direzione Provinciale
«La riunione della Direzione si tiene un paio di settimane prima della presentazione delle liste. E invece di decidere, si celebra il biscotto».

In cosa consiste questo ‘biscotto’?
«Francesco De Angelis, Mauro Buschini, Simone Costanzo, Francesco Scalia e Domenico Alfieri, oltre a delle baggianate che per pudore ometto di riferire, ci dicono che la soluzione individuata era l’applicazione rigorosa dello Statuto: quindi il simbolo sarebbe andato a chi dei due candidati aveva l’appoggio di almeno il 70 % dell’assemblea degli iscritti al Circolo»

Vengono convocate le votazioni ma né i vostri né i sostenitori di Mosillo si presentano.
«E che ci presentavamo a fare? Il 70% non lo poteva raggiungere nessuno. Lo abbiamo fatto notare e ci è stato risposto che purtroppo era quello il regolamento. Secondo loro avremmo dovuto mobilitare 300 persone ad una settimana dalla presentazione delle liste, pur sapendo che nessuno aveva i numeri? Se anche fossero venuti tutti a votare, con l’appoggio di fardelli saremmo arrivati al 72% ma era scientificamente impossibile che tutti venissero: chi aveva impegni di lavoro, chi era fuori città. Impossibile. Era un pretesto indviduato a Frosinone per spaccarci e non dare il simbolo».

Se sapevate di non avere il 70% allora perchè avevate chiesto il simbolo?
«Lo avevamo chiesto sulla base del buon senso: uno dei tre candidati di centrosinistra si era ritirato ed aveva appoggiato la candidatura di Petrarcone, mi sembra evidente che il simbolo dovesse andare a quel fronte, cioè il nostro. Ci fu risposto che il regolamento era regolamento».

Perché pensate che sia stato un ‘biscotto’?
«Perché ci fu promesso che il primo turno sarebbe stato una sorta di elezione primaria sul campo e che al secondo turno ci sarebbe stata una necessaria riunificazione. Invece, al ballottaggio assistiamo ad un segretario che non convoca il direttivo per dare l’indicazione di voto, l’assessore regionale non si fa mai vedere a Cassino per fare quello che aveva promesso in Direzione e cioè la campagna elettorale in favore di quello dei due candidati che fosse arrivato al Secondo turno».

Nel vostro gruppo c’è chi è convinto che qualcuno del gruppo Mosillo abbia votato per il centrodestra di Mario Abbruzzese e Carlo Maria D’Alessandro.
«Tutta la coalizione Mosillo si è messa a sostenere D’Alessandro. Ci sono prove evidenti se qualcuno vuole verificare».

Perché vi hanno ‘biscottato’ ?
«Hanno voluto massacrare un gruppo che vedevano troppo forte. A cassino avevamo creato un gruppo che finalmente aveva individuato dei riferimenti autorevoli come Fardelli e Petrarcone. E questo a Frosinone non va bene, non bisogna disturbare il manovratore, così le candidature per le politiche, per le regionali, per le provinciali, le decidono loro. Adesso la musica cambia».

Cambia dal 4 luglio. Poi, se sarà intonata o stonata, solo il tempo ed i voti potranno dirlo.