A Frosinone c’è un’azienda trentennale, CB&C Lab, che progetta, organizza e comunica eventi sostenibili. Ma non quella sostenibilità che si limita a essere plastic free. Di quella in cui si sa fin sa subito quanta C02 verrà prodotta e come sarà compensata
Pensate ad un evento improntato alla sostenibilità: una parola che ricorrerà altre decine e decine di volte, perché di fatto mancano ancora le basi. Agli “eventi sostenibili” non mancano quasi mai piatti, posate e bicchieri biodegradabili per i momenti conviviali. Sono quasi spariti del tutto gli antenati di plastica creduti estinti ma sopravvissuti addirittura fino ai giorni nostri. Ma poi arriva quell’improvviso pugno in un occhio: il roll up di plastica. L’espositore dell’evento, il suo biglietto da visita, fatto di plastica.
C’è però, di contro, chi organizza esclusivamente eventi veramente sostenibili. E, non da meno, poi li comunica: li dichiara, li pubblica, li rende noti, tutti devono sapere. Lo fa CB&C Lab, storica azienda di Frosinone prossima al trentesimo anno di vita, la prima e sinora unica a livello territoriale ad aver acquisito la tanto sudata Iso 20121.
È la certificazione internazionale che attesta l’applicazione di un sistema di gestione della sostenibilità degli eventi. Ottenuta, come fa presente la responsabile Giorgia Bagnolati, «grazie a un duro lavoro e a un ferreo rigore».
Beata sostenibilità
Ecco: lavoro e rigore. Non è di certo semplice la sostenibilità territoriale: ambientale, sociale, industriale. No: il mondo, quello dato per ereditato dai padri e preso in prestito dai figli, non verrà restituito così come lo si è preso in prestito. D’altronde resta soltanto qualche anno per limitare il surriscaldamento della Terra al di sotto di un grado e mezzo. Nel mentre c’è chi festeggia in spiaggia per un bagno a novembre. Del resto ci sono anche manifestazioni ambientaliste piene zeppe di volantini di carta comune.
È stata una grande azienda, la Klopman di Frosinone, ad ospitare l’ultimo evento progettato, organizzato e comunicato da CB&C Lab. Nell’occasione è stata presentata l’azione pilota sulla sostenibilità territoriale dell’area industriale frusinate. È stata orchestrata da Unindustria Frosinone con due fondazioni, tra cui la Fabrica dei Talenti. Bagnolati, tornando all’azienda, è la responsabile della sostenibilità degli eventi sostenibili organizzati e comunicati dal laboratorio frusinate.
Alla Klopman, per intenderci, hanno consegnato badge piantabili: che li interri e cresce una pianta. Si sapeva già sin dall’inizio quanta C02 avrebbe prodotto quell’evento e come sarebbe stata compensata. Non viene lasciato niente al caso, non si riesce davvero a trovare il pelo nell’uovo: come il roll up di plastica. Se non sei sostenibile, stai fuori dall’evento. (Leggi qui La sfida dei talenti per rendere attrattivo il territorio industriale).
I dettagli li spiega Giorgia Bagnolati, Project manager di eventi sostenibili. Per davvero.
La sostenibilità, quella vera
Che cosa vuol dire oggi organizzare un evento sostenibile?
«Di certo non significa soltanto organizzare un evento con piatti e bicchieri riciclabili. È tutt’altro. Si parte con mappatura e progettazione. Bisogna innanzitutto identificare una location. Deve avere requisiti particolari. Sostenibilità significa utilizzare per prima cosa le norme di sicurezza. Si deve verificare se ha tutti i requisiti. Se il suo personale rispetta appieno il Documento di valutazione dei rischi e se sono tutti contrattualizzati. Tutti gli attori coinvolti devono certificare di essere a norma per poter lavorare in piena sostenibilità. È questo il primo requisito. Location, catering, allestimento, trasporti, tutti devono essere a norma. Altrimenti vengono scartati».
Quanta sostenibilità vede negli eventi che la sbandierano sul territorio?
«Vedo tanta sostenibilità di facciata. La sostenibilità, come prima cosa, bisogna farla anziché comunicarla. Prima l’azione e poi la comunicazione di quanto fatto. Le aziende devono capire che non deve essere apparenza bensì sostanza. Noi ci crediamo molto nella sostenibilità che tutte le aziende, piccole o grandi, dovrebbero adottare. Andrebbe fatta, dichiarata e poi comunicata».
Qual è la vostra ricetta di sostenibilità?
«Nel nostro piccolo abbiamo da sempre cercare di diffondere la cultura della sostenibilità. Abbiamo ottenuti risultati, perché tanti nostri clienti si sono avvicinati a tale ottica. Li abbiamo accompagnati in questo percorso, assieme ai nostri partner tecnici, nella comunicazione e nella redazione dei rapporti di sostenibilità. Per mostrare quanto realizzato, i propri obiettivi e le azioni di miglioramento a tutti i portatori di interesse. È un processo che si porta avanti per tutta la vita dell’azienda».
Sostenibilità, anche nelle piccole aziende
Oggi come oggi, che è già diventato ieri, anche un piccolo imprenditore ha bisogno di un rapporto di sostenibilità?
«Certo. Pare che la sostenibilità debba riguardare soltanto le grandi aziende. Invece non è così. Tutte, anche quelle più piccole, devono avere criteri di sostenibilità. Tante volte succede che facciano azioni sostenibili senza rendersene conto. Basti pensare a tutti i singoli dipendenti di un’azienda che vanno al lavoro ognuno con la sua macchina. Non si prevedono trasporti unificati, che incidono fortemente sull’essere sostenibile. Ma anche le mense aziendali, rispetto alle quali non ci si domanda dove finisca il cibo avanzato. Se viene donato, bisogna renderlo pubblico. Come anche rispetto alla raccolta differenziata dei rifiuti, ancora troppo accorpati».
La sostenibilità non è facile. Come si fa per davvero?
«È necessario affidarsi a un’azienda di professionisti, che elaborano tutta una serie di dati, passando anche per il numero di uomini e donne tra i dipendenti fino ad arrivare alle eventuali attività di beneficenza. Il rapporto di sostenibilità garantisce di fatto l’eccellenza. Presto saranno premiate tutte le aziende sostenibili. È perché bisognerà lavorare soltanto in questo modo. Tutta la filiera deve essere resa sostenibile e poi comunicata in quanto tale».
Da dove dovrebbero partire le piccole e medie imprese?
«Devono vederlo come un plus, un valore aggiunto. Deve essere visto come l’obiettivo dell’azienda stessa. E organizzarle un evento sostenibile è particolare, non è semplice trovare partner ideali. Dai catering sento ancora chiedermi cosa s’intenda per evento sostenibile. Vedo utilizzare ancora i roll up di plastica. Sono da cestinare, immediatamente. Si usi il cartone per la comunicazione degli eventi. Come è fondamentale, d’altro canto, l’efficienza energetica della location dell’evento».
Pure il sito web deve essere sostenibile
In un evento riuscite a raggiungere il cento percento di sostenibilità?
«È stato in pieno regime di sostenibilità, ad esempio, l’evento organizzato allo stadio Stirpe per il trentennale della Banca Popolare del Frusinate. Noi cerchiamo sempre di organizzare eventi sostenibili al cento per cento, purtroppo non è sempre possibile. Oggi ancora non si sa che per essere sostenibili bisogna avere anche un sito web sostenibile. Deve essere realmente green, perdendo magari qualcosa a livello di estetica, ma veramente sostenibile. Deve avere pochissimi video e banner, poche immagini e di bassa risoluzione. Non devono pesare troppo. Il sostenibile in fondo è bello, ha soltanto diversi canoni di bellezza».
Quindi bisogna fare inversione a “u” con la comunicazione online? Per andare dove?
«Bisogna essere innanzitutto sostenibili dentro, a livello lavorativo come a casa. Al comune cittadino dico che è un percorso di vita. Fortunatamente i nostri figli ci trasmettono messaggi incoraggianti. I giovani sono sempre più sensibili a questi aspetti. All’imprenditore, piccolo o grande che sia, dico di iniziare a pensarci seriamente alla sostenibilità. Perché sarà per un plus per il futuro, che ormai è prossimo. Ci sono tanti spunti per cominciare a essere davvero sostenibili. Ma bisogna crederci, serve rigore».