Degni di indossare la toga e di vestire la terzietà, ma a volte non succede

"Far sbavare di rabbia" chi non la pensa come noi non è il modo migliore per fare il giudice, né per sanare un conflitto estremizzato

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Il pomeriggio di oggi segnerà uno di quei momenti mesti della vita repubblicana in cui la magistratura è costretta a correggere i suoi stessi scarrocciamenti. Sono momenti mesti per due motivi: il primo per il merito in sé di ciò che è accaduto, il secondo perché ciò che è accaduto diventa leva partigiana per riesumare lo starter pack di un conflitto tra toghe e politica che sta all’Italia come e forse più dei maccheroni.

Per essere giudici di ogni livello si deve esser degni della terzietà e Marcello Degni, magistrato della Corte dei Conti con smanie social, pare abbia onorato poco cognome ed attribuzione. Attenzione: la terzietà non è solo quella condotta di polpa e rigore con cui si esercitano le funzioni, ma anche un atteggiamento più ampio. Detta meglio: un giudice non dovrebbe esternare troppo e con toni troppo manichei le sue convinzioni politiche e non dovrebbe farlo a maggior ragione su temi attinenti il suo mandato.

Il trappolone che le toghe devono evitare

(Foto: Bruno Weltmann © DepositPhotos)

Né dovrebbe cadere in un altro trappolone infido: quello della sincronicità fra ciò che pensa “contro” e ciò che accade nel momento storico in cui il suo esser “contro” potrebbe indurre ad equivoci. Insomma, Degni di equivoci non ne ha innescati affatto, semmai non ha lasciato ad essi spazio alcuno. Come? Con questo tweet su X ormai noto: “Occasione persa. C’erano le condizioni per l’ostruzionismo e l’esercizio provvisorio. Potevamo farli sbavare di rabbia sulla cosiddetta manovra blindata e gli abbiamo invece fatto recitare Marinetti”.

Gli ingredienti per diagnosticare un attacco di talebanesimo da basso ventre ci sono tutti. In quel post c’è rammarico per una funzione istituzionale esercitata senza aver colto l’occasione di un suo utilizzo “giusto”, ma giusto secondo parte politica e quindi sbagliato secondo prerogativa terza.

“Far sbavare di rabbia” gli avversari

Giorgia Meloni

Prerogativa che ha o avrebbe dovuto avere sulla manovra del governo Meloni quella serena capacità analitica che si applica al come vengono fatte le cose, non al merito politico delle stesse. Tradotto? Se un giudice ha idee divergenti da quelle del sistema che deve governare per sua parte istituzionale non deve mai, mai ed ancora mai farne scialo pubblicistico con quei toni.

E non deve farlo per un altro motivo altrettanto cardinale: Degni ha scoperchiato di nuovo un calderone che a passare da rovente a tiepido ci aveva messo mesi, e che freddo non era mai diventato. Cioè quello degli episodi secondo i quali in vulgata di destradestra esiste una categoria di toghe che opera attivamente per boicottare il governo. Insomma, con una cappellata evidente ha ridato patente a letture in realtà molto ma molto più sfumate.

Il caso della giudice cassinate Apostolico

Letture come quella che a suo tempo venne data della decisione in punto di Diritto della giudice cassinate Iolanda Apostolico. Costei era stata additata come “toga rossa e malevolmente ostruzionista” dopo la mancata convalida del fermo di quattro migranti in predicato di reclusione nei famigerato Cpr. Ad inizio ottobre e dal Tribunale di Catania la Apostolico aveva dichiarato illegittimo un provvedimento del questore di Ragusa.

La decisione relegava quattro migranti in un centro di trattenimento “perché in contrasto con la normativa europea” ma la giudice non aveva consentito alla norma di flettere e non aveva ravvisato i presupposti per confermare la custodia. Era scoppiato un mezzo inferno e si era andati di dossieraggio. Il tutto fino a scoprire che la toga originaria della Città Martire in passato aveva assunto posizioni, concettuali e fisiche, solidali con chi vede nella questione migranti un tema etico prima che politico.

Ma in quel caso le presunte aderenze che secondo lettura di parte avrebbero “guidato” la decisione ex post della giudice erano relative al passato ed erano sfumate. Con Degni invece di sfumato non c’è stato nulla ed il magistrato, che oggi pomeriggio ed in videoconferenza sarà sottoposto ad un Collegio di Presidenza straordinario, ha fatto da comburente per una questione, oltre che da Nos per il suo singolo caso.

Elly ti taggo, non si sa mai…

Elly Schlein (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

In più, nell’esternare le sue posizioni in sella nettissima alla sua funzione il magistrato aveva taggato Elly Schlein, incappando cioè nel più maiuscolo degli scivoloni possibili. E le reazioni? In silloge sono state varie e polarizzate, come accade sempre al di qua delle Alpi. Lucio Malan, che è capogruppo di Fratelli d’Italia in Senato, ci aveva pucciato forte: “Inquietante che un magistrato prenda posizioni estreme palesemente contrarie agli interessi dell’Italia”.

Per Tommaso Foti si è trattato di una “invasione del campo politico (che) rappresenta un fatto gravissimo e dovrebbe indurlo a dimissioni immediate”. Neanche a dirlo, la lega di Matteo Salvini ha invocato le dimissioni immediate e perfino uno come Pier Ferdinando Casini non è stato tenero. Attenzione, Casini è un dem di scuola democristiana, cioè archetipo di moderazione piaciona.

Tuttavia è anche uomo di senso istituzionale fortissimo e per lui “il magistrato, anche quello di nomina governativa come nel caso del dott. Degni, non deve essere solo imparziale. Ma deve sempre e comunque apparire tale, per coltivare e salvaguardare la sua autonomia e indipendenza”.

Il dato politico però è un altro. Ed è un dato che segue l’usta di una natura mainstream per cui una cappellata intestabile per vie indirette alla sinistra (la partigianeria palese di Degni) va a controbilanciare un’altra cappellata intestabile per vie direttissime alla destra.

Benedetto benaltrismo vieni a noi

(Foto via Imagoeconomica)

Cioè quella del deputato pistolero Emanuele Pozzolo che ha scambiato un veglione di Capodanno per l’Ok Corral e ci ha fatto scappare un ferito da pistola. Ecco cosa ha turbato davvero la scelta di Degni: non tanto e non solo un concetto di terzietà che dovrebbe appartenergli.

Ma anche una scacchiera dove ormai da anni due parti non progrediscono nel pubblico servizio se non additando gli errori degli altri. Si scrive politica italiana e si legge benaltrismo, e a noi che siamo la base di questa piramide matta non è mai stato molto di aiuto.