Dentro l’armadio. Sotto il vestito (di R. Cacciami)

Cosa stiamo diventando? Da ragazzini era una corsa a distinguerci. Oggi è una corsa ad essere tutti uguali: l'importante è essere griffati, più si paga e meglio è. E poco ci importa se alla fine ci riduciamo ad essere solo degli involucri... L'affilatissima Rita Cacciami colpisce ancora

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

Non ho nulla contro chi ha e spende quasi 2mila euro per il cappotto modaiolo più imitato al momento. A 25 anni uscivo con qualcosa di simile ma era meno costoso e di colore viola. In pochi avrebbero avuto il coraggio di indossarlo. E questo per me era motivo di vanto, in un momento in cui essere differenti a basso costo era un pregio.

Adesso c’è la fila…a vestirsi tutti uguali. Meglio se ad alto prezzo.

 

Avere uno stile proprio, per alcuni di noi è qualcosa che va oltre. E’ scoprire in un mercatino qualcosa di vintage che ti fa stare bene. Che ti ricorda una fantasia, una stoffa che non vedevi e non toccavi da tempo. E che non ha niente a che vedere con le griffe.

E’ un vezzo sartoriale che ti porti dentro, che ti spinge ad accarezzare una lana, una seta o una tela come se fossero qualcosa di inestimabile.

Ma è anche una guerra dei sensi trasformata in stoffa. Un istinto che ti fa toccare il lino pensando agli amori estivi. Per piacersi, prima che per piacere. Perché già solo il contatto con la pelle regala una sensazione di benessere.

A cui si aggiungono il colore, le sfumature, gli intrecci. Fino ad arrivare alle trame più nascoste.

 

Non c’è da scomodare nessuna teoria edonistica per capire che abbiamo tutti bisogno di qualcosa che ci faccia stare bene con noi stessi. Che si trovi in una esclusiva boutique o nel baule chiuso in soffitta, non importa.

Più difficile è diventare adulti superando l’ostacolo del giudizio di chi vede solo la vetrina e non la qualità di ciò che è esposto.

 

Non è un caso che da adolescenti non siamo stati tutti uguali. E crescendo abbiamo allungato ancora di più le distanze. C’è chi andava al liceo con i tacchi a spillo e truccata da disco dancer. E chi invece correva veloce sulle Superga. Un colore diverso a seconda dell’umore.

Chi adorava gli animali vivi. E chi li indossava stecchiti e lavorati.

 

A distanza di un quarto di secolo e oltre, le differenze sono sempre lì. Dentro ognuno di noi. Ed è il posto in cui frugare alla ricerca di qualcosa con cui vestirsi davvero.

 

Altrimenti, saremo unicamente un involucro. Adatto solo per i cambi stagione.

 

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