Fratelli d’Italia: nel ballo devi imparare a ballare

Dal modello di staff di Calandrini alla dialettica tra pari. Nel ballo della politica devi imparare a ballare. Soprattutto se militi in Fratelli d'Italia

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Fratelli d’Italia a Latina è stato non un Partito ma una scommessa elettorale. Nicola Calandrini commissario provinciale del Partito è lì per il gioco che capita a volte per la bislaccheria della fortuna. Alla richiesta di volontari con un passo in avanti, Calandrini si trova scelto per la sua  immobilità: tutti gli altri hanno fatto un passo indietro mentre lui è rimasto fermo. Come nel celebre scena del film Scuola di ladri diretto da Neri Parenti con Lino Banfi, Paolo Villaggio e Massimo Boldi.

In questo caso la fortuna non aiuta gli audaci ma gli indecisi. Naturalmente nella solitudine ha fatto e disfatto ma non sul terreno della politica bensì su quello dell’amministrazione.

Dal Partito degli assessori a quello dello Staff

Nicola Calandrini

Nella mia famiglia politica, i socialisti, che di idee ne avevano da vendere ma nella prassi si faceva fatica, ci piaceva parlare di “Partito degli assessori“. Fratelli d’Italia a Latina è un “Partito di staff“. Se sei piccolo la cosa si nota poco ma se sei grosso la cosa diventa abnorme, evidente, improbabile.

Lo staff comanda si autosceglie e gli altri “stanno a guardare”. Non funziona più se l’essere grosso diventa bisogno, necessità di diventare grandi. Settemila tessere a Latina mentre a Roma si è passati da 12mila a settemila… Cosa c’è di diverso? Lo stesso che c’è tra una immagine in bianco e nero della Corea del Nord e una a colori di quella del sud. (Leggi qui: Più simpatizzanti ma meno tesserati: FdI si allarga ma si “annacqua”)

Si sono iscritti ora quelli della destra storica che hanno il senso della militanza, che hanno l’idea di comunità, quelli che hanno testimoniato l’appartenenza quando era difficile e non erano nelle facili posizioni degli “allora indifferenti, ora patrioti” (Ma che sarà poi sta Patria?). Quelli dell’Europa nazione e non con le mani sul cuore all’americana su di un inno che per loro è una marcetta. Si sono iscritti quelli che hanno scelto quando stare a destra era fatica, non potere. Su settemila tessere gli “storici” potrebbero averne coperto un terzo, ma con capacità intatta di farli venire tutti ad un eventuale Congresso.

La tessera di Zaccheo

Enrico Tiero, Vincenzo Zaccheo, Nicola Procaccini

C’è poi la figura di Vincenzo Zaccheo, già sindaco, già deputato, uno di quelli che per l’appartenenza e l’attaccamento al territorio decide di rinunciare al Parlamento per competere e cnquistare la fascia di sindaco. Uno che se si rifà la tessera, come ha fatto, non eviterà certo di metterci testa, la storia, il futuro. Non è uno che chiami per i voti e non per il programma, non per gli assessori. Anzi su assessori e programma te lo dimentichi: se sei gesuita non puoi dimenticarti di sant’Ignazio, soprattutto se eri il cuoco.

Un gatto puoi pensarlo anche come solo bello, affettuoso, ma lui resta un cacciatore. Poi, dal punto di vista della personalità chi lo “regge”?

Nella destra storica c’è gente come Mochi, Galetto, Lucci, Angelo Tomei, Vulcano, lo stesso consigliere regionale Sambucci e poi Maurizio Guercio. Una rete che è certo non coincidente ma sicuramente è nell’humus culturale di Nicola Procaccini, già sindaco di Terracina e oggi parlamentare europeo, uno che a Roma ha peso, un gran peso. Un mondo che, dicevo, ha un idem sentire, una cultura politica che si fa amministrazione.

Il Partito aculturale

Il Partito di Calandrini è aculturale, amministrativo. Che differenza c’è? I primi se pensano a fare un punto luce, un lampione, immaginano per farci leggere sotto la gente, per studiare le falene, per far passeggiare sicuri i ragazzi, per fare bello un angolo di mondo. I secondi a chi appaltare la manutenzione e che gestore scegliere. Se non c’è la bandiera sul pennone i primi capiscono il senso della offesa alla Patria, i secondi ti dicono quanto costa la bandiera, quanto è difficile metterla sul pennone e raccontano delle delibere necessarie (Zaccheo saliva lui sul pennone, diventando una belva perché capisce i simboli, perché aveva il padre carabiniere).

Poi c’è un altro giocatore Enrico Tiero, uno pratico, erede di una politica di risposta alla gente, uno da strada che male ha visto sempre il buio dell’ufficio. Uno che ascolta, certo non  fa voli pindarici, ma dà risposte concrete. Una cultura della prassi. Uno che non vede bene lo staff che lo esclude e non lo ascolta mai, lui che di voti con il suo nome ne ha 16.000.

Vince chi non si arrocca

Nicola Calandrini

Cosa accadrà? Vince sempre non chi si arrocca, ma chi scende in campo aperto. Ora? Ora non ci sarà la spallata, ma certo in questi giorni c’è stato un evento corale, non un monologo e qualcuno reclama anche nella forma. La fortuna ha portato fortuna a chi non ha scelto, ma mica funziona sempre così, anzi servono arditi.

Comunque sia il modello “di staff” di Calandrini è comunque finito, non può ballare da solo e deve imparare a ballare.