Geni ma non troppo: bastonano Schlein ma la rendono più forte

La segretaria dem non è immune da uscite lessicali "contorte" ma sottolinearle troppo sembra gioco a coprire omissioni altrui

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

A quanti di noi, magari un filino più “studiati” della media, non è mai capitato di sentirsi dire dall’amico più bolso “parla come mangi”? Beh è ora di dirlo: quell’amico amico resta, ma sbaglia. Non c’è preambolo che tenga e certe tattiche non solo sono infide, ma neanche vanno a meta.

Il gioco è quello italiano solito: prendere un esponente politico palesemente “fuori squadra”, puntare tutto sulle sue debolezze comunicative e quindi distrarre. Chi e da cosa? I telespettatori-elettori da quanto nel merito sta accadendo sull’altro versante della barricata. Non è sempre un’operazione voluta, quella di evidenziare pecche formali per calare il velo su altre sostanziali ma l’effetto è sempre lo stesso. E senza troppo concentrarsi sulle cause.

Perciò mettere Elly Schlein dritta in punta di mirino delle sue supercazzole è diventata una cosa a metà tra sport e tattica. Cosa stucchevole, a dire il vero. Lo ha capito molto bene Pierluigi Bersani, che sull’Huffington Post aveva già fatto capire per l’ennesima volta che lui fiuta l’aria meglio e prima di tutti. E di Elly Schlein ha detto: “Un pezzo di establishment la tratta come una macchietta. Ma è il futuro del Pd”.

La lezione verolana di Zingaretti

Zingaretti alla Festa dell’Unità a Veroli

Ma il trappolone è trappola piccola e facilmente rilevabile, ed ogni volta che qualche esponente più “quadrato” del centrosinistra rimette a fuoco i termini della questione il quadro d’insieme riemerge prepotente. Ed è quello che disegnerà pure una galassia dem fratta e bandolera per indole. Tuttavia esso non copre affatto le tare di un destra centro litigioso, sicario e a tratti inconcludente come pochi altri nel novero dei governi in arcione al Paese.

Ci aveva pensato Nicola Zingaretti ad inizio settembre, ad esempio, a dare focus vero allo scenario. Invitato alla Festa dell’Unità di Veroli l’ex segretario del Pd ed ex presidente della Pisana aveva raso al suolo ogni narrazione pubblicistica di un destra centro efficace nell’azione di governo.

In tema di rifinanziamenti del Pnrr il “Tiresia dem” aveva detto: “il taglio nazionale costerà 1,2 miliardi di opere pubbliche per 2500 progetti. Un mega salasso che in Provincia di Frosinone costerà “172 milioni con il reset di 600 progetti”. Il dato era quello per cui la destra narra cose “turpi” e a volte verosimili degli avversari ma si ferma alle loro zoppie di comunicazione. Tutto questo mentre la stessa destra non avanza di un passo in tema di coesione tra Partiti e politiche attive e mesta sul fondo di un assistenzialismo sociale che non darà mai birra allo sviluppo.

La rissa sui migranti e la distrazione di massa

Antonio Tajani, Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Foto: Livio Anticoli © Imagoeconomica)

Sul tema dei migranti la “rissa” interna tra Meloni, Salvini e Tajani è stata talmente palese che solo un grullo non capirebbe che quella è fuffa per riempire il carniere delle Europee. Eppure a destra nessuno si è accorto che il claim di una Elly Schlein “bastonata” da Lilli Gruber perché poco chiara in comunicazione è diventato un boomerang. Arma di ritorno che ha reso la Schelin appetibile e magnetica come non mai. Così come gli attacchi alla “sua” mozione in ordine alla guerra di Hamas ad Israele con in mezzo la Palestina e i suoi diritti.

La Segretaria dem avrà pure la sua bella difficoltà nello sciorinare in semplicità concetti che siano di pronta beva per chi l’ascolta, ma almeno a dire la sua in contraddittorio lei ci prova. Giorgia Meloni con i giornalisti o non ci parla per nulla e preconfeziona format unilaterali, oppure quando lo fa sprizza fretta da tutti i pori. E impugnando un timing per cui pare debba sempre partire per Plutone dà risposte celeri, raffazzonate e più logorroiche ancora della sua antagonista.

Solo che a destra sta funzionando ancora (per poco) la narrazione di una classe politica solida: che non corteggia la fuffa, che non lascia spazio ad infidi “pennivendoli”. E che si struscia con sapienza addosso alla pancia del éaese in una broda social dove ogni stereotipo imposto diventa Bibbia. Anche quello della tabula rasa a Gaza.

Elly non conclude e Giorgia “quaglia”

Foto © DepositPhotos.com

Schlein è radical chic ed inconcludente, Meloni è quadrata, underdog e terragna. Ne consegue che il destra centro batte tre a zero in concretezza un centrosinistra che “ama talmente i poveri da volerne creare sempre di più”. Il Pd è litigioso e correntizio, la destra è un monolite di intenti. Sbagliato: nel Pd la pluralità spesso va in iperbole ma è genetica e a destra essere plurali è avanguardia ma succede lo stesso, però lo si fa apparire “soft”. E’ una fiera della sciocchezza che funziona fino ad un certo punto, e che dopo quel certo punto finisce per equalizzare tutti proprio su chi si voleva fuori dall’equazione “governo-ggente”.

Le stilettate che i tre leader di governo si stanno lanciando su mozioni pro Tel Aviv, tema migranti, affanni sul Pnrr, coperta cortissima sul Bilancio, sono stati tutti sommersi dalla letteratura social della politica criptica. Letteratura in cui una giornalista che ha la stessa empatia di un’urna cineraria un mese fa aveva spiegato alla segretaria dem che no, così non va. “Ma se lei parla così chi la capisce?”. Quasi con rammarico e a dire: me se parli così come facciamo noi a passare il lapis sotto gli errori di quell’altra? Così non ci aiuti, baby.

E giù tutti nei giorni a venire a dare addosso ad una Schlein bolsa di lessico. Che parla come una pariolina al telefono con l’amica in via della Camilluccia. Magari in attesa di fare pilates dove poi arriva pure Renato Zero che “cià la villa proprio qua”. A quel punto scatta l’alchimia e la faccenda si capovolge: l’obiettivo delle mitragliate diventa mitraglia ed i mitragliatori diventano target. Lo diventano perché quello che fanno con sussiego da ruttino composto dopo lo spritz alla veneta è esattamente quello che contestano agli altri. Cioè mettere una tipa alla berlina perché non parla come oggi si deve parlare: ruvidi, concreti, pop.

Se la sincerità è diventata un difetto

Elly Schlein (Foto: Andrea Calandra © Imagoeconomica)

E con un occhio a curva degli ascolti e sondaggi politici che dipendono da quanto spieghi al popolo che sei popolana, popolare e popolabile. Carmelo Caruso, che ha coniato il termine “Tiresia” per Zingaretti, su Il Foglio l’ha spiegata bene. In realtà il vero difetto di Elly Schlein è che a lei non frega nulla di apparire come dovrebbe per essere più di quanto sia. La leader dem è fiera di ciò che è al punto tale da non mettere a strategia la sua mappa caratteriale.

La faccenda dell’armocromista è una cosa che lei per prima, casual per indole, ha sofferto. Non cerca l’inquadratura giusta, non si raccoglie i capelli quando deve essere più seria di quanto non sia, non mette tuniche con gli indiani, bluse con gli inglesi e pellicce coi canadesi. Non dice che i nativi americani sono magici solo perché non usano il microonde e non dice cose che sono fuori dal suo spartito lessicale.

Politicamente questi sono difetti grossi come una casa ma è altrettanto vero che sempre politicamente anche il posticcio eccessivo è difetto enorme. Perché prima o poi quello che vuoi che gli altri intendano di te non sarà più sovrapponibile con quello che vuoi da te. E a quel punto devi mediare fra propaganda ed essenza, tra essere sul pezzo e chiedere agli altri di salire ai tuoi piani e vedere se ci sono cose su cui riflettere.

La sindrome da “signorina Rottermeier”

Palazzo Chigi

Senza contare che poi alla fine si ingenera un effetto per nulla secondario. Quello per cui ogni totem, ogni mistica ed ogni rappresentazione della tua parte politica prima guardata con sospetto diventa schietta e genuina. E lo diventa proprio perché sei stata “bastonata” da persone e contesti che esercitano un diritti di critica molto blando e molto di sussiego. C’è uno snodo di trama in Heidi in cui l’odiosa signorina Rottermeier diventa simpatica esattamente quando viene fuori la sua vulnerabilità di fronte e cose più acide perfino di lei.

Ed è esattamente quello il momento in cui capisci che c’è molto di peggio che essere una governante acida. Succede quando c’è chi salta in sella alla tigre del furore del popolo. Perché in democrazia non devi mai chiedere al popolo di salire ai tuoi livelli, ma chiedere a te stesso di scendere ai suoi. E a volte mezzo lavoro è già preparato, con certa classe politica.

Così ti ama per quello che hai saputo diventare e non per quello che sei sempre stato. E non è sempre giusto, perché così il popolo resta pesce, mai pescatore. E perché di ami curvi ed esche grassocce l’Italia è abbastanza stufa.