Il Pd fissa una serie di punti dalla Festa dell'Unità di Veroli. Rivendica la candidatura per il dopo Cretaro, traccia la linea del Piave su Veroli e Cassino. Dove conferma che il candidato sarà Salera. Zingaretti giura che non vuole andare in Ue: pretattica
L’unità sostanziale al posto dell’Unità formale: una Regione che guarda alle persone, contrapposta ad una Regione “arroccata” sul lessico invece che sui fatti. Il tutto con un voto amministrativo all’orizzonte. Voto che sarà effetto di quegli intenti e causa della loro prosecuzione: a livello provinciale e di territorio. Il tutto con sei “personaggi” in cerca non di un autore, ma di una stagione in cui la politica possa tornare a guardare la gente come si guarda ad uno scopo e non ad un mezzo.
E di essi, quattro annunciati e due che alla fine non potevano non esserci. Nella variante Texas Hold’em del poker esiste un punto massimo, il “pokerissimo”, che prevede carte dello stesso seme più un jolly. Ecco, a contare la differenza di numeri data dall’arrivo di ulteriori due relatori di grana grossa il poker che ieri è stato calato sul tavolo della Festa dell’Unità di Veroli ha avuto la stessa valenza.
Non solo emozioni, servono strategie
Siamo in ambito politico e il “seme” è importante perché è il seme del Pd. Ma siamo anche in ambito amministrativo e il “jolly” non poteva mancare perché il jolly è stato un sindaco uscente. Simone Cretaro è sindaco che al Pd è contiguo.
Perché jolly? Perché la sua presenza a quella festa di Partito tornata a Veroli dopo 28 anni è riuscita anche declinare gli step. Quali? Si va verso le elezioni che nel 2024 decideranno il successore di Cretaro dopo dieci anni e con quella festa il Partito Democratico ha detto una serie di cose. La prima è che c’è ed è capace di aggregare; la seconda che è capace di portare classe dirigente di rango nazionale; la terza che ha classe dirigente che può rivendicare un ruolo ora che si deve individuare il candidato sindaco.
E per farlo ha due strade : o “in purezza” o consociando le forze prog con il civismo. Farlo secondo la tradizione consolidata e vincente di un campo largo con cui governare invece di leccarsi le ferite per fratture terminali o sgroppate di autoreferenzialità.
La roccaforte fondamentale
Roba non facile ma fondamentale e che a Veroli è già successa. È una roccaforte del centrosinistra su cui il Partito scommette da anni. Lo farà con ancora più convinzione ora che il vento soffia con impeto sulle vele del centrodestra. Ora che il Pd dal Lazio ha provato a riorganizzarsi con un Congresso Regionale che è stato al tempo stesso unitario e plurale. Mantenere Veroli alle prossime Comunali è un punto fondamentale per il Pd.
Lo hanno fatto emergere con chiarezza i sei in questione durante il dibattito su “Veroli, il governo del paese e il contributo del Pd”. Analizziamo il tema in mood pignolo. Si trattava di sottolineare come Veroli abbia avuto robusta parte dei suoi benefit per crescere grazie anche al fatto che il Partito Democratico su Veroli ha investito.
In quest’ottica, nella festa c’è stata la presenza prevista di Francesca Cerquozzi (consigliere con delega alla Cultura), Assunta Parente (vicesindaco con delega al Bilancio), Nicola Zingaretti (già Governatore della Regione ed ora deputato) e Simone Cretaro (sindaco non Dem ma vicino ai Dem). I loro nomi erano squadernati fin da quando la tipografia ha trasformato la bozza madre in decine di manifesti.
Poi l’upgrade che un po’ ti aspetti e un terzo step. Ed all’ultimo momento si sono aggiunti il consigliere regionale Sara Battisti con l’ex braccio destro di Zingaretti Daniele Leodori. Intervenuti a tenere ben raccordate le istanze nazionali e quelle locali.
Cerquozzi-Parente: fuoco alle polveri
Su tutto e tutti il totem benevolo dell’ex sindaco Danilo Campanari, della sua riffa con estrazione biglietti vincenti e di uno spessore che va ben oltre la sua “humanitas”. C’erano sindaci, c’era il segretario provinciale Luca Fantini, la presidente Stefania Martini, poi Marco Sarracino e Lucio Migliorelli. C’era la gente ed ha percepito che si stava decidendo qualcosa, oltre che celebrandone un’altra, una cosa che mancava da 28 anni.
E’ toccato alla combo Cerquozzi-Parente rompere il ghiaccio. E si è capito subito che la pluralità del Pd in quanto ad anime avrà pure trovato la sua equalizzazione. Tuttavia che in ambito amministrativo non ha ceduto di un passo da quel sano agonismo che farcisce i wormup da voto locale.
Il movente? La “carbonara” evocata dal chairman nel dualismo sull’utilizzo del guanciale o della pancetta. Assunta Parente ha spiegato che lei non bada moto ai distinguo e che la fa lei, a differenza della sua compagna di slot e partito che “ha chi gliela fa”. Se ci fosse stato anche un solo dubbio sul fatto che su quel divanetto erano assise due papabili sindache venture è morto. E che il “gioco nel gioco” di avviare il match per Piazza Mazzoli fosse già in atto è stato palese.
“Ricostruire il rapporto con la gente”
Parente ha parlato in due step di una festa di “orgoglio di appartenenza di un Pd che ha saputo dare stabilità economica” a Veroli. Una “messa alla prova, perché la politica è un valore importante con cui ricostruire il rapporto con la gente”. E di un “confronto che non fa mai male”. L’assessore ai Tributi è stata in giunte precedenti e sempre a trazione dem, “al governo cittadino ed all’opposizione”.
E ancora: “Se fosse vero che molte voci del Pnrr sono state cancellate, cosa di cui non abbiamo ancora prova tangibile, c’è di che essere preoccupati”. L’elenco delle cose da tenere in bacheca buona non manca e Parente lo fa: dal Centro Storico a Scifelli, dall’Isola Ecologica in via di approntamento al Cereate.
Francesca Cerquozzi aveva una “croce” da portare ed una delizia di cui godere ed erano la stessa cosa: la cultura. In questi anni Veroli è diventata la capitale degli eventi culturali del circondario, ogni sera per l’intera estate ha un evento, registrando il pienone anche su temi impegnati come il festival della Filosofia. Sul tema la consigliera delegata è chiamata non solo a compiacersi di quanto grazie a lei la città sia diventata epicentro culturale, ma anche ad uscire dal recinto stretto di una settorialità che non le appartiene.
Quando la Regione ai Comuni ci pensava
“Sulla cultura abbiamo scommesso molto fino a farla diventare molto più che una voce di bilancio. No, noi abbiamo deciso di puntare ed investire su essa. Ed il Pd, grazie al presidente Zingaretti ha dato un apporto importante con finanziamenti che arrivavano con puntualità”. Il punto era e resta quello: la discrasia tra uno ieri in cui alla Pisana c’era il centrosinistra e un oggi in cui dalla Pisana arrivano solo slogan di bottega.
Cerquozzi ha colto la palla al balzo ed ha rilanciato, ha una rotta e si vede. Su come “i prossimi mesi saranno importanti. Perché saremo giudicati non solo per quello che abbiamo fatto ma anche su quello che sapremo fare”. Per lei è importante il mix tra politica civismo “con persone che vogliano essere coinvolte per vincere”. A chiosa un’immagine figurata che è già slogan: “A Veroli la qualità deve diventare opportunità”.
Cretaro-Zingaretti, nel ricordo di Astorre
Lo slot con Simone Cretaro e Nicola Zingaretti è partito all’insegna del ricordo di uno che al campo largo ci aveva creduto come si crede alle cose che funzionano. Un uomo rievocato con rammarico immenso del tempo imperfetto e con la certezza che il suo esempio verrà coniugato in futuro: Bruno Astorre.
Il sindaco uscente ha concordato: il materiale umano per lasciare il testimone in buone mani c’è. Ci sono “persone serie, competenti ed affidabili. Bisogna conoscere il territorio e non sentirsi più bravi degli altri” ma il plafond di base ci sta tutto. E su quella Pisana in cui “oggi è difficile entrare” il tema caldo del presunto “taglio alle case di comunità” una delle quali è in spot a Veroli. “Speriamo di no, la città serve un bacino di utenza di 40mila persone”.
Chi sperava che Nicola Zingaretti facesse fuoco e fiamme ci ha preso. L’ex presidente della Regione Lazio e oggi deputato ha smentito di essere mai stato in fregola da candidatura alle Europee. Pretattica.
Ciao ciao 1,2 miliardi e grazie destra-centro
“C’è tanto da fare e gli italiani non hanno ancora capito la pericolosità della destra. Con un Pil sceso a meno 0.4%, con la Cina che rallenta, la Germania ferma e con Fitto che ha annunciato il (de)rifinanziamento di 16 miliardi dal Pnrr”.
Poi l’affondo sul Lazio. Dove “il taglio nazionale costerà 1,2 miliardi di opere pubbliche per 2500 progetti”. E in Provincia di Frosinone di quasto consterà il salasso? “Di 172 milioni con il reset di 600 progetti”. Il concetto è quello di un destra centro che o sventola fuffa o si incarta nei suo guai. “Abbiamo passato luglio ed agosto a parlare di Santanché e Sangiuliano, ma su lavoro, imprese e sistema paese nulla”.
I claim in negativo di Zingaretti sono rigidi: salario minimo, “sennò è sfruttamento” ed un dovere. E “ritornare nelle strade. Perché la cosa più da matti è che oggi in Parlamento c’è una maggioranza che rappresenta la minoranza degli italiani ed una minoranza che rappresenta la maggioranza di loro”. Poi l’errore da non commettere più: “Nel 2018 l’unità l’abbiamo proclamata ma non cercata attivamente”. Un Pd sperso tra unanimismo ad ogni costo e lotte fratricide è la cosa che Zingaretti non vuole vedere più. Perciò basta implodere sui soli dibattiti intestini e sì ad un pluralismo che non sia tafazzismo. Perché poi la gente se ne accorge e ti molla.
Leodori, Battisti e il caso-Cassino
Concetti ripetuti ed ampliati dal segretario regionale Daniele Leodori, che ha parlato di un “confronto per una piattaforma sulle Europee” e da Sara Battisti. La consigliera regionale e leader di Pensare Democratico ha citato il caso dell’ospedale di Alatri per cui con Mauro Buschini si è spesa in passato e su cui oggi la destra regionale un po’ nega problemi, un po’ gorgheggia tardive ammissioni sordità. Poi ha puntato il suo riflettore sul congresso regionale e sui “due primati di questa festa. E’ la sola in provincia e torna in un momento pre-elettorale”.
Insomma, l’occasione va colta al di là dell’agiografia. “Bisogna riorganizzare il Partito, perché se D’Amato lascia il Pd dopo che il Pd lo ha candidato qualcosa non ha funzionato”. E a proposito di cose che parevano funzionare malaccio Battisti ha citato anche il caso Cassino. Cioè un altro spot provinciale dove l’anno prossimo sarà vietato perdere. Lì è tutto chiaro: ci sono stati dissapori tra chi governa la città e chi raccorda il governo cittadino con il partito ma due cose vanno dette.
C’è un patrimonio da non disperdere per il Pd e quella massa critica dovrà passare per un chiarimento e per una ricandidatura di Enzo Salera. Il parallelo con Veroli c’era anche se in “diminutio” e chi ha voluto capire capisca.
Giù il sipario, su il sipario, al lavoro
La rotta è tracciata dunque. A Veroli si andrà braccando il campo largo come si braccano le occasioni irrinunciabili.
Perché c’è stata una Regione Lazio che prima era una fucina di legiferati settati sui territori ed oggi ce n’è una omologa che è solo costola degli spot meloniani. E che ha perso contatto con i Comuni. “Non è più la Regione delle persone – ha chiosato Battisti – ma la Regione degli interessi”.
Lascia la parola al segretario Provinciale Luca Fantini ed al Segretario cittadino Toni Pironi che hanno trasformato il previsto comizio finale in un umanissimo e circostanziato “grazie” è stato atto conclusivo. Atto finale di una cosa che non è finita a Largo Cappuccini, ma che è iniziata a Veroli. E da Veroli punta a fare della vittoria locale una riscossa territoriale. La riscossa del Pd che dialoga senza litigare e che allarga senza fare il riccio. E che si riprende la sua ragion d’essere perché si riprende la gente.