Il giallo Saxa Gres: ad Anagni no ma in Emilia Romagna si

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Qualcosa non quadra nella storia della Saxa Gres di Londra e del no pronunciato dalla Regione Lazio al loro investimento da 15 milioni di euro. Un rifiuto che ha sbattuto la porta in faccia all’acquisto della ex Ceramiche Marazzi di Anagni, alla riassunzione di 94 persone, all’avvio della produzione di gres porcellanato da esterni riutilizzando le ceneri dei termovalorizzatori (leggi qui il precedente).

Il no della Regione non è legato a possibili rischi per l’ambiente né alla pericolosità delle ceneri: il rifiuto è motivato dal fatto che in Italia manca una normativa di riferimento perché la legislazione in materia è ferma al 1998. (leggi qui l’analisi)

Cosa non quadra? L’Emilia Romagna sta in Italia, rispetta le stesse leggi nazionali che vigono nel Lazio, segue le stesse indicazioni fornite dal Ministero dell’Ambiente. Ma in Emilia hanno autorizzato un progetto analogo a quello di Saxa Gres che nel Lazio è stato bloccato. A Bologna hanno concesso il via libera ad un’istanza che è stata presentata mesi dopo quella consegnata a Roma.

All’assessorato all’Ambiente della Regione Lazio non hanno tenuto conto della Circolare Ministeriale 10.145 del 10 luglio 2016 diretta a quegli uffici regionali italiani chiamati a valutare progetti nei quali si preveda l’uso di ceneri provenienti da termovalorizzatori. All’assessorato all’ambiente della Regione Emilia Romagna invece si.

Il principio è quello stabilito dall’Unione Europea. Sottolinea che in discarica ci deve andare meno possibile e si deve recuperare ciò che è riciclabile: lo stesso concetto valido per la plastica, la carta, i rifiuti organici, gli olii. Oggi le ceneri dei termovalorizzatori finiscono in discarica ma con quel procedimento finiscono inertizzate nella porcellana. Così come accade per le polveri dei cementifici, per le quali però – dice la Regione – c’è una normativa di riferimento. La direttiva Ue dice che il recupero è prioritario rispetto alla sepoltura in discarica.

A Bologna poi hanno tenuto conto dell’articolo 184 Ter del Codice dell’Ambiente: per autorizzare il progetto è necessario che ci sia un mercato (il gres porcellanato lo ha), deve esserci recupero della materia prima attraverso la produzione (la cenere diventa un prodotto), non deve esserci inquinamento significativo sull’ambiente (le polveri dei cementifici sono ben più impattanti delle ceneri inertizzate).

La Saxa Gres presenterà ricorso? Non è detto. A Londra ora studiano la possibilità di spostare altrove il loro progetto. Infatti, il piano prevedeva una serie di investimenti in produzione industriale poiché la finanza non garantisce più i guadagni di qualche anno fa. E Frosinone ha un tessuto industriale con un know-how ancora spendibile. Ma anche altre regioni italiane.

C’è poi l’aspetto politico. Negli organi di Saxa Gres siede Andrea Pèruzy, dalemiano di ferro. È stato designato amministratore delegato dell’Acquirente Unico Spa, società indirettamente controllata dal Tesoro che si occupa del cosiddetto servizio di “maggior tutela”. In pratica la fornitura di energia elettrica a famiglie e piccole imprese. Il vice presidente è Francesco Borgomeo, specializzato in attrazione d’investimenti, assistenza alle multinazionali nella localizzazione in aree del centro sud, di progetti comunitari per lo sviluppo di imprese; la sua famiglia aveva trattato con le Fornaci di Formia, la più grande fabbrica di laterizi del centrosud Italia fino alla seconda guerra mondiale. Il presidente è Daniele Bartoccioni Menconi, ex JPMorgan a Londra dove è diventato Vice President, già in Merrill Lynch come Managing Director, poi in Mediobanca Londra per avviare l’attività di Capital Markets Solution.

Non è gente abituata a perdere tempo.

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