Il logo c'è, il dossier no. O meglio, dicono che ci sia ma è segreto. E allora sono tanti i dubbi che restano dopo la presentazione di latina candidata a Capitale della Cultura
Più che la curiosità, resta l’amaro in bocca. E forse la perplessità. Restano le domande, poche ore dopo la conferenza stampa della “presentazione” inerente la candidatura di Latina a Capitale della Cultura italiana 2026. Ma andiamo per ordine.
Latina vuole candidarsi al ruolo. Bene. Ma il tempo è poco, il termine scade a fine settembre. E in fretta e furia (l’amministrazione si è insediata a metà giugno, e si sa che a luglio e soprattutto agosto l’Italia è chiusa per ferie, quindi è tutta una corsa) si mettono insieme comitati, si raccolgono idee e si annunciano. E i giornalisti vengono convocati per quella che – a onor del vero – la locandina definisce “conferenza” e non “conferenza stampa”.
E infatti la Sala De Pasquale del Municipio è piena zeppa di persone, di cui giornalisti pochi (a Latina non è che siamo rimasti in tanti, eh. Il ricambio generazionale è ormai bello che defunto e sepolto; per non parlare dell’ecatombe di testate, e anche qui zero ricambio). Il sottotitolo della conferenza era “La candidatura di Latina: tematiche, logo, dossier e stato dell’arte“. Bene. Uno pensa che ci saranno novità.
IL LOGO E GLI ASSET
Una in effetti c’è: il logo della candidatura viene presentato ufficialmente. Realizzato dalla Pg&W, è di un bello sfondo blu, e stilizza la mappa di Latina, riprendendo anche lo schema del genoma umano (le persone che l’hanno fondata e che la vivono), con al centro un puntino che rappresenta la palla della fontana di piazza del Popolo. Semplice, d’impatto, «una narrazione su più livelli», secondo l’ad della Pg&W, Alberto Gottardi.
Per il resto, poco. La coordinatrice della candidatura, architetto Daniela Cavallo, presenta «i tre asset: uno sul modello sociale, perché Latina è stata integrazione e accoglienza; uno sulla architettura e arte del Novecento, di cui Latina è stata pioniera; uno sull’impresa, l’agricoltura e l’industria, eccellenze del territorio». Asset su cui lavorano i tre tavoli tematici, guidati rispettivamente da Emilio Andreoli, Massimo Rosolini (presidente dell’Ordine degli architetti) e Massimo Marini.
UN DOSSIER SEGRETO
Per il resto, poco. Soprattutto, nulla sul dossier di candidatura: «È secretato, non vogliamo scoprire le nostre carte. Questa è una gara tra 26 Comuni candidati di 14 Regioni» spiega il sindaco Matilde Celentano. Precisando che «per noi Cultura è la cura della città, del territorio, delle persone». E l’assessore Annalisa Muzio, referente per la giunta del processo di candidatura, aggiunge che «la nostra è stata una scelta coraggiosa, per la quale è necessario fare rete».
E di rete ce n’è, in sala. Da sindaci e assessori di altri Comuni a presidenti di club come Rotary e Lions a imprenditori, docenti universitari, associazioni di cittadini. La rete c’è, il dossier no. E ti viene il dubbio, di una presentazione “a metà”, del perché si venga convocati, in un umido e appiccicaticcio pomeriggio di fine estate, in una sala affollata, per annunciare qualcosa che in fondo si conosceva, logo a parte: nella convocazione si parlava di dossier. Ma di questo – appunto – neanche l’ombra.
Resta la perplessità anche su altro: ad esempio, perché poche ore prima il Comune manda un comunicato magnificando le vestigia dell’antica Satricum di latina, volsca e romana memoria, e affermando che avrebbero rappresentato un asset della candidatura mentre ieri non se ne è parlato per niente, affidando gli asset solo all’architettura del Novecento, al modello sociale e a quello imprenditoriale?
La candidatura è certo in divenire, ma i dubbi da sciogliere appaiono ancora diversi.