Il potere di servire invece del potere di avere servi: della politica dispettosa

Le chiavi della società sono come quelle della casa di Dio: una responsabilità da assumere, non un'occasione da sfruttare

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme

e per il casato di Giuda.

Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide:

se egli apre, nessuno chiuderà;

se egli chiude, nessuno potrà aprire.

Lo conficcherò come un piolo in luogo solido

e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre

Is 22, 21-23

Isaia narra il diretto intervento di Dio che rimuove un governante corrotto per sostituirlo con un altro cui affidare la chiave della casa di Davide. Tanti elementi di questa narrazione sono passati nelle tradizioni delle istituzioni politiche dell’Europa. Pensate a quanti governanti hanno il titolo di cancelliere: appunto colui che ha le chiavi dei cancelli.

Nell’antica Roma il cancellarius era colui che ammetteva gli imputati davanti al dominus che li avrebbe giudicati. Se egli apre… se egli chiude. E’ il simbolo dell’autorità. Ma una tale autorità non è data per la gloria, la potenza del prescelto. Anzi. Il potere non è il premio per una carriera svolta all’ombra dei potenti, scalando man mano una poltrona dopo l’altra. Alla ricerca di privilegi sempre più importanti fino ad arrivare alla teorizzazione del marchese del Grillo, io so io, e voi….

Qual è la forma più alta di carità

Il potere, invece, è il servizio alla comunità, addirittura per Isaia è il servizio a Dio. Pio XI sintetizzerà queste parole, parlando alle organizzazioni universitarie cattoliche nel 1927 nell’espressione la politica è la forma più alta della carità. Concetto ripreso poi da Paolo VI all’Assemblea della FAO nel 1970, e da papa Francesco agli studenti delle scuole gestite dai gesuiti, nel 2013.

In questi anni  la politica appare sempre più sconclusionata, pronta a rincorrere ogni  piccolo movimento di opinione, pur di accaparrarsi qualche consenso. Tempestiva  a solleticare gli istinti peggiori di persone che vivono nella paura, identificando così, di volta in volta, il nemico da liquidare, da lapidare.

Invece  Isaia immagina che l’autorità  venga  conficcata in un luogo solido da cui non può essere spostata, a seconda degli interessi prezzolati di chi la spinge da una parte e dall’altra.

L’autorità che non si sposta: è l’autorevolezza

Proprio in questi giorni ascoltiamo interventi di persone poste alle più alte cariche della Repubblica. Ministri, sottosegretari, deputati, senatori, che fanno a gara a spararne una più grossa dell’altra, a spostare il piolo appunto che risulta divelto dalla roccia solida cui invece dovrebbe essere conficcato.

E’ necessario dunque recuperare serietà nella politica, pensando a quanto bene essa possa fare alle persone che dipendono dalle decisioni che vengono via via assunte. E che spesso appaiono più il frutto di dispetti vicendevoli che di ponderate deliberazioni. Anche il contesto comunicativo, in cui siamo immersi, non aiuta a riflettere, quanto invece ad usare le proprie idee come armi da scagliare contro gli avversari, una sorta di iattanza del pensiero.

Così cessano di essere persone che la pensano diversamente e diventano invece nemici da demonizzare e soprattutto da demolire in ogni aspetto della loro esistenza.

E invece Isaia dice che il nuovo governante sarà come un Padre per Israele, un padre che sa prendere decisioni difficili. Che svela al figlio gli aspetti complessi della vita e che lo aiuta ad affrontarli. Un padre che è disposto a dire quei “no” che soli possono portare al miglioramento del figlio.

Certo Isaia parlava di re e di sudditi, ma siamo certi che viviamo in un contesto tanto diverso?

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).