La pistola fumante in mano ad Antonio Pompeo

Il presidente della Provincia di Frosinone Antonio Pompeo non ci sta. Gli hanno messo in mano una pistola fumante. Ed un cadavere davanti ai piedi. Tutti ora cominciano a guardare lui con sospetto.

Proprio per questo si prepara a dire con forza che le impronte digitali non sono le sue. Lo farà nel pomeriggio con una nota nella quale spiegherà che non è responsabilità della Provincia se ci sono imprese pronte a spostare altrove i loro investimenti. Non è colpa dei suoi Uffici se occorre quasi un anno prima di esaminare una pratica Ambientale. E senza il visto su quei documenti, le aziende non possono ampliare, aumentare la produzione, assumere.

La Provincia è stata chiamata in causa più volte nelle ore scorse, durante nella sede centrale di Unindustria Frosinone. E’ avvenuto durante il convegno con il quale il presidente provinciale degli industriali Giovanni Turriziani ha messo intorno allo stesso tavolo i politici, gli imprenditori, la magistratura. Cioè chi scrive le leggi, chi le deve far rispettare, chi le deve recepire.

E’ stato il tentativo di far parlare tutti la stessa lingua. Di fronte ad un territorio in agonia: avvelenato, sempre meno occupato, nel quale le industrie vorrebbero investire ma non hanno mai tutte le carte in ordine e quando arrivano i timbri necessari è già troppo tardi. E nel frattempo, spesso, è passata la Procura.

A mettere la pistola fumante in mano al presidente Antonio Pompeo sono stati in tanti. Lo riferisce  Pierfederico Pernarella sul Messaggero di oggi.

 

Ne ha parlato il Prefetto Emilia Zarrilli che ha ricordato come della questione se ne discuta ormai da tre anni senza trovare una soluzione. «Molte imprenditori – ha detto il prefetto – mi hanno confidato che le difficoltà che incontrano in questa provincia , non le trovano altrove». Colpa, secondo la Zarrilli, della paura di assumersi le responsabilità e di «un’atavica pigrizia che in questo territorio la fa da padrone». Concetti ribaditi anche dal presidente di Unindustria Cassino, Davide Papa, che ha chiesto il soccorso della Provincia.

Il primo a prendere di mira il palazzo di piazza Gramsci a Frosinone era stato proprio Davide Papa. Nei giorni scorsi aveva messo il dito nella piaga e detto che troppe aziende si stanno stancando dei tempi della burocrazia su questo territorio (leggi qui ‘Imprese impronte ad investire: la burocrazia le blocca’) .

Tutti a puntare il dito contro i ritardi. E quei timbri sulle pratiche li deve mettere la Provincia. Al punto che

Il Ministero dell’Ambiente è pronto a commissariare gli enti subordinati qualora si dovessero registrare ritardi negli iter autorizzativi e più in generale amministrativi. Lo ha annunciato ieri il Laura D’Aprile, dirigente della divisione bonifiche e risanamento del dicastero dell’Ambiente.

 

Per Antonio Pompeo è troppo. Non ci sta a coprire con le sue impronte digitali quelle di chi invece ha puntato la pistola ed ha premuto il grilletto.

In mattinata ha tenuto un vertice nel suo ufficio. Nelle prossime ore esprimerà la sua posizione ufficiale. Sarà una nota garbata, nella quale ringrazierà Giovanni Turriziani per avere sollevato in maniera così autorevole la questione. Ma poi ribadirà tre concetti.

Il primo. I ritardi nel rilascio delle Aia non sono colpa della Provincia. Ma della riforma Delrio rimasta a metà: ha tolto alle Province le competenze in materia ambientale, ha fatto smantellare gli uffici specializzati in queste tematiche, poi  ha restituito parte delle competenze, ma vieta in modo tassativo di riprendere il personale mandato via o di rimpiazzarlo con altri, fossero pure dei consulenti.

Il secondo. La Regione ha la sua parte di colpe. Per un anno ha fatto tira e molle sulle competenze: queste me le tengo, queste ve le lascio, poi una parte le restituisce. Con fascicoli che fanno avanti e indietro tra piazza Gramsci, la sede provinciale della Regione, l’assessorato regionale. E nel frattempo, tra uno spostamento di competenze e l’altro, le imprese restano con il cerino acceso in mano: gli investimenti pronti, le autorizzazioni che non arrivano, la Procura che bussa.

Il terzo. Siamo pronti a fare la nostra parte. Anzia a tornare a fare la nostra parte. Come prima e meglio ancora di prima che la riforma smantellasse tutto. Ma occorre che il governo, prima di pensare alla legge elettorale ed alle nuove elezioni, sistemi le Province. Mettendole in condizione di tornare a lavorare. Se siamo arrivati al punto di presentare, insieme alle altre Province italiane, una denuncia cautelativa per dire allo Stato ‘Non siamo in grado di fare le cose che ci assegni’ una ragione ci sarà.

 

No. Antonio Pompeo non ci sta. Le impronte sulla pistola fumante, dirà oggi pomeriggio, non sono le sue.

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