E io l’acqua non te la do

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Carlo Maria D’Alessandro lascia i panni della Venere di Botticelli riemersa dalle acque: ormai assomiglia più ad un delfinozzo che sale e scende gioiosamente dalle risorse idriche di Acea. Più i giudici lo mandano giù con le loro sentenze e più lui riemerge galleggiando su un cavillo giuridico; più i magistrati lo affondano nominandogli un commissario e più lui riaffiora pacioso sguittendo su un’impugnazione; più lo inabissano bocciandogli i ricorsi e più lui te lo ritrovi a galla che sorride e si tiene le chiavi degli acquedotti cittadini.

Come ha fatto questa mattina. In conferenza stampa ha annunciato urbi et orbi, al polo di terra di aria e dei fiumi (non avendo Cassino il mare) che lui, ingegnere Carlo Maria D’Alessandro, per grazia di Dio e volontà dell’elettore sindaco della città martire di Cassino, l’acqua di Cassino ad Acea non gliela consegna. In barba alla sentenza del 2015, alla faccia del giudizio che lo obbliga ad ottemperare, infischiandosene del commissario Ernesto Raio, del signor prefetto, di tutto il Tar ed il Consiglio di Stato. E se dobbiamo arrivare in Cassazione ed alla Corte Costituzionale non c’è problema.

Anzi no. Riavvolgiamo il nastro. Riascoltiamo bene. Questa volta il proclama è diverso perbacco. Non ha detto «L’acquedotto ad Acea non glielo consegno», ha detto «Non gli consegno l’acqua». E’ diverso.

Così mentre felice e sprizzante sbuffi dallo sfiatatoio sul dorso, Carlo delfinozzo Maria arringa in conferenza stampa, i più accorti corrono a leggere il provvedimento che ha firmato.

In sostanza dice ad Acea: è vero che gli impianti te li devo dare e ho tutte le intenzioni di farlo, ma le sentenze parlano tutte di impianti e non di acqua; e l’acqua serve a me che ci devo alimentare la rete idrica cittadina che è cosa mia, non oggetto della riconsegna, trattandosi di un’opera compensatoria.

Non solo. Nell’ordinanza il sindaco dice che Acea non ha le risorse idriche da mettere negli impianti. E che Acea sa benissimo di non avere quell’acqua: risulta dal verbale del 4 agosto scorso numero 0010805; un verbale del quale Carlo delfinozzo Maria ed i suoi avvocati sono venuti a conoscenza solo il giorno otto agosto.

Scartabellando allora negli archivi comunali si è scoperto che non risulta alcuna richiesta fatta dall’ingegnere Paolo Saccani – presidente ed amministratore delegato di Acea Ato 5 – o chi per esso, con cui domandi l’autorizzazione ad usufruire della risorsa idrica cittadina.

A questo punto, il ragionamento del sindaco è elementare: niente richiesta di Acea, niente concessione, niente acqua cittadina, tubi vuoti. E allora non posso darti un bel niente perché non hai l’aqcua da girare ai miei cittadini.

Vabbè, si dirà: Acea può chiedere l’acqua all’acquedotto campano che si alimenta con le sorgenti del Gari. Carlo Maria fa un altro volteggio a pelo d’acqua, sbatte le pinne, sbuffa uno spruzzo e dice: «Violare gli estremi della convenzione potrebbe integrare estremi di reato perseguibile a denuncia di questo Ente davanti alla procura della Repubblica, oltre che indebito arricchimento ai danni del Comune».

La sostanza? Siccome Acea non ha l’acqua da mettere negli impianti, il Comune di Cassino non glieli consegna. E dopo 13 anni la storia ricomincia.

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