L’asino di Zaccaria per spezzare gli archi della guerra

Zaccaria ed il "conflitto" tra asino e cavallo, per simboleggiare la scelta del cambiamento. Al quale abbiamo la possibilità di sottoporci

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

A te viene il tuo re.

Egli è giusto e vittorioso,

umile, cavalca un asino,

un puledro figlio d’asina.

Farà sparire il carro da guerra da Èfraim

e il cavallo da Gerusalemme,

l’arco di guerra sarà spezzato,

annuncerà la pace alle nazioni

il suo dominio sarà da mare a mare

Zc 9, 9-10

Un conflitto fra animali, da una parte un’asina, dall’altra un cavallo. Così Zaccaria rappresenta il cambiamento che il Messia porterà alla sua gente. Scrive nel V secolo a. C.: davanti a sé ha un popolo che è appena tornato dalla schiavitù in Babilonia. E’ stato liberato dopo quasi 70 anni di deportazione. Quante volte quel popolo ha rimpianto la sua terra, ha sofferto le persecuzioni dei Babilonesi, fino a quando Dio è intervenuto.

I Persiani hanno sconfitto i loro oppressori e hanno liberato gli ebrei che tornano esultanti nella loro terra. Di nuovo si impegnano a rispettare il patto con quel Dio che li ha liberati ma è un impegno che dura poco. Cominciano subito a tramare giochi di potenza, a sognare di allearsi con quell’imperatore o con quell’altro, che magari dà loro più sicurezza di una legge scritta su tavole di pietra.

Rispettiamo il patto, ma solo per poco

“La tentazione di Cristo” (Duccio di Buoninsegna) Particolare

Vuoi mettere parole scritte tanti anni fa con i carri falcati, con i cavalli bardati per il combattimento, con la potenza dei guerrieri e degli arcieri? E’ la tentazione che continuamente riemerge nella nostra vita: ce la racconta anche il Vangelo. Gesù viene portato in cima al monte più alto, gli vengono mostrati tutti i regni della terra: se mi adorerai, gli dice satana, saranno tuoiSe sarai disposto ad ingannare, ad uccidere, a sopraffare, ad imbrogliare, a non rispettare la parola data, a tradire, sarai un uomo potente, avrai carri e cavalli.

E invece Gerusalemme deve guardare al suo vero re, un re giusto, vittorioso, umile. Zaccaria non nota la dissonanza fra queste parole. Si può essere vittoriosi e umili nello stesso momento: è il primo aggettivo che è dirimente.

Il bene non si fa con i carri da guerra

Il re è giusto ma non perché fa giustizia ma perché Dio lo ha reso giusto. Perché soltanto lui è in grado di rendere una persona capace di fare il bene ad ogni costo ed in ogni condizione. E il bene non si fa con il carri falcati o con i cavalli da guerra. Il re, reso giusto da Dio, come la tradizione biblica più volte richiama, arriva su un asino, la cavalcatura dei poveri, di coloro che non fondano la loro sicurezza sulla ricchezza e sulla potenza. Raggiunte a costo della disonestà e del delitto, ma sulla rinuncia alla violenza, alla sopraffazione.

L’asino è la cavalcatura che Gesù sceglie per entrare a Gerusalemme pochi giorni prima di essere sopraffatto dal male. Che però, fidandosi del Padre, vincerà, spezzando così l’arco di guerra e dando a tutti una prospettiva nuova. Che Zaccaria sintetizza in quel “da mare a mare” che indica finalmente il superamento dei confini nazionalisti. Simbolo della pace alle nazioni che abitano la terra, riunite dal nuovo re, nel rispetto delle loro tradizioni e dei loro costumi.

Che bella immagine ci regala Zaccaria! Ma sono parole che impegnano a spezzare gli archi di guerra che sono attorno a noi. E che possiamo facilmente tendere per eliminare chi non è d’accordo con noi, a rinunciare ai carri falcati che distruggono tutto ciò che incontrano, incuranti dei valori e delle storie di quelle persone, e a cercare relazioni con tutti i popoli della terra, pure nella diversità di usi e costumi.

Ecco il lavoro umile e paziente dell’asino.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti). 

(Foto di copertina: © DepositPhotos.com).