Latina e quella bandiera dell’Ucraina che manca in Comune

Latina non espone la bandiera dell'Ucraina. Legittimo. Ma contro la storia della città. Che è stata capitale nazionale dell'accoglienza. Qui sono stati ospitati Istriani e Dalmati, Libici e Tunisini, popolo in fuga dall'Est. Ed il centro che li accolse oggi è un'università. Ecco perché non basta organizzare carovane

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Latina si è aperta al mondo per l’accoglienza ai profughi. Nel tempo ha abbracciato quelli di Istria e Dalmazia in fuga da Tito, poi quelli di Libia in fuga da Gheddafi; quando è stato il momento ha trovato spazio per chi lasciava la Tunisia in preda agli scontri per il potere. Latina ha risposto presente anche quando sino iniziate le migrazioni da un Est Europa per il quale non era più proibito guardare oltre l cortiuna di ferro.

Qui a Latina si è accolto, mai con retorica ma sempre con generosità.

Latina la città accogliente

Il palazzo municipale di Latina

Ora? Ora sulla faccia del palazzo comunale non c’è la bandiera Ucraina. Nessuno sollecita la sua esposizione: la destra cittadina fa i conti con l’ammirazione per i metodi autocratici di Putin, la sinistra più radicale teme di compromettersi con la Nato. Il risultato? Si fa il minimo sindacale, non si cerca di fare in ragione della cultura della città, che è cultura di accoglienza.

Per anni, dove ora c’è l’università sono nate idee di libertà. Ragazzi e ragazze hanno conosciuto qui l’Europa con i suoi tanti difetti ma con un pregio che solo chi ne è stato privo ne capisce la portata: la libertà.

Pochi sanno che le aule dove si sviluppano i loro dibattiti sono state ricavate da quello che era il Centro assistenza profughi stranieri “Roberto Rossi Longhi” di Latina. E che quel centro è stato il più grande punto per l’accoglienza e lo smistamento di profughi operativo in Italia tra il 1957 e il 1991. Ha spalancato le porte dai tempi in cui la rivoluzione ungherese rese tutti sospetti d’essere spie gli italiani che avevano creduto nella rivoluzione dell’Est e vi si erano trasferiti con le loro intere famiglie. Ha continuato ad aprirle fino alla caduta del muro di Berlino.

L’ingresso del Campo Profughi di Latina

Si stima che lì dove ore c’è sede distaccata della facoltà di Economia dell’Università La Sapienza, siano transitati almeno 80mila tra profughi e rifugiati che poi sono stato trasferiti tra Usa, Canada, Australia e Svezia.

Lbc, il partito del sindaco Damiano Coletta, è civico non ha storia e peso e non ha nel suo dna quella idea che la libertà sia la ragione della politica; pensando che sia la buona volontà. (Leggi qui Il terzo tempo del movimento di Coletta).

Una bandiera ed una carovana

Certo mandiamo medicinali e cibo, ma il nodo non è questo. Latina deve tornare alla sua radice che è quella di dare opportunità non carità. (Leggi qui)

Foto: Alexandra Koch

Quella mancata bandiera dell’Ucraina fa timida la città che sfidò tutta Italia per accogliere i profughi d’Istria diventati il capro espiatorio della cattiva coscienza nazionale; accolse la sfida di fare evidente un nostro passato coloniale che volevamo in fretta dimenticare e… Era difficile far vedere che esisteva un mondo oltre cortina che non era paradiso ma inferno e negava l’umanità, a Latina quel mondo erano facce, sangue, pelle di uomini e donne.

Questa storia dobbiamo conoscere per essere nel mondo qualche cosa, Latina senza quella bandiera Ucraina è ipocrita di se stessa. Di una destra vittima dell’amore di Cesare e di una sinistra malata di antioccidentalesimo.

Santuccio, Sante Perciballe sindaco comunista di Sezze andò in Russia. Tornato, tutti i compagni curiosi gli chiedevano “Santù ma accom’è la Russia, la Patria nostra, ca nu volemo fa accomme a isci?“. Santuccio per una settimana non rispose, poi davanti alle insistenze sbottò: “Fortuna ca semo perso“.

Mettere quella bandiera dell’Ucraina, significa essere degni di una città che avrà tanti difetti ma anche una dignità: è la città delle opportunità… o lo era? Anche se ad attaccare è la Russia