Le dimissioni di Zingaretti: «Vi lascio un Lazio migliore»

Le dimissioni di Nicola Zingaretti dopo dieci anni alla guida del Lazio. Il saluto sullo scalone. La corona d'alloro alle Fosse Ardeatine con il messaggio per chiunque verrà dopo di lui. "La democrazia non ci è stata regalata". L'orologio delle elezioni. Cosa succede adesso

Le immagini lo intrappolano per sempre sullo scalone con il tappeto rosso nel palazzo della Regione Lazio. Lo percorre per l’ultima volta avviandosi verso l’uscita di quello che è stato il suo ufficio per dieci anni: Nicola Zingaretti ha appena firmato le dimissioni, girando così la clessidra che porta alle elezioni per individuare il suo successore. Ma stavolta è diverso.

È diverso come tutte le ultime volte. C’è il sapore della fine, il peso che finalmente viene lasciato alle spalle, l’incertezza per un mondo che inevitabilmente da questa sera sarà diverso. Ma è diversa anche la discesa: all’improvviso dagli uffici inizia ad uscire il personale ed assieparsi davanti ai tornelli con i guardiani. Battono le mani.

Una Regione migliore

Giuseppe Conte ed il suo staff l’avrebbero raccontata come una standing ovation per il presidente. Come il riconoscimento spontaneo degli uffici verso l’uomo che ha risanato i conti di una Regione tecnicamente fallita quando era entrato dieci anni fa. Esagerazioni. È stato un sincero gesto di cortesia. Nulla di clamoroso né epico ma che comunque ha commosso il presidente.

Nicola Zingaretti trattiene le lacrime. Sfodera il sorriso che spara come arma tattica nei momenti in cui è sotto attacco. Saluta dicendo «ho firmato le dimissioni da presidente della Regione Lazio. Dopo 10 anni lasciamo una Regione migliore di quella che abbiamo trovato. Questo è importante per tutti e in particolare per le ragazze e i ragazzi che dovranno costruirsi un futuro».

Niente comunicati. Lo scrive su Instagram aggiungendo «Voglio dire grazie e dare un immenso abbraccio a una grande squadra che ha servito le Istituzioni e i bisogni dei cittadini».

Un altro segnale lo ha dato in mattinata. L’ultimo atto ufficiale prima di andare in ufficio per firmare le dimissioni. Nicola Zingaretti va alle Fosse Ardeatine per deporre una corona d’alloro. È l’ultimo segnale politico mandato da Governatore: «La libertà e la democrazia non ce le hanno regalate. Sono state conquistate, anche con la vita, e ora vanno difese». C’è un messaggio per il suo successore, di qualunque colore sia: «Per chi ha responsabilità di Governo significa servire le Istituzioni e realizzare davvero gli obiettivi indicati dalla Costituzione».

Il calendario per le elezioni

Daniele Leodori e Nicola Zingaretti

Le dimissioni del presidente della Regione aprono la strada verso il voto nel Lazio. Il passo indietro di Zingaretti comporta le dimissioni della Giunta regionale e lo scioglimento del Consiglio regionale, che verrà dichiarato con un proprio decreto dal presidente dell’Assemblea legislativa.

La giunta dimissionaria resta in carica, presieduta dal vicepresidente Daniele Leodori, limitatamente all’ordinaria amministrazione fino alla proclamazione del nuovo governatore.

Sarà proprio il vicepresidente Daniele Leodori nei prossimi giorni, a convocare per decreto i comizi elettorali, a fissare il numero dei seggi per le varie Circoscrizioni elettorali. C’è una data certa e improrogabile entro la quale il successore di Nicola Zingaretti deve essere eletto: la legge elettorale del Lazio stabilisce che il voto deve tenersi entro 90 giorni dall’indisponibilità del titolare.

È già partito il ‘toto-data’: l’ipotesi più accreditata è che si vada alle urne nella prima metà di febbraio, o domenica 5 o domenica 12. Ma va prima verificato se il Governo intenda disporre un’unica data per tutte le Regioni chiamate al voto, facendole andare alle urne nello stesso giorno. L’election day avrebbe il pregio di sottrarre le Regioni al condizionamento inevitabile che verrebbe determinato dai primi risultati sulle ultime chiamate al voto.

Nel nome di D’Amato

Alessio D’Amato

Il dopo Zingaretti è già cominciato. Con l’evento tenuto nel pomeriggio al Brancaccio da Alessio D’Amato: l’assessore alla Sanità che per due anni è stato in prima linea nella lotta al Covid, ha rivoluzionato gli ospedali, organizzato le vaccinazioni. È lui il candidato in pectore alla successione. Lo ha deciso il Partito Democratico dopo un vertice tra il Segretario Enrico Letta, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ed il Segretario Regionale Bruno Astorre. In serata è arrivato il si immediato di Carlo Calenda per Azione e Maria Elena Boschi per Italia Viva. (leggi qui: Regionali, Astorre: «Alessio D’Amato è il candidato del Pd»).

Semaforo verde anche da Marta Bonafoni, capogruppo della Lista Civica Zingaretti. «Per proseguire l’esperienza virtuosa intrapresa negli ultimi 10 anni dall’amministrazione regionale e andare ancora più avanti, c’è bisogno di un programma avanzato. Di una coalizione larga e coesa. E che i profili migliori si mettano a disposizione con generosità: in questo contesto intendiamo la candidatura ufficializzata oggi dall’assessore D’Amato per il Pd».

«Ora è necessario un allargamento della coalizione anche a mondi civici ed esperienze plurali, la costruzione del programma e la selezione della candidatura in maniera partecipata, con delle vere primarie di coalizione. In questa maniera avremo tutte le carte in regola per vincere e dare al Lazio una guida progressista, ancora una volta in controtendenza con la situazione politica nazionale».

Il dopo Zingaretti è già cominciato.