Cambiare tutto perché il potere non cambi: il ‘listino’ potrebbe restare

La legge elettorale regionale non verrà cambiata, resterà il listino con i consiglieri che entrano in aula insieme al candidato governatore vincente, in modo automatico e senza bisogno di preferenze; non ci saranno così dieci posti in più da dividere sulle province del Lazio e sulla Capitale. L’unica modifica che verrà apportata è l’introduzione delle quote rosa: obbligo di candidare una percentuale di donne e possibilità di dare due preferenze (anziché una sola) ma a condizione di votare due candidati nella stessa lista e di sesso diverso.

 

Sono le indiscrezioni che arrivano dalle aule della Regione Lazio. Lì la Commissione Affari istituzionali sta per riprendere i lavori con cui riformare la legge elettorale regionale. E l’orientamento sotterraneo è di toccare nulla. Lasciare tutto il possibile così com’è oggi.

 

Ma due passaggi vanno fatti per forza: se non vengono introdotte le candidature femminili e la possibilità del doppio voto di genere, l’intero risultato elettorale potrebbe essere impugnato. Perché? La legge elettorale regionale non risulterebbe conforme ai principi stabiliti a livello nazionale. Infatti: la doppia preferenza uomo / donna e l’obbligo di mettere in lista candidati dei due sessi in maniera equilibrata (non più del 60% dello stesso sesso) è solo un adeguamento alla legge nazionale n° 20 del 2016).

Per lo stesso motivo, il secondo passaggio obbligatorio è l’introduzione del divieto del terzo mandato consecutivo. Anche in questo caso è il recepimento della legge nazionale n°165 del 2004.

 

Il vero nodo politico è l’abolizione del listino e l’assegnazione del premio di maggioranza con cui garantire alla coalizione vincente di avere i numeri con cui governare in tranquillità.

Togliere il Listino significa portare da 40 a 50 il numero dei consiglieri che viene eletto attraverso le preferenze. Oggi, invece, gli eletti con le preferenze sono 40. A loro se ne aggiungono dieci che entrano con il presidente, in modo automatico.

Si pone il problema politico di come riattribuire i 10 seggi. Spalmarli tra le Province e la Capitale? Corretto. Ma non c’è la garanzia di governabilità che invece viene data dall’attuale premio di maggioranza (i 10 che entrano in modo automatico con il candidato presidente).

Tra gli emendamenti presentati c’è quello di abolire il listino ed il premio, facendo scendere l’attuale consiglio regionale a 40 consiglieri. In confronto ad oggi, ogni provincia ne perderebbe uno e Roma ne perderebbe cinque o sei.

Un altro propone invece di garantire al vincitore altri 5 o 6 consiglieri, pescandoli in proporzione ai voti presi.

 

L’accordo che sta serpeggiando in questi giorni è invece quello di lasciare il Listino. Com’è e dov’è. Lasciando al prossimo Consiglio Regionale la rogna di decidere la nuova legge elettorale. Perché? In questo modo, il potere non verrebbe diviso: per fare un esempio, Mario Abbruzzese o Mauro Buschini non rischierebbe di vedersi eletto anche un altro consigliere all’interno della loro lista. Dimezzando, di fatto, il loro peso.

Ma è solo un esempio. Oppure no?

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