Una mozione per bloccare i rifiuti da fuori provincia

Presentata a Montecitorio da LeU una mozione a tutela della Valle del Sacco. Muroni: "Il governo si impegni per le bonifiche"

I capisaldi sono tre. Una legge per bloccare l’arrivo dei rifiuti da altre province e destinati ad essere inceneriti nel termovalorizzatore Acea di San Vittore del Lazio o ad essere interrati nella discarica Mad di Roccasecca. La sospensione delle procedure per l’apertura di nuove discariche nella Valle del Sacco e di nuove attività impattanti con l’ambiente. Il monitoraggio di tutti i siti compromessi.

Sono gli impegni che la deputata Rossella Muroni (Liberi e Uguali) chiede al governo con la mozione a tutela della Valle del Sacco. È stata presentata stamattina nella sala stampa della Camera dei Deputati a Roma dalla parlamentare, insieme al segretario regionale di Sinistra Italiana, Marco Maddalena, alla professoressa dell’università Roma La Sapienza Margherita Eufemi e ad Alessandro Coltrè, del movimento Rifiutiamoli (nato a Colleferro per mobilitare i cittadini contro il revamping dei due inceneritori, opzione oggi definitivamente cassata dalla Regione Lazio).

La mozione è stata sottoscritta anche dai deputati del gruppo LeU Fornaro, Epifani, Occhionero, Rostan e Fassina.

Gli obiettivi a breve

Due gli obiettivi che per Muroni occorre perseguire nel breve periodo: «procedere speditamente con le bonifiche», su cui «il ministero dell’Ambiente ha preso un impegno preciso“, e «fermare le azioni presenti di deperimento ambientale».

Nell’area si parla molto di economia circolare, recupero dei materiali, nuove economie. Ma per la parlamentare prima bisogna essere «in grado di porre rimedio a queste situazioni».

Un po’ di Storia

Nelle premesse della mozione, l’onorevole Rossella Muroni ripercorre la storia ambientale della Valle del Sacco. Dall’originaria istituzione di due Siti di Interesse Nazionale (Sin, cioè siti talmente inquinati e con sostanze così velenose che la competenza della bonifica era dello Stato), al declassamento a Sito di Interesse Regionale (Sir, competenza della Regione), alla definizione del nuovo perimetro di un unico Sin (‘Bacino del fiume Sacco’).

Il bacino unico risale al 2016, istituito per la contaminazione dei suoli e delle acque derivata dallo sversamento abusivo di rifiuti e sostanze pericolose di origine industriale e dall’interramento di rifiuti industriali. Un capitolo parla della mancata regolamentazione del sistema degli scarichi, specie industriali, nel fiume Sacco. E della storica insufficienza degli impianti di depurazione, che hanno causato il moltiplicarsi di scarichi illeciti, culminato nel 2005 con lo sversamento di alte quantità di cianuri nel Rio Mola Santa Maria, affluente del Sacco, che determinò la dichiarazione dello stato di emergenza ambientale per l’intero sito.

E ancora, i superamenti delle concentrazioni di polveri sottili (PM10 E PM2,5), tali da far censire dall’Arpa Lazio la Valle del Sacco in classe 1 per qualità dell’aria, e la presenza di ben 121 discariche di rifiuti solidi urbani nel territorio della provincia di Frosinone, per molte delle quali al 2016 non era conclusa ancora la bonifica.

Pesanti anche le conseguenze dal punto di vista sanitario, messe in evidenza dalla professoressa Eufemi. Nel mirino c’è sempre il betaesaclorocicloesano, più conosciuto come lindano. È uno dei veleni industriali che venivano sversati negli anni dell’industrializzazione selvaggia e senza regole.

La relazione dice che ha effetti su diversi tipi di tumori, sia su quelli ormonodipendenti che sugli epatocarcinomi. «Questa sostanza facilita la progressione del tumore e tutti quei meccanismi di metastatizzazione e di resistenza ad alcune terapie antitumorali».