Luca, quel parà santangelese che con gli inglesi fece come alle Termopili

Il carabiniere con le ali d'argento che assieme ad un gruppo di commilitoni tenne testa all'esercito britannico nel 1941. E morì

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Piazza Luca Caravaggi Mazzonna sta a Sant’Angelo in Theodice ed è uno dei punti di ritrovo più conosciuti della popolosa frazione di Cassino. E’ un posto come tanti, dove a parte discendenti, amministratori, eruditi e molti cittadini di buona volontà sono pochissimi quelli che, col paravento della gioventù, ignorano o cassano blandamente il perché quella piazza abbia un nome, quel nome là in particolare. Ecco, in questi giorni c’è un’occasione in più per ricordarlo perché sono i giorni in cui è caduto l’anniversario di quel che accadde ad Eluet El Asel il 19 dicembre del 1941.

Google non dà esordi incoraggianti e definisce quello “uno scontro minore”. Il che significa, a contare la nostra magniloquente memoria patriottarda, che quella battaglia della Seconda Guerra Mondiale sta nel cantuccio stretto delle cose che ti devi andare a cercare, non di quelle che ti arrivano in faccia ed in punta di perentorio calendario.

Il Tuscania, la fucina di tipi duri assai

Luca, figlio di Giovanni e di Emilia Mangiante, era un “paraca”, un parà carabiniere del Reggimento Tuscania, allora con denominazione “Reale” per ovvi e savoiardi motivi.

Luca Caravaggi Mazzonna a Tarquinia dove venne chiamato per la formazione del 1° Battaglione Paracadutisti (Archivio Storico Carabinieri)

Oggi che al Quirinale ci si va a turno settennale e senza corone sulla testa, del Tuscania si sa solo una cosa ma quella basta ed avanza: da lì e solo da lì vengono prelevati i candidati a far parte del Gis dell’Arma. Vale a dire i tipi che in mood antiterrorismo forse in Europa menano più di tutti assieme al francese Gign.

Luca era assieme ai 400 del maggiore Edoardo Alessi in una fase molto delicata della Campagna d’Africa. Quella cioè in cui i britannici dell’VIII Armata le davano mentre tedeschi ed italiani dell’Afrikakorps le prendevano. Di brutto.

Gli inglesi del generale Auchinleck stavano infatti rintuzzando il nemico da settimane. Lo facevano con un rapporto di forze spaventosamente sbilanciato a loro favore e con le truppe dello scontroso Ettore Bastico sotto il comando di Erwin Rommel a corto di carburante e munizioni. Memento: in quella guerra là dove un tedesco aveva scarsezza di cose era certo come la morte che un italiano quelle stesse cose non le aveva per niente.

Come ti fermo un’armata

La relazione di servizio sulle vicende del 1° Battaglione Paracadutisti (Archivio Storico Carabinieri)

Perciò i 400 del Tuscania, incaricati di coprire la ritirata del grosso delle truppe, dovettero fronteggiare i carri Mathilda e gli Sherman forniti dagli Usa con 6 cannoncini leggeri. Erano i maledetti controcarro 47/32 senza alcuna corazza ai lati a proteggere gli artiglieri, con quelli e con le granate “Pazzaglia”. Cioè? Bombe “a mano” artigianali e pesantissime per scagliare con presunzione di efficacia le quali bisognava essere olimpionici di lancio del peso. Arrivavano fino a due chili e per essere ligie al dovere mortale le dovevi far parabolare verso il nemico in piedi e mentre gli correvi incontro. Cioè esposto al fuoco come una pecora zoppa.

La mattina presto del 19 dicembre una pattuglia inglese in esplorazione tastò il terreno dalle parti degli italiani e ci rimase secca. I difensori facevano ottima guardia e tiravano bene. Poi arrivò la valanga. E con essa i mezzi corazzati che avviarono la macelleria nel deserto pietroso in cui per ripararti la sola cosa da fare è scavare.

Il grosso del reparto accusò colpo, si sganciò e lungo la via Balbia trovò anche il tempo di aggredire e cancellare un caposaldo britannico a Lamluda.

Soltanto in 40 contro oltre 40mila

Luca Caravaggi Mazzonna in Africa Settentrionale

Indietro, ad Eluet, dove i crateri degli obici si aprivano eruttando ogni quattro secondi, rimasero 40 carabinieri al comando degli ufficiali Mollo, Solito e Grippo. Erano l’ultimo baluardo dell’estremo baluardo di un’armata che scappava via dal sogno strategico di essere ad Alessandria d’Egitto in tre mesi. E permettere tra l’altro a Benito Mussolini di farci ingresso con la Spada dell’Islam offerta dai capi berberi e, pare, a cavallo. Luca Caravaggi Mazzonna era in mezzo a quei matti, perché solo un matto resta dove gli è stato detto di restare pur sapendo che restando morirà quanto è certo Iddio.

Un matto o un eroe. E siccome essere matti, eroi, carabinieri e paracadutisti sono tutti pezzi ad incastro di un solo modo di pensare e vivere Luca restò. Lo fece anche quando si prese un primo colpo di Lee Enfield e poi una raffica di mitraglia Bren lo tagliò quasi in due. Fu centrato mentre raccoglieva le forze per lanciare l’ultima “Pazzaglia” che gli era rimasta contro un carro Crusader dietro cui si riparavano i Desert Rats del VII di Sua Maestà.

Inquadriamo la scena ché a noi la mistica alla Muzio Scevola ci frega sempre: a volte esageriamo ed altre la passiamo sotto traccia. Siamo nel mezzo di una mattanza e poco più di 30 soldati sanno che andranno al Creatore in mezzo a fumo, morti, urla e pezzi di amici in volo.

La stele a ricordo della battaglia

Uno di essi, l’ennesimo, viene ferito gravemente e due anime buone ma terrorizzate si scordano che dovranno morire e si offrono frettolosamente di trascinarlo in infermeria abbrancandolo per la giberna unta di sangue. Lui digrigna e non ci sta. Ecco, è questo il dato su cui riflettere: Luca disse di no anche quando a terra di Luca ce n’erano praticamente due quasi separati. E morì lì, gorgogliando incoraggiamenti e provando ancora ad abbozzare una difesa.

L’omaggio rispettoso di Radio Londra

Pochi giorni dopo, il 28 dicembre, fu Radio Londra a diramare un messaggio e lì si capì tutto. Era un messaggio non di lode per i “suoi” che avevano soverchiato gli avversari e cancellato il sogno di un’Africa in asse con l’Asse.

Harold Stevens la voce di Radio Londra

No, Radio Londra gracchiò questo, per Luca, gli altri e per tutti i parà carabinieri che fecero ad Albione quello che gli Spartani fecero a Serse I alle Termopili. E che nel farlo ebbero un inspiegabile e minoritario Argento postumo al Valor Militare.

La radio gracchiò riverente: “I Carabinieri paracadutisti si sono battuti come leoni; mai i reparti britannici si erano confrontati con una così accanita resistenza”. Già, mai. Ecco chi era Luca, ecco a chi è intitolata quella piazza nel punto in cui Cassino si adagia lungo il fiume.

E dai cui flutti a volte, come nelle storie di Giovanni Guareschi sul suo Mondo Piccolo, nelle mattinate di nebbia fitta, sale un racconto. Una storia che mormora su come si muore quando sei un soldato. Con ali d’argento, alamari da granatiere e l’ultimo no in bocca. Quello con cui muori senza esserti arreso, perciò vivi per sempre.