L’uguaglianza come antidoto antico all’orrore tra Israele e Palestina

La potenza di Tel Aviv che rischia di vanificare la tradizione di Gerusalemme: tradizione per cui c'è un solo Dio che ci guarda

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Voi invece avete deviato dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento; avete distrutto l’alleanza di Levi, dice il Signore degli eserciti.

Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro, profanando l’alleanza dei nostri padri?

Ml 2,2. 8-10

Il libro del profeta Malachia conclude quello che i cristiani chiamano Antico Testamento o Primo Testamento. Ma anche nella tradizione ebraica Malachia è il “sigillo dei profeti”, colui che conclude il lavoro di coloro che parlano al posto di Dio.

Vive in un periodo che dovrebbe essere splendido per Israele: sono finalmente tornati dalla schiavitù in Babilonia, il tempio è stato ricostruito. Finalmente non devono più sottostare ad un oppressore ma il profeta capisce che si tratta di un culto vuoto, anzi che i capi religiosi possono rimanere abbagliati dalla potenza, dalla forza, dalla potenza del nuovo Israele. Mi permetto una forzatura: mi sembrano versetti in grado di adattarsi alla situazione odierna in Terra Santa.

Anche Israele è in una situazione di potenza e rischia di perdere di vista tutto l’insegnamento della sua tradizione, arrivando ad essere disprezzato da tutti.

Un solo Creatore, una sola visione

Foto: Clemente Marmorino © Imagoeconomica

Intendiamoci, Malachia non sta parlando della situazione attuale di Israele, né lo stato israeliano di oggi può essere confuso con la comunità israelitica del VI secolo avanti Cristo. Ma le parole del profeta sembrano indicare davvero la strada da seguire: Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio?  Possibile che i credenti possano dimenticare questa realtà che unisce fra loro tutte le religioni del libro?

Possibile che tale elemento debba essere costantemente richiamato all’attenzione dei credenti? E nonostante il principio della comune origine di ogni essere umano, fondamento dell’insegnamento biblico, sia passato, pari pari, nei sistemi costituzionali degli stati occidentali?

Lo ribadisce anche la nostra Costituzione

Pensate alla fraternité della rivoluzione francese, ai principi delle costituzioni europee, all’art. 3 della nostra Costituzione Repubblicana, in cui l’uguaglianza non è soltanto a parole ma deve essere garantita dalla Repubblica. E invece riemergono differenze che non si basano sulla responsabilità personale di un delitto commesso. (I terroristi di Hamas sono i responsabili, non i bambini…; e i responsabili delle politiche dello Stato di Israele, non tutti gli ebrei…).

Sono differenze che si fondano invece sulla appartenenza ad una cultura, ad un gruppo religioso, ad una discendenza e che disobbediscono completamente al volere di Dio.

Profanare ancora rinnovando Caino e Abele

Roberto Zappalà, Corpo a Corpo – Prima meditazione su Caino e Abele (Foto © Serena Nicoletti)

E’ questo lo scandalo della religione: quando viene piegata ad altri interessi,  manipolata e  utilizzata come perfida arma per distruggere gli altri.

Il messaggio di Malachia è chiaro per tutti noi: abbiamo un solo Padre, come possiamo comportarci da perfidi tra fratelli?

Certo, accade che un fratello si scagli contro un altro fratello ma tutti sappiamo che quello è un comportamento riprovevole. E’ la profanazione del nostro rapporto con Dio.