Mandarelli: «C’era un patto per le candidature, lo hanno calpestato»

L'avvocato, ex consigliere ed assessore sia Regionale rivela che c'era un accordo per le candidature. Serviva a bilanciare il nord ed il sud della provincia. L'amarezza e la rabbia. I posti c'erano: ci hanno messo chi volevano. Rinuncia alle Regionali. «Ma il 4 marzo andrò a votare Forza Italia»

La voce è incrinata, come se avesse gridato tanto. Sicuramente lo ha fatto. Ma non vuole darlo a vedere. Non è soltanto delusa ma è anche molto arrabbiata Alessandra Mandarelli: avvocato per professione, politica per passione, consigliera di lungo corso; è stata consigliere ed assessore Regionale del Lazio, è stata in amministrazione comunale a Frosinone ai tempi in cui governava Memmo Marzi.

 

In mattinata ha deciso di ritirare la sua candidatura per le Regionali del Lazio. I motivi ufficiali li ha spiegati in una nota che ormai è su tutti i siti.

Ma c’è altro. Che lì non è scritto.

«Mi ritiro perché non sono disponibile ad essere complice con questo modo di fare politica».

 

Quale modo?

«La politica è serietà e lealtà. Se non si è seri e non si mantengono i patti nemmeno tra compagni di Partito come è possibile esserlo poi con i cittadini?»

 

Quale patto non è stato mantenuto?

«C’era un patto, raggiunto mesi fa. Tutti sapevamo che il territorio della provincia di Frosinone, grazie al lavoro fatto da Nicola Ottaviani, dalle persone che gli sono state intorno me compresa, a tanti bravi amministratori, ha la potenzialità per eleggere un senatore, un deputato, un consigliere regionale o due a seconda del risultato che il Partito farà nelle altre province. Per questo ci riunimmo e dicemmo a Mario Abbruzzese: scegli tu cosa vuoi fare, sei tu il leader. Noi ci adegueremo».

 

E lui cosa scelse?

«Mario decise di rivendicare la candidatura alla Camera. Antonio Tajani per primo disse allora che era necessario riequilibrare la provincia e controbilanciare con un incarico di altrettanto spessore per il Nord del territorio. Era chiaro che ad un rappresentante di Frosinone doveva andare la candidatura al Senato».

 

Invece?

«Invece la candidatura al Senato che fine ha fatto? Alla fine abbiamo scoperto che gli spazi erano addirittura due. Ma non sono stati dati a noi che ci siamo fatti sempre il maz…, scusate, due spalle così per far crescere il Partito. Gli spazi c’erano e ci hanno messo chi hanno voluto».

 

Chi non ha mantenuto il patto?

«Il problema non è chi. Il problema è un sistema che non ha minimamente tenuto conto del modello Frosinone creato da Nicola Ottaviani, che nonostante fosse sindaco uscente si è sottoposto alle primarie altrimenti non sarebbe sceso in campo. Un modello che ha tenuto conto dei risultati ottenuti da tutti ed a tutti ha riconosciuto il giusto spazio. Qui il problema non è chi. Ma come».

 

Lei però era candidata alle Regionali, non alle Politiche…

«Alle Regionali è accaduta la stessa cosa. Hanno calato dall’alto la loro decisione. Hanno imposto candidati in base ad accordi fatti prima. Tenendoci all’oscuro di tutto. Sapevano da prima che c’era un accordo in base al quale avrebbero calato dei nomi: potevano avere almeno il buon gusto di dircelo».

 

Le diranno che si ritira perché non è più sicura della vittoria

«Ma io non ho bisogno di un posto in lista. Ho sempre voluto mantenere il mio lavoro, anche se questo ha significato rendere tutto più complesso, soprattutto per una donna».

 

Il 4 marzo dove andrà?

«Al seggio a votare. Come è giusto che facciano tutti quelli che come me credono nella Politica. E voterò il mio Partito. Sosterrò i candidati. Ma nessuno potrà impedirmi, dall’interno, di reclamare un cambiamento»