Meloni avvelenati per Salvini

Foto: © Imagoeconomica, Stefano Carofei

C'è un nuovo fronte per la Lega. È rappresentato da Giorgia Meloni: in continua crescita. Ha detto no alla candidatura proposta da Salivini a prossimo sindaco di Roma. Significa che mira più alto

Ugo Magri per La Stampa

Sembravano fatti, politicamente, l’una per l’altro (o viceversa). Entrambi sovranisti, tutti e due giovani, determinati, mediatici, super-pop. E in più, con un avversario in comune: Silvio Berlusconi. Contro l’anziano Cavaliere, Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno condotto una dura battaglia generazionale, che ha fatto la fortuna della Lega ma anche dei Fratelli d’Italia.

Se domani si tornasse alle urne, insieme vincerebbero a mani basse senza nemmeno bisogno di un aiutino berlusconiano. In base agli ultimi sondaggi, il partito di Matteo viaggia verso il 40 per cento, mentre quello di Giorgia supera il 6. Forza Italia è a meno di un punto. Di questo passo, e molto presto, Berlusconi verrà lasciato alle spalle.

Ma proprio qui nascono i problemi. Di gelosia.

Le ambizioni di Giorgia

Fintanto che la Meloni restava umile, alla guida di un partitino sempre in lotta per non scomparire, con Salvini andava tutto magnificamente. Invece da quando i Fratelli d’Italia sono in rapida ascesa, nella Lega cominciano a guardarli con occhio sospettoso. Dalle parti del vice-premier qualcuno già si domanda: «Non è che per caso il successo gli sta dando alla testa? Dopo aver raggiunto il Cav, magari la Meloni vuole superare anche noi…».

Un’impresa del genere al momento sembra quasi demenziale, anche perché i rapporti di forza sono di 6 a 1 (in favore di Salvini). Ma chi conosce Giorgia assicura che lei non conosce limiti. Escluso che, come traguardo, si accontenti di correre l’anno prossimo per la poltrona occupata da Virginia Raggi: mira più su, molto più su.

Di sicuro, certe mosse dei Fratelli d’Italia sembrano studiate apposta per mettere in difficoltà la Lega.

In attesa che la bolla si sgonfi

Un paio di esempi. Mentre Matteo si attardava a mettere insieme un gruppo sovranista europeo, che non ha mai visto la luce, Giorgia seguiva il consiglio di Raffaele Fitto che la spingeva ad entrare tra i Conservatori Ue; col risultato che, quando la Lega ha tentato di entrarci a sua volta, le posizioni-chiave di quel gruppo erano già state assegnate ai Fratelli d’Italia.

Sveglia e anche spregiudicata. Qualunque cosa dica Salvini, Meloni riesce ad andare oltre, perfino a costo di esagerare col suo linguaggio verace, forgiato nel quartiere storico capitolino di Garbatella. Quando Di Maio chiese l’impeachment del presidente della Repubblica, pure lei si schierò contro Mattarella, con Salvini meno convinto. Sui temi cosiddetti identitari, tipici della destra, riesce sempre a fare «più uno»: un controcanto continuo alla Lega su Rom, castrazione chimica, migranti.

Nel caso Sea Watch non le è bastato che il ministro dell’Interno vietasse l’ingresso in porto, addirittura voleva che la nave fosse affondata (senza migranti a bordo, si spera). Con spietato cinismo mette a nudo tutti i compromessi cui la Lega è costretta pur di convivere coi Cinque stelle. Lo scopo è evidente: Meloni si sta preparando al giorno in cui la bolla salviniana scoppierà, per intercettare gli elettori prima illusi e poi delusi dal Capitano.

Ma Salvini l’ha capito e d’ora in avanti, dicono i suoi, non le farà sconti. Scintille garantite.

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