Meloni e Salvini, la pace estiva che sa di tregua a denti stretti

Due amici veri a cui non mancano occasioni di inimicizia: e che in vista delle Europee saranno costretti a farsi molto più che una foto insieme

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

I punti su cui si sono più che guardati in cagnesco sono di due tipi: tecnico-programmatici e concettuali. Nel novero dei primi spiccano e giganteggiano Mes e visione sull’Europa, il che significa corsa per le Europee 2024. Quelli più eterei ma non meno “ficcanti” sono noti dai tempi del voto per il Quirinale di un anno fa. Quando cioè due erano alleati ma divisi in casella tra governo Draghi ed opposizione a tutto tondo allo stesso.

Giorgia Meloni e Matteo Salvini sono come quegli amici diventati tali perché hanno un terzo amico in comune che li ha chiamati per un aperitivo a casa sua poi finito in barbecue. Nel loro caso il terzo-collante era la legge elettorale che li ha messi in team con un destra-centro che ha vinto le elezioni ma non ha risolto le sue contraddizioni collegiali.

Come a Cassino, ma a parti invertite

Gabriele Picano con Angela Abbatecola

Una situazione esatta e contraria al tempo stesso a quella che ad esempio c’è a Cassino. Lì il centro-destra non è vincitore con problemi di gestione ex post. Al contrario, deve provare ancora a vincere. E farlo per le amministrative 2024 contro il team di Enzo Salera e con Fratelli d’Italia che rivendica la leadership. Ma con la Lega che quella leadership la vuole appaltare alle primarie giocandosi la briscola della democrazia in purezza. Perciò trasformando la stessa in una potenziale legnata sugli stinchi del partito di cui è portavoce Angela Abbatecola.

Tornando ai due al vertice: la premier è diretta, spiccia e conscia di essere in cima alla piramide alimentare dell’alleanza. Il vicepremier è uno che da premier ci sta studiando da anni, e che dopo il Papete ha visto il suo sogno piallato via a trucioli grossi. Salvini è l’uomo con una divisa pronta per ogni evenienza in armadio. Tuttavia quella da master and commander di Palazzo Chigi è come gli ordini online dalla Cina: tarda, e parecchio, perché paghi poco e solo alla consegna. Poi perché le porta container si fanno i Sette Mari per portarla.

Una premier diretta e un vicepremier “stratega”

Matteo Salvini

Il Capitano è leader di un partito che a sua volta ha perso il treno di una popolarità trans-regionale. Fratelli d’Italia è passato da partito romano-centrista a formazione di appeal ecumenico in due anni. Non ci ha messo molto perché pur avendo genesi per lo più “capitolina”, la formazione post An sventola la bandiera di un malpancismo da grande distribuzione. Uno “sturm und drang” buono ad ogni latitudine che non ha mai avuto bisogno di passaporti regionali o territoriali. E che ha fatto presa da Merano fino a Lampedusa.

La Lega non è riuscita nella colonizzazione di un Sud che le nega quel peso elettorale necessario per trattare alla pari. Ovvio quindi che le questioni più tecniche andassero a corroborare il divario, non certo a farci filo di mastice sui bordi. Meloni ha ufficialmente proclamato alle Camere il suo intento di mettere ad esempio il Mes nella lista delle cose da fare quando tutto dice che doveva già stare spuntato nella lista delle cose fatte.

Mes ed Elezioni europee 2024: i nodi al pettine

Salvini sul Mes è stato sempre e solo contrario, e il distinguo non è stato affatto sanato dal fatto che alla fine entrambi hanno ottenuto una cosa se non eguale quanto meno simile. Il nodo grosso però è quello del voto per le Europee 2024, e lì solo Alessandro Magno con quel rompicapo di Gordia potrebbe mettere rimedio al gap tra i due. Sui temi Ue i due sono come un tonno e una medusa: tutti e due marini ma la cosa finisce là. Recap breve ma utile.

Giorgia Meloni è una premier che arriva dal sovranismo in purezza e che è caduta nelle ovvie contraddizioni di doverlo usare per arrivare al potere e poi mezzo rinnegare per conservarlo, quel potere. Perciò la leader di Fratelli d’Italia ha dato fin da subito una “trazione draghiana” al suo operato a Palazzo Chigi ed è andata in iperbole sulla stessa in politica estera.

Bruxelles creditrice, perciò si media. O si rompe.

L’Ue è la massima creditrice non solo economica dell’Italia con il Pnrr, ma è l’entità politica sovranazionale che serve a Meloni per passare da leader transiente ad inquilina della Storia. E farlo non senza un upgrade di contraddizione ovviamente, perché se guidi una nave devi sempre stare tra vento e sartiame senza scontentare mai nessuno dei due. Perciò sì alla leadership dei Conservatori dell’Ecr ma anche sì alla possibilità che essi escano “mondati” dai loro eccessi grazie ad un affratellamento con la Famiglia Politica Massima in Ue, quella del Ppe.

Meloni dove sì blandire i mastini spagnoli di Vox, ma deve anche strusciarsi addosso a Manfred Weber. Quello e fare i conti con i massimalisti di Visegrad che le hanno sabotato il piano sui migranti avvalendosi del diritto di veto. Insomma, è il classico e sempiterno casino di chi deve fare cose che vanno fatte in virtù di ciò che sei e non di ciò che senti. Salvini, che avrà cento difetti ma che è animale da usta finissimo, queste cose le sa, e le usa. E gioca a fare il “duro e puro”.

Le “mani libere” di Salvini che può deragliare

Nella posizione defilata di vicepremier di un premier debordante e in quella di ministro di un dicastero molto tecnico lui spara a zero. E lo fa sapendo di creare una contraddizione per cui la Meloni è quella che vorrebbe correre per le sue strade ma ha un binario da seguire e lui può correre per le sue strade perché ha facoltà di deragliamento. E la usa per accreditarsi, come orbaniano e come collettore di un voto europeo sotto scacco del proporzionale. Vale a dire di un voto dove avere molte preferenze equivale a sopravvivere prima che a vincere.

Insomma, non è mai stato vero che i due siano nemici che fanno finta di essere amici. Tuttavia è verissimo che i due sono amici con molte riserve su quello che la loro amicizia implica. Negli ultimi tempi questa “sensazione” era diventata abbastanza tridimensionale da tracimare in teorema dannoso, perciò i due sono corsi ai ripari, ripari pubblicistici.

La foto della pace fatta: “Avanti, insieme, sempre”

Ci ha pensato Salvini, che ha postato una foto in cui lui e la Meloni sembrano Hansel e Gretel di fronte alla casetta di marzapane della “strega della sinistra”. E nella quale si guardano con l’aria sorniona e complice di chi la sa molto più lunga di chi crede di saperla. Lei è (come un precedente scatto lacustre – ndr) in rosa, con i capelli raccolti a coda. Lui (come nel precedente scatto lacustre di cui sopra -ndr) è in giacca e cravatta col sale e pepe della barba che gli vellica la pappagorgia. Una cosa alla “Besa-Mes mucho” insomma.

Meloni e Salvini all’anniversario della Guardia Costiera

Lo scatto è stato preso (commissionato) alla cerimonia per il 158esimo anniversario del corpo della Guardia costiera, roba che accomuna i due per pregresso e presente. Parole e musica di Matteo Salvini, parole stringate, da slogan in tre step secchi che Bestia scansati: “Avanti, insieme, sempre”.

E la musica? Quella non c’era ma è immaginabile. Una a scelta tra “Non gioco più” di Mina e “The boys are back in town” dei Thin Lizzy. Dipende da come andranno le cose dopo agosto, quando il caldo torrido non sarà più roba imputabile a Caronte. E quando i due saranno chiamati ad essere amici ma non amiconi. Non più. Perché una briscola Bruxelles val bene una crepa a Roma.