I Miei Anni 70 * Mazzocchi: «Così entrai nei quadri del Pci»

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Continuiamo il dibattito sugli Anni 70 in provincia di Frosinone nel racconto dei diversi protagonisti di quel periodo. Per trovare le puntate precedenti è sufficiente cliccare sul tag Anni 70 in basso a destra

di ERMISIO MAZZOCCHI
già dirigente del PCI – Storico della politica

A giugno del 1972 all’età di 25 anni entrai a far parte dell’apparato politico della Federazione di Frosinone del PCI.

Nei primi mesi del 1972, su proposta della Federazione, venni inviato a Roma a collaborare alla pagina dedicata al Lazio del giornale L’Unità, durante la campagna elettorale del 1972.

Conclusa questa esperienza accettai la proposta del segretario della Federazione Ignazio Mazzoli, di far parte della struttura organizzativa politica della Federazione.

La mia militanza politica era iniziata nel 1960 quando insieme ad altri giovani partecipavamo a incontri presso la sezione del PCI di Cassino che aveva promosso iniziative contro la prolificazione della bombe atomiche. In quello stesso anno mi iscrissi alla Federazione giovanile comunista italiana (FGCI).

Nel 1965 al PCI. Il mio impegno politico cresceva di anno in anno, partecipando e facendo riunioni e comizi, nonostante i doveri scolastici prima al Liceo classico di Cassino e poi per l’Università, laureandomi in Filosofia il 10 dicembre 1971.

Passione e impegno politico intensi in quegli anni (come lo saranno per i successivi) attraversati dagli avvenimenti del ’68, dall’invasione della Cecoslovacchia, dalle manifestazioni contro la guerra del Vietnam, dai primi segni delle azioni della BR, da elezioni comunali di Cassino in cui fui candidato nel 1968 a 22 anni, come consentiva la legge, da quelle politiche. La mia presenza nella Comitato federale provinciale della federazione del PCI come delegato dei giovani comunisti di Cassino, mi permise di avere una visione più ampia della politica provinciale e di ricevere una formazione più profonda.

Il 13 marzo del 1972 si terrà il XIII congresso nazionale in cui Enrico Berlinguer viene eletto segretario. In preparazione di quel congresso si tiene quello provinciale. Inizia così un nuovo e entusiasmante percorso della mia vita politica.

Ma questa è un altra storia.

Più di tutto, può descrivere quegli anni in provincia di Frosinone la relazione che tenni al Congresso Provinciale.

Intervento
X Congresso provinciale del PC1 di Frosinone 21 – 22 – 23 gennaio 1972
(Questo intervento avviene quando ancora non ero funzionario del partito, risiedevo a Cassino ed ero delegato della sezione PCI di Cassino per cui sono evidenti i riferimenti alla situazione del cassinate)

Compagni,
sono d’accordo con la relazione del compagno Mazzoli, che ha puntualizzato con estrema chiarezza gli elementi necessari alla nostra linea politica. Ritengo che debba essere sottolineato il momento critico in cui si svolge il nostro congresso, caratterizzato da un violento attacco da parte del padronato alla classe operaia in un clima di incertezza e di confusione. Occorre da parte nostra uno sforzo organizzativo e politico perché sia possibile portare avanti una risposta della classe operaia. La situazione economica della provincia presenta elementi di crisi che colpiscono duramente i lavoratori, soggetti alla disoccupazione e all’immigrazione. Una mancata programmazione dello sviluppo economico è causa prima del perdurare di una situazione stagnante. Lo sblocco di questa crisi a mio avviso è possibile solo nel superamento di una visione provinciale da parte di tutto il partito. Non possiamo condurre la nostra battaglia politica senza una prospettiva di ampio respiro, collegandoci a lotte di riforma ragionale. Piena occupazione e sviluppo economico si attuano nell’ambito di una politica regionale di cui la nostra provincia deve portare avanti la sua battaglia attraverso considerazioni e scelte adeguate che si presentano necessarie per un forte sviluppo di essa. Non limitiamo la lotta a soluzioni campanilistiche che hanno un effetto anche sull’organizzazione del partito e nella qualificazione dei quadri dirigenti. Non per questo, nego l’interesse per le cose spicciole. quotidiane dell’attività del militante comunista. Anzi sono parti essenziali della politica comunista, ma non bisogna perdere la prospettiva della elaborazione e attuazione di una linea politica regionalistica. Questa linea non è priva di contenuti, che devono precisare gli obiettivi della lotta, che investe tutte le masse lavoratrici. Si presenta la necessità di un superamento dì visioni settarie, che non contribuiscono a un avanzamento del partito. Esse sono di impedimento a un necessario coordinamento delle lotte delle masse lavoratrici e alla costruzione di alleanze più vaste. Deve essere presente e chiaro a tutti í congressisti che nodo centrale di tutta la nostra politica è, come ha detto il compagno Tortorella al CC, il problema dell’unità, delle alleanze politiche. Questa problematica deve realizzarsi e svilupparsi anche nella nostra provincia anzi deve essere il fattore comune delle nostre iniziative politiche. Rifiuto una visione angusta e burocratica delle prospettive delle alleanze sociali politiche. Poiché esse si attuano e si verificano nella battaglia per il miglioramento e la trasformazione delle condizioni della classe operaia. E proprio dalla ricerca di questa contatto, di queste alleanze da parte di tutto il partito, che viene una risposta chiara a coloro i quali negano un rapporto dialettico con i lavoratori, che non vedono nel partito l’esigenza costante di portare le masse lavoratrici al controllo democratico del paese. Personalmente rifiuto decisamente la critica e la valutazione negativa della capacità del partito di rifiutare qualsiasi contributo che venga da operai, contadini, impiegati, poiché il partito comunista è un partito di classe, la base è la classe e come partito classista esso si è venuto strutturando e organizzando. Questo organismo ha retto ai più duri scontri nel paese a iniziare dalla lotta al fascismo. E non a caso allora fu ricercata una alleanza politica e sociale per abbattere la dittatura fascista, poiché essa rappresentava l’unica via possibile per giungere a quegli obiettivo. Cosi oggi si ricerca questa unità per una realizzazione delle riforme più urgenti per il paese e per una svolta democratica del regime governativo. Non a caso nella realizzazione c’è un richiamo preciso a tutte le sezioni perché si prodighino per una conoscenza reale degli altri partiti, quale elemento insostituibile per la modificazione degli attuali assetti politici e sociali. La nostra incisività della realtà provinciale è proporzionata alla capacità che abbiamo di chiamare alla lotta le masse lavoratrici e lo spostamento dell’asse politico è possibile solo in un rafforzamento e in un nuovo metodo di lotta politica. Essa deve essere continua, costante, precisa, il che significa una più ampia organizzazione del partito. Significa allargare la presenza del PCI nelle fabbriche, nelle campagne, tra i ceti medi. La realizzazione di questo tessuto organizzativo del partito si attua attraverso una elaborazione e un piano di lotta che ciascuna sezione deve portare avanti nell’ambito di un programma politico provinciale e regionale. Questo è un discorso che deve essere presente anche nella realtà che si sta creando nel sud della provincia. Il processo di industrializzazione ha portato un serie di problemi e uno squilibrio socio-economico in cui dobbiamo intervenire per modificare l’assetto che a esso viene dato. Nella relazione sono presentate le linee di una nostra piattaforma economica. Ma esse devono essere portate avanti ed elaborate nei particolari. È necessario per la nostra zona e non solo del cassinate, una rivalutazione dell’agricoltura, che rappresenta l’elemento prioritario della nostra economia. Sforzo del partito deve essere di collegare tutto il processo di viluppo e di trasformazione dell’agricoltura del cassinate alle lotte per l’abolizione della mezzadria e la colonia e di creare strutture come le cooperative di cui non ne esiste alcuna nel cassinate, capaci di fermare l’esodo dalle campagne o di trasformare le aziende agricole non come elemento aggiuntivo al reddito del contadino-operaio. Infatti si è accentuato lo squilibrio tra i redditi agricoli e quelli delle attività industriali e terziarie, aggravando la condizione di inferiorità dei redditi di lavoro agricolo tale da mettere in crisi l’azienda agricola. L’insediamento della FIAT crea nuovi problemi, soprattutto, come è stato detto, quello del collocamento. Un collocamento democratico funzionale deve essere il preciso obiettivo della nostra lotta. Tutto il partito deve impegnarsi per una immediata soluzione di esso che ci permetterà di sventare qualsiasi tentativo di ricatto e di pressione su la classe operaia. Il partito deve porre particolare attenzione alle trasformazioni socio-economiche del cassinate, se non si vuole rimanere tagliati fuori da questo processo di evoluzione. Intervenire per decidere, per proporre alternative a scelte operate senza la partecipazione delle masse lavoratrici interessate. Verso di esse la nostra opera deve essere paziente, cauta e precisa. In questo momento la sezione deve essere il centro propulsore di un movimento della classe lavoratrice per condurre una lotta in cui siano assicurate le garanzie di una occupazione sicura, di una economia che salvaguardi i processi naturali di produzione e che blocchi l’esodo emigratorio. In questo momento è necessario una unità e nuovi rapporti di partito, poiché solo attraverso l’azione è possibile superare sfiducia e malcontento. Non dobbiamo avere una visione carismatica del partito i cui responsabili sono portatori di verità e di soluzioni, esso è costruzione collettiva di una diversa realtà, è azione unitaria di tutte le forze sociali, di cui noi siamo elementi che aspirano a ribaltare un rapporto di classe in prospettiva di una società internazionalista e socialista.