Montecassino, Tasciotti all’Osservatore: “Poche le luci dal Vaticano”

La trattativa di Kesserling e i documenti raccolti dal giornalista-scrittore presso i National Archives di Londra. Che confermano le sue tesi sull'inerzia per scongiurare il bombardamento

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Le luci del Vaticano sono e restano esitanti, come esitante fu la Roma di Pio XII nell’impedire fattualmente che il 15 febbraio del 1944 i “bomber” alleati radessero al suolo l’abazia di Montecassino. Nando Tasciotti, giornalista e firma storica de Il Messaggero, il suo nodo al fazzoletto se lo era fatto quando aveva letto su L’Osservatore Romano una tesi avversa ma non troppo a quelle espresse in un un suo libro. Che no, il Vaticano aveva fatto tutto il possibile per scongiurare lo scempio. Due articoli di Matteo Luigi Napolitano, storico rigoroso, avevano impalcato una lettura critica dei documenti desecretati sui quei mesi bui.

E da essa avevano dedotto che non vi fu nulla di controverso nell’escalation di atti e fatti che portarono i Mitchell, i Marauder e le Flying Fortress a vomitare un’apocalisse di bombe sul monastero. A pochi giorni dalla ricorrenza del Santo fondatore e nel pieno delle celebrazioni dell’80mo su quelle atrocità il dibattito è ancora acceso.

La lettera all’Huffington Post

Foto: Sgt. McConville / Collections of the War Imperial Museum

Tasciotti ha scritto una lettera-analisi all’Huffington Post, una silloge rigorosa in cui le presunte “miopie” del suo libro sono confutate. Hanno il tono di diottrie sanissime, quelle analisi contenute in “Montecassino 1944, un’abbazia torturata”. Un libro “emerso grazie alla recente apertura degli Archivi vaticani anche per gli anni del pontificato di Pio XII (1939 1958)”. Tasciotti cita “uno degli eventi più clamorosi e ancora controversi della Seconda guerra mondiale. Nel quale – con diverso grado di responsabilità – furono coinvolti direttamente Adolf Hitler, Winston Churchill, Franklin D. Roosevelt e Pio XII. Non decisori intermedi, incapaci di intaccare la superficie della Storia quindi, ma leader al comando di sistemi complessi massimi.

Il dato è uno: quanto emerso dagli archivi non ha gettato affatto luce sull’impeccabilità della condotta vaticana nel fare di tutto per fermare il bombardamento. E nulla è stato aggiunto/sovvertito “sui silenzi e ritardi di una intermediazione diplomatica certo difficile. Da piccolo Stato neutrale in una guerra totale tra titani, tra dittature e democrazie. Con un ruolo nello stesso tempo pastorale e politico. Insomma, se da un lato le difficoltà di far pesare uno slot decisorio di argine alla barbarie c’erano – ed erano parzialmente attribuibili ad omissioni precise – dall’altro si è agito tardi anche solo per provarci.

La domanda delle domande: perché?

Enzo Salera (Foto: Michele Di Lonardo)

Tasciotti pone la domanda delle domande, quella che da decenni si pongono migliaia di cassinati. Quella che – nel mood pacificato dell’oggi – si è indirettamente ma energicamente “posto” pochi giorni fa ed a braccio il sindaco Enzo Salera. E non tra sé e sé, ma di fronte alla sua gente ed al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella giunto in città. Messa direttamente: “La Santa Sede avrebbe potuto fare di più per salvare Montecassino?” Ci sono due prove documentali che fanno fede e testo per lo scrittore-giornalista. Quelle ed un arco temporale preciso in cui la tragedia andò a maturazione.

“Quando cioè i tedeschi – dopo aver annunciato, il 12 dicembre ’43, l’istituzione di un’area neutrale di 300 metri intorno all’abbazia – su ordine di Hitler del 23 dicembre ne comunicarono l’abolizione. Questo accadde il 5 gennaio ’44 e venne comunicato all’abate Gregorio Diamare. “La Segreteria di Stato vaticana ne fu informata il 12 gennaio”.

Le due prove documentali

Foto: US Air Force 232-6 / Collection if the National WWII Museum

Ma cosa contengono quei documenti? Il primo è “un appunto ‘interno’ della Segreteria di Stato vaticana guidata allora dal cardinale Luigi Maglione”. Si tratta del famoso e controverso memoriale Lombardi. A giugno ‘44 monsignor quel “minutante diplomatico e stretto collaboratore di monsignor Domenico Tardini, uno dei due vicesegretari di Stato”, lo mise per iscritto. Tasciotti spiega che “Lombardi, divenuto poi Nunzio Apostolico nel 1950 in Venezuela e nel 1954 in Brasile, sviluppò in quattro pagine manoscritte una sorprendente riflessione autocritica.

Già, un esponente di rango della gerarchia vaticana coinvolta in quel frammento cupo della Storia, fece quasi ammenda. “Si ha l’impressione che dopo la prima decade di gennaio, e cioè nel periodo più critico, la Segreteria di Stato si sia disinteressata della questione. E ancora: “Il 12 Gennaio [1944] fu comunicato alla Segreteria dal P.[adre] Leccisotti [monaco di Montecassino] che le Autorità tedesche avevano abolito la zona neutra o di protezione. Era questa una cosa gravissima, che doveva far presagire la catastrofe. Ma non si fece e non si disse nulla al riguardo […]”.

La chiosa-deduzione suona come un’auto-accusa: “Chi studia ora serenamente la questione si inclina a credere che il Monastero si sarebbe forse potuto salvare”. Attenzione a quegli “ora” e “serenamente”, sono la chiave temporale di tutto.

Colpe dirette e responsabilità evidenti

Dom Gregorio Diamare

Questo “se il principio della zona neutra fosse stato accettato e rispettato da entrambi i belligeranti. Con un’azione energica la S. Sede avrebbe forse potuto ottenere ciò […]”. Accuse gravi dunque, e che Tasciotti fa rimarcare come riconosciute grevi anche dall’Osservatore Romano. Che però aveva eccepito la lettura indicandola come solo partitivamente pubblicizzata. “Se però si citano i restanti documenti del dossier, la prospettiva cambia nettamente”. I “restanti documenti” sarebbero indicati in un “secondo lungo appunto scritto nel luglio 1944 da monsignor Lombardi”. Cioè quando Tardini lo invitò duramente a “studiare meglio la documentazione su Montecassino”.

“E si sottolinea che ‘in questo memorandum Lombardi non trova alcun motivo di accusa contro Pio XII o la Segreteria di Stato’. Che ‘non nulla fu fatto’ ma ‘ben più di qualcosa fu fatto’. E che ‘sparivano peraltro le accuse di ritardi e di ‘silenzi’ vaticani, riconoscendo l’impegno della Santa Sede per la salvaguardia di Montecassino’”.

Foto: Capt. Tanner / Collections of the War Imperial Museum

Non nulla ma ben più di qualcosa. Manca un salvifico “tutto il possibile”, è evidente, e lo scritto di Tasciotti all’Huffington lo fa notare. “Quell’intera pagina dell’Osservatore Romano non ha aggiunto, purtroppo, nulla di nuovo. I contenuti di quel secondo lungo rapporto Lombardi sono infatti già ampiamente citati, 14 volte, nel mio libro. Indicati come ‘Rapporto Segreteria di Stato vaticana’. E sono lì da ben dieci anni, cioè sin dalla prima edizione del 2014, edita da Castelvecchi”.

Le ricerche d’archivio sugli “ultimi giorni”

I National Archives di Londra non hanno segreti per Tasciotti, che spiega come quelle 18 pagine fossero già in suo possesso. “Quel rapporto, titolato ‘The Abbey of Monte Cassino. Last days’, è datato ‘July 1944’, ed era stato consegnato dallo stesso Tardini a fine del ’45 all’Incaricato d’Affari degli Stati Uniti Harold Tittmann. E poi all’ambasciatore britannico Francis d’Arcy Osborne. Quello che per il cassinate originario di San Giovanni Incarico mancò all’epoca fu uno slancio politico-diplomatico decisivo. Un protocollo attivo che contenesse il giusto nerbo per fermare uno scenario incentivato sia dai tedeschi che dagli alleati.

E dalle ricerche è “certamente emersa una grande attività telegrafica di intermediazione diplomatica, di iniziative dirette, sollecitazioni, appelli della Santa Sede per proteggere Montecassino”. Come il 23 ottobre 1943. “E si tentò anche di inviare, l’11 febbraio ’44 e la stessa mattina del 15 febbraio, una commissione neutrale a Montecassino. Ma, incredibilmente, sulla vicenda specifica, decisiva, dell’abolizione dell’area neutrale da parte dei tedeschi non è emerso, finora, nulla”. Cioè? “Non un commento, una richiesta di spiegazioni, una nota di condanna, di protesta o di semplice ‘cocente rammarico’”.

Il secondo “documento Lombardi”

“Non se ne trovano tracce neanche in quel ‘secondo documento Lombardi’, indicato – con un ritardo di dieci anni – dall’Osservatore Romano”. Sarebbero stati solo due gli interventi diretti per segnalare sintomi di una escalation pericolosa per Montecassino. “All’8 gennaio ’44 (l’ambasciata tedesca fu sollecitata ad evitare lavori militari nelle immediate vicinanze o addirittura l’utilizzo dello stesso monastero come deposito di bombe). E all’8 febbraio (fu richiamata, oralmente, l’attenzione delle ambasciate sulla situazione che stava diventando ‘sempre più seria’)”.

La pattuglia del I Squadrone del XII Reggimento Lancieri Podolski

“Tutto qui. E nulla sull’abolizione dell’area neutrale”. Compare solo un ban all’originario “non si fece e non si disse nulla al riguardo”. E Tasciotti insinua, ma con Cartesio e Tucidide a fargli da sparring: “Effetto della ‘strigliata’ di Tardini? Ma significativamente lì è scomparsa addirittura anche la notizia di aver saputo il 12 gennaio che l’area neutrale era stata abolita”.

La lettera al futuro Papa paolo VI

C’è poi un altro documento. Che conferma che “quel che l’abate Diamare definì ‘voltafaccia’ dei tedeschi si era poi rivelato decisivo. E nella creazione delle condizioni militari che portarono alla distruzione di Montecassino”. Si tratta di “un appunto-parere che proprio lo stesso monsignor Domenico Tardini scrisse per l’altro vicesegretario, monsignor Giovanni Battista Montini. Cioè al futuro Papa Paolo VI.

Papa Palo VI (Foto © Lothar Wolleh)

Era relativo ad una “lettera-supplica che, in vista del processo di Norimberga, il Feldmaresciallo tedesco Albert Kesselring (poi condannato per crimini di guerra) aveva inviato al Papa Pio XII”. Che tipo di “supplica”? Kesserling chiedeva “appoggio per quanto sosteneva di aver fatto, durante il conflitto, a favore di popolazioni e città, Roma in particolare!. E lì compare l’inciso proprio sull’abazia.

La supplica di Kesserling

“Scrisse Tardini: ‘Al generale K. [Kesselring] io domanderei. 1) Perché il Comando tedesco prima dispose [sottolineato, nell’originale] di mantenere truppe e armi alla distanza di 300 metri dai confini del monastero di Montecassino. E poi… si rimangiò i 300 metri. Avvicinando troppo armi e soldati, offrendo pretesto al bombardamento di quell’insigne monastero.

Mussolini e Hitler visitano la Biennale di Venezia

“Il generale doveva conoscere (gli era stato comunicato dalla S.d.S. [Segreteria di Stato] che gli Alleati esigevano che non ci fossero truppe e armi nelle vicinanze di MCassino […]”. Il neozelandese Freybeg avrebbe poi usato questa noncurante alterigia tattica come tragico movente per agire su una cosa già decisa da giorni nelle tende-comando della V Armata.

7 dicembre 1946, un po’ tardi

Con questo atto del 7 dicembre 1946 si chiude un timing ex post che spiega chiaramente come al momento, cioè quando il bombardamento poteva essere evitato, non si fece nulla. Tasciotti la chiosa meglio: “E non risulta finora che quella importante domanda la Segreteria di Stato l’abbia rivolta ai tedeschi quasi tre anni prima”. Rileggiamo: “Quasi tre anni prima”.

“Cioè nel momento topico, quando – agli inizi di gennaio ’44, un mese prima dello sciagurato bombardamento anglo-americano – sarebbe stato necessario, e forse ancora temporalmente possibile, tentare di salvare l’Abbazia.