L’ultimatim di Zingaretti a Renzi: «Basta con le liti per cercare visibilità»

Foto © Imagoeconomica, Stefano Carofei

In un’intervista a La Repubblica il segretario dice che il Pd non vuole elezioni anticipate. Ma non lo esclude. In realtà ci pensa perché si è stancato delle incursioni di Matteo Renzi, soprattutto nel Lazio. Dopo l’Umbria può succedere di tutto, ma i Democrat si stanno già preparando.

Le priorità di Nicola Zingaretti sono cambiate. In un’intervista al quotidiano La Repubblica il segretario nazionale del Pd ha detto chiaramente di non volere il voto anticipato. Aggiungendo però che le liti devono cessare. Quindi ha spiegato che il Pd resterà al governo soltanto se si potranno fare cose utili. Altrimenti che senso avrebbe?

Nicola Zingaretti © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Dopo essere stato il più scettico sull’accordo con i Cinque Stelle, Zingaretti in questi due mesi è diventato il paladino dell’esperimento giallorosso, ma ora, con la nascita e con l’offensiva di Matteo Renzi nei confronti del Pd, Zingaretti ha cambiato idea.

È Stefano cappellini a mettere il dito nella pianga, domandando al Segretario “quanto può durare un governo con una maggioranza così litigiosa?”. Nicola Zingaretti è chiaro nel suo stile essenziale: «Io di certo non voglio votare. Però pretendo che si governi bene e lealmente. Da segretario del Pd uso questo verbo non a caso. Si producano dei fatti, la si smetta con la ricerca ossessiva di polemiche e visibilità, perché questa è una degenerazione della politica che gli italiani non tollerano più e in tal modo resterebbe solo il governo delle poltrone, dei ministeri e delle nomine. Noi al governo restiamo solo finché produce risultati utili al Paese».

Nicola Zingaretti

Il Segretario fornisce un senso alla nascita del governo giallorosso. Sta tutto nei risultati raggiunti e messi in campo. Come «i 23 miliardi recuperati per evitare l’aumento dell’Iva: abbiamo fermato la valanga sul villaggio. (…)». I risultati? «Taglio delle tasse sul lavoro, 11 miliardi di investimenti green, finanziamenti per Industria 4.0, asili nido gratuiti, bonus per le facciate dei palazzi e l’introduzione del piano casa. Sono colpito dal fatto che non tutti rivendichino questi risultati».

Solo pochi giorni fa “Salvini ha radunato una grande manifestazione della destra“. «Nei comizi di quella piazza non ho ascoltato una sola proposta utile al Paese, encefalogramma piatto. A San Giovanni c’è stata un’altra operazione politica: la fondazione di una nuova destra, che tende a un monopartito diretto da Salvini ed esclude i moderati dalla rappresentanza di quel blocco sociale. Operazione che io giudico molto seria e pericolosa. E non c’è dubbio alcuno che l’unico argine è il rilancio della funzione del Pd».

Foto © Imagoeconomica, Sara Minelli

C’è poi la posizione di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. Attaccano in continuazione il Partito Democratico. «C’è un motivo – spiega il Governatore – se il Pd è diventato il bersaglio di tanti: resiste nei sondaggi e mantiene una sua centralità. Più è forte il Pd, più è debole Salvini». Sull’accusa di MEB secondo la quale il Pd è il partito delle tasse, Nicola Zingaretti ha risposto a Repubblica che si è trattato di «Un’uscita talmente infelice che se ne sono resi conto persino dentro Italia viva. È surreale l’ossessione di denigrare il Partito di cui si faceva parte fino a due settimane fa. L’avversario, lo ricordo, è la destra».

Qualche ora fa l’AdnKronos ha dato conto della nuova situazione che si è determinata. È Matteo Renzi a spingere. Spiega un lancio di agenzia: “Zingaretti potrebbe staccare lui la spina prima. L’ex premier, apprende l’Adnkronos, oltre a ribadire l’appello lanciato dalla Leopolda agli scontenti di Forza Italia,  avrebbe parlato anche dello stato di salute del Pd e della “tentazione” di Nicola Zingaretti, non certo di Italia Viva, a staccare la spina al Conte bis per andare al voto anticipato, ottenendo così due risultati. Il primo: rafforzare la leadership personale nel partito e, in secondo luogo, frenare la corsa dei renziani di Italia Viva“.

La situazione sta esattamente in questi termini. Nicola Zingaretti si è stancato, non è disposto a lasciar logorare il Pd. Ha capito che la manovra è la stessa messa in campo un paio di anni fa: attaccare tutti insieme il Partito Democratico per delegittimarlo: un insulto ripetuto da tutti diventa una mezza verità, apre un dubbio, spiegano le teorie sulle masse. E questa volta, ad attaccare non ci sono solo Lega, Fratelli d’Italia e parte del M5S ma c’è anche il nuovo Partito di Renzi.

In questo modo il Pd rischia di piombare stabilmente sotto il 20%. Meglio le elezioni anticipate allora, anche per ridimensionare Matteo Renzi, evidentemente non pronto ad uno scenario da campagna elettorale.

Nicola Zingaretti Dario Franceschini © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Il presidente della Regione Lazio non intende sopportare oltre determinate situazioni. Come quella della formazione di un gruppo renziano alla Regione per metterlo sotto scacco. Quella che doveva essere una scissione soft si sta invece rilevando una specie di conflitto mediorientale, da tutti contro tutti.

Un Pd sotto il 20% è destinato ad un ruolo marginale ed a quel punto Dario Franceschini e altri potrebbero guardarsi intorno. Non c’è più tempo, specialmente se in Umbria arriverà una sconfitta. Resistere al Governo sarebbe controproducente. Meglio le elezioni anticipate. Nicola Zingaretti rassicura che il Pd non le vuole. Ma non esclude.