Non ci sono più alibi

Foto © Anthony Catalano

In troppi aspettano che lo Stato faccia tutto in questa crisi. Gli porti le mascherine a casa, gli mandi i soldi, predisponga addirittura i bonus vacanze per rilanciare il turismo. Così non si va da nessuna parte. L'unica via di salvezza è ritrovare lo spirito di quegli uomini in canottiera che ricostruirono il Paese dalle macerie

Non ci sono più alibi. Nemmeno quelli ai quali si aggrappano ancora troppi illusi: come i naufraghi di un Titanic di carta colato a picco in poche settimane. Tra pochi giorni finiscono le 9 settimane di cassa integrazione con le quali coprire il blocco totale delle attività: pochi hanno ricevuto i soldi, pochissimi hanno avuti i diecimila euro liquidi con i quali affrontare la situazione, quasi nessuno ha visto i venticinquemila. La realtà è che i soldi non ci sono, non ci sono mai stati, né potevano esserci.

Non li ha uno Stato che produce 100 di ricchezza ogni anno ma spende quasi 140. Ed i quaranta di differenza li fa a debito. Cioè appiccica una locandina nelle banche e negli uffici postali chiedendo ai risparmiatori se gli danno i loro soldi, impegnandosi a pagare un interesse. Facendo così altro debito. E siccome quaranta, tradotto in soldoni, sono tanti miliardi che non bastano i risparmi degli italiani, il resto va a chiederlo in Europa. Dove i soldi ce li danno pure: ma vogliono interessi alti. Facendoci fare ancora più debito.

Silvana Mangano in Riso Amaro, film simbolo dell’Italia basata sul lavoro e sul risparmio. Photo: publicity still for Riso Amaro/Bitter Rice (Giuseppe De Santis, 1949)

Il fatto è che nessuno vuole darci più i soldi. Perché quel debito non siamo quasi più in grado di pagarlo: siamo una scommessa, un azzardo per investitori. L’unico modo che abbiamo per uscirne è rimboccarci le maniche e produrre più di quel ‘100’ che facciamo oggi.

Non ci sono più alibi. Se vogliamo tenere in piedi questa provincia con i suoi posti di lavoro, questa Regione con le sue assurde differenze, questo Paese che solo cent’anni fa smetteva di essere un’espressione sulla carta geografica e si avviava a diventare Nazione sul sangue del carnaio delle trincee, allora non abbiamo altra strada: rimboccarci le maniche.

Ora gli alibi e le scuse sono finiti. Ora si vedrà quanti di noi sono figli e nipoti di quelli con la canottiera e le spalle bruciate dal sole preso sui cantieri sui quali ricostruirono il Paese dalla macerie. Quanto sono gli eredi di quelli che un giorno misero i loro sogni dentro una valigia di cartone e salirono su un treno per andare a fare gli operai dall’altra parte dell’Italia. E qualcuno fino in Australia.

Emigranti italiani alla stazione. Foto: Museo della Memoria

Ora che gli alibi sono finiti vedremo quanti invece continueranno ad aspettare che sia lo Stato a pensare a tutto. Senza assumersi una responsabilità, senza avere il coraggio di correre un rischio. Lamentandosi se non gli porta le mascherine a casa, non gli trova i soldi per campare, sognando che predisponga addirittura i bonus vacanze per rilanciare il turismo.

In troppi pretendono di stare comodamente a casa e di avere solo lo scomodo di controllare se sono arrivati sul conto i soldi del Reddito di Cittadinanza. Un cancro alle ossa di questo Paese. Che – per onestà va detto – non è stato introdotto dal Movimento 5 Stelle: è democristiano l’uso delle pensioni a pioggia come anestetico della povertà nelle aree del Paese svuotate dalla manodopera che serviva al Nord. Un alibi usato a lungo per non industrializzare il Sud e non creare lì nuovi posti di lavoro. Almeno però all’epoca i soldi li regalavano sotto forma di pensione.

Oggi non c’è più spazio. Perché non ci sono più i soldi. Nessuno in Europa è disposto più a darcene altri. O meglio: non vedono l’ora di darceli. Ma per riservarci lo stesso trattamento fatto alla Grecia. Che sta vendendo gli ultimi porti e gli ultimi aeroporti rimasti, gli asset che producevano soldi. Noi in questi anni ci siamo venduti quasi tutta l’oreficeria. Ma ai fondi internazionali va bene pure l’argento. Ed in Italia un po’ ne è rimasto.

Il presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde ed il suo predecessore Mario Draghi (Imagoeconomica)

Non sono stati uomini così che hanno costruito l’economia di questa provincia. Sono stati uomini in canottiera che poco alla volta hanno avuto il coraggio di scommettere su se stessi e la loro voglia di fare. Comprandosi un camioncino per trasportare i materiali edili e fermandosi solo dopo avere messo sù un’impresa di costruzioni di livello nazionale. O firmando decine di cambiali e facendo qualche sorriso nel posto giusto al Nord ottenendo commesse che gli hanno permesso di crescere fino a ritrovarsi una flotta di camion tra le più grandi nel Paese. Realizzando con coscienza e precisione una condotta e arrivando ad edificare dighe nel mondo. Scommettendo su pochi barili e rilanciando fino ad avere oggi la petroliera che li trasporta attraverso l’oceano.

Mancano i nomi, le storie sono vere. Nessuno ha regalato nulla a questi uomini che hanno costruito l’economia del territorio. Storie simili ad ogni latitudine del Paese.

Ora non ci sono più alibi. Per i politici e per gli amministrati. Se i primi sono all’altezza di quelli che rifecero l’Italia ora hanno una sola missione: creare le condizioni affinché qui ci sia la possibilità di lavorare e produrre più di quel ‘cento’ che realizziamo oggi. Per gli amministrati non c’è altra strada: scendere dal divano, rimboccarsi le maniche e costruire un futuro. Non ci sono più alibi.