Non può più essere una questione di genere!

Cosa c'è nel lavoro che ha consentito a tre liceali del Turriziani di Frosinone la conquista delle Olimpiadi della Statistica. Uno spaccato della condizione femminile in provincia. le donne viste ancora come angelo del focolare. E la parità nel Lazio è solo sulla carta

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

la traccia del concorso chiedeva di cogliere correttamente il significato di molte informazioni che ricevete nell’esperienza di ogni giorno. Di analizzare i dati, calcolare la probabilità e arrivare a una conclusione. Loro hanno scelto di andare oltre il compitino. Hanno dimostrato di non essere un semplice numero: una quota rosa. Hanno detto a tutti quanto valgono. E che devono contare di più: perché, del resto, lo dicono anche i numeri. Maddalena Mizzoni, Anna Casini e Sofia D’Arpino, tre ragazze tra i 15 e i 16 anni, hanno vinto le Olimpiadi Italiane di Statistica. Sono quelle organizzate, per l’undicesimo anno consecutivo, dall’Istituto Nazionale di Statistica e dalla Società Italiana di Statistica: dall’ISTAT e dalla SIS, il re dei censimenti e la regina degli indici.

A laurearsi campionesse olimpioniche, nel girone del biennio delle scuole superiori di tutta Italia, sono state tre studentesse della II C del Liceo Classico “Norberto Turriziani” di Frosinone. Guidate dalla referente del progetto: la professoressa Daniela Fratarcangeli. Cos’hanno dimostrato? Lo urla a gran voce il titolo del loro elaborato: “Non può più essere una questione di genere!”. Perché le donne, anche e soprattutto in Ciociaria, non devono essere più “gli angeli del focolare” se non lo vogliono. Ma non per grazia o quota ricevuta: perché se lo meritano. 

Più istruite, più preparate

A Frosinone le donne sono viste come l’angelo del focolare

Maddalena, Anna e Sofia sono partite da un dato di fatto: «A Frosinone, ma in generale in Italia, il grado d’istruzione non è ancora adeguato». E hanno fatto parlare i numeri Istat: quelli del 2019. Nel Capoluogo ciociaro, infatti, «solo il 12.73% dei residenti è laureato o dottore di ricerca – fanno presente – a fronte della media nazionale di 14.27%».

Quindi, se in Italia uno su sette è andato oltre la scuola dell’obbligo, a Frosinone lo ha fatto uno su otto. Fermi tutti però: sono donne 57 su 100 frusinati che hanno conseguito almeno una laurea se non un dottorato di ricerca. «Oltre la media regionale e nazionale! – accentuano le giovani statistiche del Liceo Turriziani, con la mano roteante all’orecchio -. Forse qualcosa inizia a cambiare». In Italia, in ogni caso, sono 56 su 100 e nel Lazio 55 su 100: come la metti la metti, gli uomini stanno sempre sotto. 

Le tre liceali, però, hanno lanciato uno sguardo anche alle cittadine limitrofe. Se a Frosinone laureati e ricercatori sono il 17.35%, ovvero tre punti percentuali in più rispetto al Belpaese – soprattutto grazie alle donne – sia a Ceccano che ad Alatri rappresentano l’11.69% della rispettiva comunità, mentre a Boville Ernica il 9.11%. Quindi nel Capoluogo uno su sei, nelle medio-grandi Città dei Ciclopi e dei Conti uno su otto e nella più ristretta Bauco uno su undici.

Conclusione: «Nei piccoli centri c’è ancora da fare!».

Il lavoro è di un solo genere

La condizione professionale. Le politiche lavorative non funzionano

Ma tutto questo studio, alla fine, serve per trovare lavoro? Nel capitolo “Obiettivo occupazione” Maddalena, Anna e Sofia sfatano anche questo luogo comune: «Nel Nord Italia una formazione adeguata favorisce nella ricerca del lavoro. Ora nel Lazio forse qualcosa comincia a cambiare. Dopo diversi anni con andamento decrescente, l’istruzione torna a essere un fattore fondamentale per la ricerca del lavoro». Pare sia finalmente scattata la controtendenza alla disillusione: a quel «tanto che studio a fare se il lavoro non c’è?!». 

Intanto, però, «in Italia i casalinghi e le casalinghe costituiscono il 10.8% della popolazione – premettono le liceali -. A Frosinone ben il 13.38%, di cui il 96.6% è donna!». D’altronde, sul dizionario “casalingo” esiste solo come aggettivo: «di casa, domestico, familiare». E la “casalinga”, sostantivo strettamente femminile, è una «donna che attende in casa propria alle faccende domestiche e non ha altra professione». Come se già di suo non fosse un vero e proprio lavoro: esiste ormai, con tutti i pro e contro, anche la pensione da casalinghe. Ma, in tanti casi, sono desperate housewives: vorrebbero lavorare.

Con la mentalità stiamo ancora al Medioevo: la pagnotta a casa hanno deciso che devono portarla i mariti. E loro devono limitarsi ad affettarla.

Non sono le stesse opportunità

Obiettivo occupazione

Come si conclude l’elaborato di Maddalena, Anna e Sofia? Con la politica ovviamente. Quella che dovrebbe garantire le pari opportunità a prescindere dal genere e non lo fa ancora. A partire dalla pari retribuzione e dalla piena attuazione dell’apposito Codice rimasto lettera morta. L’ultimo Ministro del Lavoro della serie, Andrea Orlando, si è concentrato ultimamente sull’articolo 27: il divieto di discriminazione nell’accesso al lavoro. Ai colloqui non si dovrebbero fare domande personali: nessun riferimento a un eventuale stato matrimoniale, di famiglia o gravidanza. E invece le fanno eccome. E se una donna è incinta, non la assumono o la rimpiazzano. E la parità di Salario? Solo nel Lazio sta diventando una Legge. (Leggi qui Donne, siete inferiori: ma nel Lazio tra poco non più

Orlando, però, ha detto che è sua attenzione «riattivare la rete delle consigliere di parità». Le donne che dicono agli uomini quello che andrebbe fatto e che questi ultimi puntualmente non fanno. Quante Ministre del Lavoro ci sono state nella storia della Repubblica Italiana? Tre in 75 anni. A partire dal primo Ministro donna di sempre, ossia la partigiana, insegnante e sindacalista Tina Anselmi: nel Governo Andreotti III. In precedenza tre volte sottosegretaria – perché è sempre stato così – nel 1977 fu cofirmataria della legge contro le discriminazioni di genere sul posto di lavoro. A babbo morto (per usare un noto adagio maschilista).

A seguire, dopo 35 anni, l’investitura della professoressa Elsa Fornero: che ha versato lacrime sulla “sua” tanto detestata riforma del mercato del lavoro attuata con il Governo Monti. E, arrivando ai giorni nostri, Nunzia Catalfo nel Conte II.

Il genere non è una quota

La preside del Liceo Classico ”Turriziani” Erminia Gnagni con le studentesse Anna Casini (sopra), Sofia D’Arpino (sotto), Maddalena Mizzoni (a destra)

«Probabilmente la parità di genere non significa un farisaico (ipocrita, ndr) rispetto delle quote rosa – pensano Maddalena Mizzoni, Anna Casini e Sofia D’Arpinoma vedere solo otto Ministre nel nuovo Governo, ci fa capire che il soffitto di cristallo è ancora una barriera difficile da sfondare. Studio e impegno sono gli strumenti a nostra disposizione per farcela!».

Lo dicono le campionesse olimpioniche di statistica: c’è da fidarsi. La dirigente scolastica Erminia Gnagni è «orgogliosa del traguardo conquistato» e si è congratulata con loro e con la docente Fratarcangeli. Ma non finisce qui: ora parteciperanno alla European Statistics Competion: la Champions League della Statistica. Potranno dire a tutta l’Europa che vivono in un Paese in cui continuano a essere sottovalutate e discriminate.

Ma loro, come tante altre adolescenti ciociare, non si rassegnano ad essere “angeli del focolare”. A loro, il fuoco, brucia dentro.   

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