In Regione dicono: «Il Comune deve sgomberare la mamma della Taverna»

Durante il dibattito per l'approvazione del Bilancio viene presentata un'interrogazione sulla casa occupata dalla mamma della senatrice M5S Taverna. Dalla risposta data in aula emerge: deve andare via, tocca al Comune guidato da Virginia Raggi sgomberarla.

Mauro Evangelisti

per “Il Messaggero

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La procedura di decadenza dell’assegnazione della casa popolare alla madre della vicepresidente del Senato Paola Taverna, è stata conclusa.

Ora tocca a Roma Capitale applicarla. Vale a dire liberare l’alloggio popolare sulla Prenestina.

In estrema sintesi, questo è emerso ieri mattina in Consiglio Regionale, dopo che Fratelli d’Italia ha presentato una interrogazione sulla vicenda (primo firmatario Giancarlo Righini, illustrata in aula da Chiara Colosimo).

 

La risposta, molto tecnica e senza giudizi, è stata esposta dall’assessore alle Politiche Abitative, Massimiliano Valeriani. Il gruppo del Movimento 5 Stelle non ha preso la parola in difesa della Taverna (l’aula tra l’ altro era presieduta da David Porrello, pentastellato).

Dicono da Fratelli d’Italia: «La Raggi ancora non firma l’ordinanza dio sgombero e sono tante le famiglie che aspettano da anni una casa popolare per la quale hanno i requisiti. Intanto il vicesindaco Bergamo incontra gli occupanti abusivi dell’edificio Inpdap all’ Esquilino. Ma la Regione cosa intende fare per garantire, in tempi consoni, l’ applicazione della legge anche nel caso della madre?».

 

Replica di Valeriani: «L’Ater ha fatto tutto quello che doveva fare: ha notificato la decadenza dei requisiti, si è attivata una procedura di controdeduzione, le controdeduzioni sono state respinte. La partita è tutta in mano al Comune di Roma, che deve rientrare in possesso di questo alloggio, che, come sanno tutti i consiglieri regionali, è di proprietà dell’ Ater, ma è gestito ed è assegnato dal Comune di Roma, come tutto il patrimonio di cui disponiamo».

 

LE TAPPE

Rivediamo la ricostruzione di Valeriani nella risposta all’ interrogazione di FdI.

La notifica alla madre ottantenne di Paola Taverna del procedimento di decadenza del diritto ad abitare nell’alloggio popolare risale al 14 dicembre del 2014.

Alla signora viene data la possibilità, come previsto dalla legge, di fornire le controdeduzioni. La ragione del provvedimento? Per legge, se abiti in un alloggio di edilizia popolare, non puoi essere proprietario di un altro immobile, di un valore superiore ai 100 mila euro. E non deve esserlo «nessun componente il nucleo famigliare».

«Dalla verifica del mantenimento dei requisiti – recita la nota tecnica letta da Valeriani – si evinceva che la figlia dell’assegnataria risultava intestataria di altri immobili di uso abitativo nel Comune di Roma e in un altro Comune. La figlia dell’ intestataria risulta componente del nucleo familiare, sebbene la sua residenza sia stata anagraficamente trasferita nell’immobile di sua proprietà acquistato nel 2011».

In sintesi – sempre stando alla ricostruzione dell’ Ater riferita da Valeriani – la Taverna nel 2011 compra un altro appartamento e lì prende la residenza, ma risulta ancora come componente del nucleo familiare della madre e questo causa la decadenza del diritto ad abitare nell’ alloggio popolare.

 

Come ha replicato la signora? Recita la nota: «In data 11 marzo 2015, fuori termine, vengono presentate le controdeduzioni che vertono sull’assunto che la figlia non vive più nell’alloggio dal 1998, da quando la stessa ha contratto matrimonio e che la residenza anagrafica presso uno stesso indirizzo non può essere sinonimo di coabitazione».

Sono state anche presentate le ricevute di utenze pagate nella nuova casa acquistata. Ma secondo Ater le controdeduzioni non possono essere accolte non solo perché tardive, ma perché «l’intestataria ha sempre dichiarato i redditi da lavoro dipendente e da fabbricati percepiti dalla figlia in qualità di componente del nucleo familiare».

 

Morale: ora la palla passa a Roma Capitale.

 

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