Pd, il giorno più drammatico: ecco con chi stanno i ‘ciociari’

È la giornata più tesa del Partito Democratico. Dal giorno della sua nascita. È il giorno, infatti, dove la divisione a tratti irreversibile diventa plastica, visibile, drammatica.

Alle 9.30 a Rimini si è aperta l’Assemblea Nazionale degli amministratori Pd. L’occasione voluta da Matteo Renzi per «riflettere, ripartire, trarre dalle città le buone azioni del governo locale, le energie per tornare a cambiare l’Italia».

La giornata è preceduta dall’idea di trasformare questa occasione nel lancio della campagna elettorale. Sui visi dei delegati la tensione della preparazione del voto.

Via via iniziano ad arrivare deputati consiglieri regionali e sindaci. Non moltissimi per la verità. Poi la sala inizia a riempirsi. Da Frosinone arriva l’assessore regionale Mauro Buschini. Poi è la volta del senatore Francesco Scalia. A seguire entrano il presidente provinciale del Pd Domenico Alfieri ed il deputato Nazzareno Pilozzi. Con in cappello preso in prestito in qualche circolo del golf, si fa notare anche il consigliere regionale Marino Fardelli. Qualcuno giura che ci sia anche il presidente del consorzio Asi Francesco De Angelis: ma anche se non ci fosse ha già detto da che parte sta. La convention con Orfini (leggi qui) è stata una chiara presa di posizione. Infatti c’è e sta in giro per il palafiera insieme al vice segretario provinciale Sara Battisti. Incontrano Scalia e si mettono a parlare in maniera fitta.

Ma mentre dal palco di Rimini sfilano sindaci che raccontano esperienze e buone pratiche, da Roma Massimo D’Alema bombarda renzi ed il gruppo dirigente. Sono ore drammatiche. La scissione per la prima volta è plastica, vera, visibile .

D’Alema attacca, «Gruppo dirigente allo sbando». Ripete «Siamo pronti ad ogni evenienza». È il Partito? Ci manca poco. Pochissimo.

Da Rimini risponde Bonaccini, presidente della regione Emilia. I delegati applaudono, ma lo sgomento c’è. Innegabile. Le orecchie agli interventi e gli occhi ai tablet leggendo le agenzie. Risponde il ministro Martina poi Orfini. Ma D’Alema insiste “congresso subito“.

È il primo vero giorno nero del PD dal dopo voto. È alle 18 parla Renzi. Prima di lui Nicola Zingaretti.

E’ un segnale chiaro, che il governatore del Lazio parli immediatamente prima del leader. Parla, Nicola Zingaretti. Cinque minuti di intervento. E sei applausi.

Manda in brodo di giuggiole il pubblico quando tocca le corde dei sentimenti di Sinistra: il senso e l’importanza di un Partito forte.  La voglia e la forza di battere la paura che affligge le persone. E spetta a chi governa dare risposte. Risposta che il Lazio si è rimboccato le maniche e le risposte le ha trovate. Sulla Sanità , sull’uscita dal commissariamento. Sulla difesa delle donne che da ieri in Russia possono essere picchiate dai mariti, che al massimo dovranno pagare una multa.

Ricorda i risultati Zingaretti. E usa 8 volte la parola “silenzio“. Il lavoro ed i risultati. In silenzio. Con umiltà e semplicità. Come un tempo….

Strappa un applauso al minuto.

Prosegue invocando un collettivo per fare buona politica. “Spero che da questa assemblea escano novità: serve un collettivo intorno alla buona politica, e’ sempre stato cosi’ ma oggi ancora di piu’ perché viviamo nel tempo dell’odio e della frammentazione, serve una dimensione collettiva dello stare insieme altrimenti saremo piu’ deboli. Bisogna richiamare tutti a ricostruire il collettivo“.

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